Il 18 gennaio 1919 nacque a Roma, artefice don Luigi Sturzo con altri amici cattolici, il Partito popolare italiano. Fu il punto di arrivo di un percorso politico travagliato, ma caratterizzato da fiducia nell’avvenire e speranza di ben riuscire nella grandiosa opera avviata.
Don Luigi Sturzo diffonde l’appello ‘’A tutti gli uomini liberi e forti’’. E’ l’atto istitutivo del Partito Popolare Italiano. Negli anni del non expedit pontificio, don Sturzo fonda , un’organizzazione politica indipendente dei cattolici italiani. Nel primo Congresso, svoltosi a Bologna, il sacerdote siciliano ribadisce il carattere laico e aconfessionale del partito e precisa la sua concezione dello Stato.
«Don Luigi Sturzo ha rappresentato un punto di riferimento per tutti i cristiani impegnati in politica. Il prete di Caltagirone, nato all’indomani del Vaticano I e morto prima che fosse annunciato il Vaticano II, è un personaggio scomodo. In occasione dell’inizio del processo di canonizzazione qualcuno si è chiesto come si potesse ardire di proporre agli onori degli altari un prete che si è occupato di politica, ritenuta cosa certamente ambigua. Ma il paradosso di don Sturzo è proprio quello di essere un sacerdote testimone della carità pastorale nella politica».
Il tentativo sturziano di realizzare, attraverso il Partito popolare italiano «partito laico o aconfessionale ispirato ai valori cristiani», un impegno sociale e politico, «rispettoso sia di una ben intesa integralità del cristianesimo che di una sana laicità della politica», riveste ancora una sua attualità. In occasione del centenario della nascita del partito da lui fondato, ‘Avvenire’ ha chiesto di illustrarne l’eredità all’arcivescovo di Monreale Michele Pennisi, attento studioso del pensiero e dell’opera di don Luigi Sturzo e il cui contributo, nel panorama degli studi sturziani, costituisce il primo approfondimento del substrato religioso a fondamento delle intuizioni politiche del sacerdote siciliano.
La novità, a differenza della Democrazia cristiana di Romolo Murri, stava nella piena autonomia dall’autorità ecclesiastica e nella rinuncia a fregiare il partito del titolo di cattolico, per porsi con gli altri partiti sul comune terreno della vita civile. Per Sturzo si trattava di un partito laico di chiara ispirazione cristiana, indipendente e autonomo dalla gerarchia ecclesiastica senza alcuna connotazione confessionale. Il Ppi nasce dal basso come un partito programmatico non cattolico ma aconfessionale, a forte contenuto democratico ispirato alle idealità cristiane, ma che non prende la religione come elemento di differenziazione politica.
L’aconfessionalità del partito dei cattolici democratici – che fu criticata soprattutto da padre Agostino Gemelli e da monsignor Olgiati e che suscitò riserve in vari esponenti della gerarchia ecclesiastica, i quali non gradivano il fatto che il Ppi si presentasse come partito di cattolici, ma allo stesso tempo rivendicasse la propria aconfessionalità – volle essere un tentativo non di trovare una zona intermedia tra la fede e la storia in cui si potesse mettere fra parentesi l’identità cristiana, ma di far lievitare dal basso alcuni valori fondamentalmente cristiani presenti nella realtà popolare, rivendicando una responsabilità diretta ai cattolici impegnati in politica e un’autonomia nei confronti della gerarchia ecclesiastica, di cui tuttavia non intendeva mettere in dubbio la missione di illuminare le coscienze alla luce del Vangelo.
Per Sturzo il perseguimento del bene pubblico non può essere separato dalle virtù individuali. C’è un rapporto fra la morale sociale e quella individuale. Per stigmatizzare i vizi dei politici fa riferimento all’immagine dantesca delle ‘tre male bestie’ della politica: lo statalismo, la partitocrazia, l’abuso del denaro pubblico e in varie occasioni ha denunciato la mafia, la corruzione, il preferire il tornaconto personale al bene comune. Il bene comune – del quale sono elementi integranti la cultura, la moralità e la religiosità oltre che l’economia – è nella concezione di Sturzo un bene che deve puntare a uno sviluppo integrale delle persone.
Il suo progetto politico non ebbe seguito per svariate ragioni, in primis perchè il Partito popolare, diviso al suo interno da varie correnti e osteggiato dalla destra cattolica, fu obbligato a confrontarsi con le altre formazioni che si rifacevano alle ideologie socialista, liberale e fascista, con le quali trovò difficoltà a collaborare. Fu inoltre ostacolato da alcuni esponenti della gerarchia ecclesiastica e infine soppresso da Mussolini nel 1926. Mussolini cercò in tutti i modi di far fuori la creatura di Sturzo ritenendola un ostacolo a un rapporto diretto col Vaticano, con il quale giudicava indispensabile raggiungere l’accordo per acquisire un consenso di massa.
Non si tratta di nostalgia o rammarico per il tempo passato. È la strada giusta per ritornare alla vera politica, fatta non solo di programmi, ma di partecipazione, di giustizia sociale, di etica. Movimenti qualunquisti stanno alimentando oltremodo l’antipolitica, provocando l’ingovernabilità in alcuni Paesi dove la politica è debole e frammentata, procurando preoccupazioni e timori. La riscoperta della lezione del padre fondatore del “popolarismo” recupera un riferimento essenziale per rafforzare la democrazia, come la storia insegna. Il 18 gennaio 2019, fra un anno esatto, si celebrerà il centenario del Partito popolare italiano, l’auspicio è di onorarlo con la nascita di una forza politica che condivida la cultura, gli ideali, l’organizzazione, che Sturzo pose a base del suo partito.
In questo momento particolare e delicato della scenografia politica e sociale italiana, richiamo all’attenzione tutti, lo faccio come giornalista , ma soprattutto come cristiano, richiamo tutti coloro che si rivedono in questo atto d’amore che Don luigi Sturzo creò 100 anni fa per rilanciare una fede cristiana , ma soprattutto la speranza di vedere una politica fatta di onestà intellettuale.
Buona Dc
di Antonio Gentile