Sono oltre 80 i giornalisti uccisi mentre tentavano di svolgere il proprio lavoro, questo è quanto riporta il bilancio annuale di Reporters sans frontières, organizzazione no-profit che promuove e difende la libertà di informazione e la libertà di stampa.
Ne sono stati uccisi 80 in giro per il mondo, segnando un aumento dopo tre anni di calo. L’anno scorso hanno perso la vita 65 giornalisti, uccisi per aver esercitato la loro missione d’informazione.Tra le vittime di quest’anno, vi sono 63 giornalisti professionisti, con un incremento del 15%, 13 giornalisti non professionisti (contro 7 l’anno scorso) e quattro collaboratori dei media, ha spiegato l’Ong con sede a Parigi, denunciando la violenza “senza precedenti” contro la categoria.
In totale – secondo Rsf – più di 700 giornalisti professionisti sono stati uccisi negli ultimi dieci anni. Oltre la metà dei reporter sono stati “deliberatamente presi di mira e assassinati”, come l’editorialista saudita Jamal Khashoggi, ucciso il 2 ottobre scorso all’interno del consolato di Riad a Istanbul. E come il giornalista slovacco, Jan Kuciak, trucidato nella sua abitazione il 21 febbraio scorso.
“L’odio verso i giornalisti proferito e persino sostenuto da leader politici, religiosi o uomini d’affari senza scrupoli ha conseguenze drammatiche sul terreno, e si traduce in un aumento preoccupante delle violazioni”, avverte Christophe Deloire, segretario generale di Rsf, che mette sotto accusa anche i social. “Portano una pesante responsabilità in questo senso, questi sentimenti di odio legittimano la violenza e indeboliscono, ogni giorno di più, il giornalismo e con esso la democrazia”.
L’inferno dei reporter è di nuovo l’Afghanistan: nel 2018 qui hanno perso la vita 15 giornalisti, nove solo nel doppio attacco del 30 aprile scorso in cui sono stati presi di mira proprio gli operatori dell’informazione. Seguono Siria, con un 11 morti, Messico (9), India (6) e Stati Uniti (6 morti, di cui 4 nell’attacco alla redazione di Capitolo Gazette del Maryland).
Nel rapporto si ricorda inoltre che negli Stati Uniti si contano sei vittime, quattro delle quali in un attacco a giugno contro il giornale Capital Gazette, in Maryland, dove ad aprire il fuoco era stato un uomo che si era sentito diffamato per gli articoli su di lui, condannato per stalking.
Nel 2018 è aumentato anche il numero di giornalisti detenuti: sono 348 (nel 2017 erano 326). Oltre la metà dei reporter in prigione si trova in cinque Paesi: Iran, Arabia Saudita, Egitto, Turchia e Cina.
Mii dispiace che tanti colleghi debbano essere sterminati solo perchè stanno cercando di portare informazione nel mondo, per una foto o per un video che testimoni l’orrore delle guerre nel mondo, spesso fanno il loro lavoro, mettendo a rischio la loro vita, per molti purtroppo non c’è ritorno a casa.
di Antonio Gentile