di DORA CIRULLI (Roma) * dora.cirulli@dconline.info
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Come tutti gli anni l’8 Marzo si propone come un momento di dibattito sulle tematiche e sui problemi legati alla condizione femminile in tutto il mondo e in ogni ambito della società. Se da un lato essere donna in molti Paesi (soprattutto in aree sottosviluppate) è una vera e propria condanna a una vita priva di diritti fondamentali quali dignità, istruzione e sanità, dall’altro anche nelle Nazioni più avanzate in termini socioeconomici la situazione non è certo delle più rosee, con delle questioni ben lontane dall’essere risolte.
Se oltreoceano movimenti come Metoo e Time is up sembrano aver esaurito la propria portata di sensibilizzazione su molestie e violenze contro le donne (sfociando invece talvolta in un vittimismo esasperato, false accuse e polemiche fini a se stesse), in Italia i fatti di cronaca (come la recente agghiacciante violenza di San Giorgio a Cremano) ci riportano a un desolante scenario in fatto di femminicidi e reati violenti che coinvolgono non solo madri, mogli, fidanzate e ragazze di ogni età ed estrazione sociale ma anche i minori, quei figli che crescono in contesti di ansia e continue umiliazioni. Non parliamo poi delle discriminazioni relative al mondo del lavoro, in cui ancora oggi persistono differenze salariali a parità di mansioni, nonostante le donne siano mediamente più istruite rispetto ai colleghi uomini: a una migliore preparazione non corrispondono infatti una maggiore possibilità di fare carriera o ruoli di prestigio in cda e istituzioni ma spesso subentrano umiliazioni, ricatti e incapacità di esprimere al meglio il proprio potenziale.
Nonostante negli ultimi anni vi siano state numerose campagne a favore delle cosiddette pari opportunità, la politica sembra del tutto incapace di fissare delle priorità e di stilare dei programmi seri e puntuali a favore del mondo femminile: se da una parte infatti i vari mass media continuano a proporre modelli spesso non positivi (soprattutto per le più giovani) distorcendo la percezione reale della condizione femminile nel Paese, dall’altra chi si trova al Governo (a prescindere dal colore politico) sembra non trovare gli strumenti adeguati per fronteggiare e risolvere queste questioni che spesso assumono toni drammatici.
Ci si lamenta spesso come il mondo del lavoro in Italia non sia sufficientemente competitivo e come la popolazione stia invecchiando a fronte di un calo preoccupante delle nascite: entrambi i problemi sono legati a doppio file alla mancanza di sostegno e di un welfare adeguato alle esigenze delle donne che sobbarcandosi mille responsabilità non riescono a coniugare lavoro e famiglia (inclusa la maternità) in maniera adeguata, quando delle misure ad hoc riuscirebbero a garantire una vita serena a dignitosa a tutte coloro che desiderano realizzarsi nel lavoro e non solo. Delle iniziative mirate ed efficaci non sarebbero comunque sufficienti: in primo luogo è necessario infatti partire dall’educazione in famiglia, nella scuola e negli ambienti di lavoro, è fondamentale prima di tutto cambiare una mentalità troppo influenzata da modelli negativi ed esaltare finalmente il ruolo e l’importanza della donna come perno insostituibile della società.