Il ministro Bonisoli ha firmato lo scorso giorno il decreto ministeriale che regole le uscite dei film prodotti in Italia, ma come si legge sul sito del ministero questo decreto in realtà è una modifica ad un precedente decreto ministeriale legato all’individuazione dei casi di esclusione del benefici previsti dalla legge 14/11/2016 N. 220, la legge che regola le agevolazioni per chi produce opere italiane, la tax credit.
Il Ministero non può imporre ad un produttore cinematografico l’uscita del film nelle sale prima dello streaming, ma può decidere quali film possono godere o no delle agevolazioni e dei contributi. E così ha fatto. Secondo quanto abbiamo appreso le modifiche applicate dal decreto ministeriale 449 prevedono che possano venire ammesse ai benefici e ai contributi che la legge riconosce solo le opere italiane che vengono distribuite sulle altre piattaforme 105 giorni dopo l’uscita nelle sale. Nel caso in cui l’opera non abbia avuto troppo successo questa finestra può ridursi a 60 giorni, e i parametri sono i seguenti: dev’essere stata proiettata in meno di ottanta cinema e con un numero di spettatori inferiori a 50.000. In questo caso, però, l’accesso alle agevolazioni è consentito solo se nel periodo di proiezione cinematografica non è stata fatta promozione legata all’arrivo dell’opera su altre piattaforme. In poche parole se un film non ha successo, e viene proiettato in poche sale con pochi spettatori, può accedere alla tax credit solo se per due mesi non viene fatta pubblicità dell’arrivo su altri media, non necessariamente streaming ma anche pay TV.
Ci dovrebbe essere anche una “mini finestra” di dieci giorni, e in questo caso hanno accesso al tax credit solo le opere programmate per massimo tre giorni feriali ad con esclusione del venerdì, sabato e domenica.
Il nodo è quindi legato alle agevolazioni fiscali per chi produce e sponsorizza la produzione di film, che possono essere produttori o imprese esterne.
Decreto giusto, ma un film può comunque andare prima su Netflix e poi al cinema
Il decreto del ministro è sacrosanto: se il film di Lucky Red “Sulla mia pelle” non fosse stato trasmesso anche nelle sale cinematografiche, poche, ci saremmo trovati davanti ad un caso di film comprato da Netflix per Netflix pagato in parte con i soldi italiani pubblici. E non è giusto.
Il decreto quindi mette un freno allo shopping di contenuti italiani da parte delle piattaforme, non solo Netflix ma anche la pay TV: se i film sono stati prodotti con agevolazioni fiscali devono andare prima in sala.
Ma un film può andare prima su Netflix e poi al cinema? Certo: se Netflix producesse un film italiano, come ha fatto all’estero con Beasts of No Nation o Bright, nulla vieterebbe di proporlo anche nel circuito cinema se i cinema lo volessero. Dopo o in contemporanea. Non avrà però accesso alle agevolazioni previste dalla legge italiana.
Per una Netflix non dovrebbe essere un grosso problema pagare interamente una produzione, soprattutto se si tratta di film dal respiro internazionale che possono essere distribuiti in tutto il mondo, anche se Netflix non è molto convinta della distribuzione dei film nelle sale.
Guardando al futuro saranno i colossi dello streaming a investire le risorse più grandi per la produzione di film: Amazon per il signore degli Anelli ha messo sul piatto un miliardo di dollari, e siamo solo agli inizi. Quando entreranno in gioco anche Google e Apple, si contenderanno con Netflix e Amazon gli attori migliori, i registi migliori, e i film migliori. Se questi finissero solo sulle piattaforme di streaming che fine farebbero i cinema?
di Antonio Gentile