L’albero della morte

 

Non solo ma avvolte troviamo persone subdole per non dire viscide che  Giano bifronte e vanno severeranete fermate e schiacciate o ti fanno soffrire

LIl dolore così dolore dell’anima, non si elimina
Con medicine, terapie o vacanze;un dolore così
Lo si soffre, semplicemente, fino in fondo,
Senza attenuanti, come è giusto che sia.

Uno dei grandi tabù che la nostra cultura impone è la morte, essa non ha posto nella nostra società, poiché rappresenta la sconfitta per la medicina e la tecnologia.

Cerchiamo di proteggerci adottando diverse strategie, ma l’evento angosciante persiste. D’altronde la morte fa parte della nostra vita. Solo qualche decennio fa la morte era considerata maggiormente per quello che è: evento naturale, frequente, che fa parte della vita e veniva condivisa con tutti membri della famiglia, inclusi i bambini. Era un momento di unione in cui attraverso il dolore della perdita si rafforzavano i legami familiari e amicali. Oggi invece si tende a riconoscere solo un aspetto doloroso del lutto e per questo i genitori tendono a proteggere i bambini eccessivamente, ritardando inevitabile il momento dell’incontro con la perdita di una persona vicina. Quasi tutti i genitori sono convinti dell’utilità di parlare apertamente dei processi biologici relativi alla vita, educare alla affettività e alla sessualità già dalla prima infanzia ma quando si tratta di affrontare il momento finale si trovano senza parole.


Oggi infatti i bambini sono inondati di informazioni importanti, ma non di rado vengono lasciati soli nei momenti fondamentali: per esempio, sanno tutto sulla deriva dei continenti, ma non gli viene detto che è morta la nonna o il fratellino e per quale malattia. È vero, i bambini sono piccoli, ma piccolo non vuol dire stupido o incapace. I bambini hanno bisogno di rispetto, di verità e fiducia per potere dare un senso a ciò che accade intorno a loro e ritrovare la sicurezza per continuare a crescere. Hanno bisogno soprattutto di parola perché è proprio la parola, e soprattutto la qualità della parola, che può lenire l’effetto di un evento drammatico come la morte di una persona cara. Il lutto non è una malattia, ma il tempo doloroso della vita legata alla perdita, e sono spesso le soluzioni trovate per affrontarlo che possono invece rivelarsi problematiche. Per esempio, uno dei rischi maggiori è rappresentato dalla possibilità che il bambino (in caso di morte di un fratellino)prenda il posto del fratellino scomparso.osì avviene che il figlio senta di dover essere il consolatore e protettore dei genitori, con possibili gravi conseguenze per ilsuo benessere e il suo sviluppo affettivo.

In realtà non esiste una casa che non sia stata toccata da qualche lutto: in un intero villaggio non esiste una singola capanna dove non sia stato cucinato un pranzo da lutto, racconta una bella favola. Il lutto fa parte integrante dell’esperienza stessa della vita, in ogni tempo, ogni cultura, ogni luogo. È in assoluto una delle esperienze più paritaria del vivere come nascere o diventare genitori. Riguarda tutti, senza distinzione, a qualsiasi gruppo si appartenga, senza differenze di età, nazionalità, colore della pelle, scolarità e ceto sociale.
Con questo articolo vorremmo mettere in luce quegli strumenti educativi di intervento utili ad aiutare il minore ad affrontare il distacco e a conoscere la realtà della morte, ma prima noi adulti dovremmo chiederci che cosa ne pensiamo, quale spiegazione diamo a noi stessi, quale spiegazione c’è stata data quando eravamo bambini, qual è la nostra posizione rispetto all’argomento e quali sono i nostri timori in proposito.

 

È chiaro che potremmo parlare della morte in tranquillità solo se fossimo arrivati a un buon equilibrio interiore che ci fa accettare la condizione umana in tutti suoi aspetti. Ma ciò è difficile soprattutto perché ci troviamo in una società che non ci prepara a questo e che considera la morte sempre solo come un’incomprensibile opposto alla vita. Pertanto non sappiamo parlarne, né ammetterla come una possibilità.

  1. John Bowlby, grande esperto dei rapporti di attaccamento e separazione, affermava che non è possibile elaborare completamente un lutto senza la presenza di un’altra persona: dichiarazione che sottolinea, in particolare nelle situazioni difficili, l’importanza e l’efficacia dei rapporti affettivi.
  2. Autore Franco Capanna Editorialista