Il 14 Gennaio 2019 , sarà il centenario della nascita di Giulio Andreotti, Roma, 14 gennaio 1919 – Roma, 6 maggio 2013) è stato un politico e scrittore italiano. È stato tra i principali esponenti della Democrazia Cristiana, partito protagonista della vita politica italiana per gran parte della seconda metà del XX secolo.
Il figlio dell’ex leader della Dc è intervenuto durante la trasmissione radiofonica “I Lunatici” su Rai Radio 2, facendo rivelazioni inedite sul padre Giulio Andreotti, politico simbolo della Prima Repubblica e della Democrazia Cristiana, è morto il 6 maggio del 2013, ma la sua figura continua a far discutere. E ieri Stefano Andreotti, figlio di Giulio, è intervenuto durante la trasmissione radiofonica “I Lunatici”, su Rai Radio 2, facendo rivelazioni inedite sul padre, partendo dal rapporto con un cognome così ingombrante.
Non posso dire che questo cognome mi abbia nuociuto. Fino a pochi anni fa c’era ancora chi pensava che il figlio di Andreotti potesse trovarti un posto di lavoro. Ho sempre vissuto in modo semplice, ho cercato di non approfittare mai di questo cognome, certamente avrò avuto qualche vantaggio ma anche qualche rottura di scatole.
E a chi gli chiede cosa gli venga in mente quando ripensa al padre, risponde deciso: la prima cosa che mi viene in mente è che è stato un profondo cristiano che credeva negli insegnamenti della Chiesa cattolica e ha cercato, magari non sempre ci è riuscito, di uniformare la sua vita privata e pubblica a questi insegnamenti. È stato un uomo politico che ha vissuto una vita per lo Stato e nello Stato. È stato un ottimo marito e un padre molto attento, non molto presente come tempi ma è riuscito a compensare questo con un grande rapporto di qualità. Viveva molte ore al giorno sveglio, dormiva quattro ore a notte, le ore in cui era sveglio lavorava quasi sempre, compresi i sabati e spesso la domenica. È stato sempre però molto attento a tutto ciò che accadeva in famiglia.
Stefano Andreotti ha svelato anche alcuni aneddoti particolari:
Amava lo sport, ma solo da seduto. Amava guardarlo, non farlo. Era pigrissimo. Faceva un’eccezione per me, nel corridoio di casa abbiamo fatto qualche partita di calcio quando ero piccolo. Ricordo le partite a carte che facevamo d’estate, o quando andavamo a vedere le partite insieme. Io sono irrimediabilmente tifoso della Lazio, lui era un grande romanista, c’era un derby in casa. Questo è l’unico punto su cui non siamo mai andati d’accordo. Noi siamo quattro fratelli, mamma ha sempre fatto la parte dell’educatore severo, lui ci ha sempre dato una grande libertà di scelta. Quando facevamo una cavolata ce lo faceva notare, ma ci dava la possibilità di scegliere. Di sbagliare anche. Ma con la nostra testa. Da bambino quando mi chiedevano che lavoro facesse mio padre, io rispondevo che faceva il Ministro, cosa che non è molto corrente ma che nel suo caso è stata la realtà.
E quando gli domandano cosa penserebbe Giulio Andreotti della situazione politica attuale, risponde:
È morto circa sei anni fa, ha convissuto con una situazione politica già molto diversa da quella che era la sua. Chiaramente lui accettava che i tempi fossero cambiati. La cosa che più gli farebbe dispiacere della politica di oggi è la violenza dialettica che c’è tra i vari esponenti. Lui, all’epoca, aveva rapporti di massima stima e rispetto anche con gli esponenti del Partito Comunista. Nell’archivio di mio padre ci sono delle lettere che si scambiava con alcuni esponenti del partito comunista che a leggerle oggi si potrebbe pensare andassero a fare le scampagnate insieme.
Sugli ultimi momenti di vita del padre, il figlio di Andreotti rivela:
Mio papà Giulio ha vissuto fino a 94 anni, la salute l’ha assistito a lungo, l’ultimo anno è stata una sofferenza. Io andai a trovarlo la domenica dopo una partita della Lazio, lui poi è morto il lunedì. Gli chiesi come stesse, mi rispose ‘maluccio’. È stata l’ultima cosa che mi ha detto. Lui scherzava molto su tutto, una delle battute che faceva sempre era che gli avessero addebitato tutte le colpe di ciò che è accaduto in Italia dalle guerre puniche in poi. Lui prima di morire ci ha lasciato delle lettere, scritte in varie fasi della sua vita in cui pensava fosse prossima la morte.
Poi si passa a parlare delle pagine più tormentate della storia politica, di cui il padre è stato protagonista:
Poco dopo il rapimento di Moro, ad esempio, aveva sentore che sarebbe toccato anche a lui. In queste lettere traspare una grande serenità. Anche se diceva che gli hanno fatto scontare un purgatorio in terra, è morto con una coscienza tranquilla. Lui era molto credente, se ne è andato sereno, consapevole di poter affrontare tranquillamente anche una vita nell’aldilà.
Sui soprannomi e le “maldicenze” attribuiti al volto simbolo della Democrazia Cristiana emergono particolari inediti:
Il soprannome di Belzebù è venuto fuori negli anni ’80. Mio padre ha sempre lasciato correre. Di sicuro, Andreotti, mio padre, era l’opposto di ciò che è stato rappresentato nel film Il Divo di Sorrentino. Questo lo possono testimoniare tutte le persone che lo hanno conosciuto. Lui si è sempre divertito, ha sempre lasciato perdere. Ha conservato tutte le vignette satiriche che lo hanno riguardato. Si divertiva nel guardarle. Uno dei pochi momenti, forse l’unico, in cui ha reagito bruscamente è stato il film di Sorrentino. Lo definì una mascalzonata. Il soprannome di Belzebù sicuramente non gli faceva piacere, ma lasciava perdere. Non dava troppa importanza a certe cose, non gli faceva piacere ma non ne ha mai fatto un dramma. L’unica volta per cui veramente l’ho visto seccato fu il film di Sorrentino.
Chi era Giulio Andreotti :
Senatore a vita dal 1991, è stato il candidato più votato in Italia in tutte le elezioni politiche fino al 1991 tranne in sei casi: nel 1948 e nel 1953, quando fu secondo in preferenze al solo Alcide De Gasperi, nel 1963 e nel 1968, quando fu secondo ad Aldo Moro, e nel 1976 e nel 1983, quando fu secondo ad Enrico Berlinguer.
Andreotti è stato anche il politico con il maggior numero di incarichi governativi nella storia della repubblica. Fu infatti:
- sette volte presidente del Consiglio tra cui il governo di «solidarietà nazionale» durante il rapimento di Aldo Moro (1978–1979), con l’astensione del Partito Comunista Italiano, e il governo della «non sfiducia» (1976–1978);
- ventisette volte ministro:
- otto volte Ministro della difesa;
- cinque volte Ministro degli affari esteri;
- tre volte Ministro delle partecipazioni statali;
- due volte Ministro delle finanze, Ministro del bilancio e della programmazione economica e Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato;
- una volta Ministro del tesoro, Ministro dell’interno (il più giovane della storia repubblicana, a soli trentacinque anni), Ministro per i beni culturali e ambientali (ad interim) e Ministro delle politiche comunitarie.
Dal 1945 al 2013 fu sempre presente nelle assemblee legislative italiane: dalla Consulta Nazionale all’Assemblea costituente, e poi nel Parlamento italiano dal 1948, come deputato fino al 1991 e successivamente come senatore a vita. Fu presidente della Casa di Dante in Roma.
di Antonio Gentile
Bravo Antonio ottimo articolo.
grazie anche da parte mia.
luca
La Democrazia Cristiana, in tutto il suo tempo, ha goduto di politici senza eguali; per cui chi volle superarli ha dovettero industriarsi !
Il mio augurio è che possiamo ancora godere di uomini con tali capacita, padroni di dare alla nostra Nazione il lustro che gli è stato negato!