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«Laudato si, mi Signore,
per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullo omo vivente po’ scampare»
Cantico delle Creature
Così cantava Francesco d’Assisi poco prima di morire: un inno di lode per tutte le meraviglie del creato, simbolo della realtà trascendentale di Dio, arrivando ad onorare anche la morte, vista come massima espressione di giustizia. Conclude poi il Cantico, parlando della morte seconda (dell’anima), dalla quale possiamo salvarci solo se non eludiamo sorella Morte corporale. Ma davvero è possibile sfuggire alla morte corporale? Proprio fuggire no, ma crearci l’illusione di poterlo fare forse sì. Eppure, nonostante la si cerchi di negare, occultare o almeno allontanare, come fosse qualcosa di scandaloso, la morte resta un immenso mistero con il quale ognuno di noi, prima o poi, dovrà confrontarsi.
- È davvero strano come, malgrado ciò, la maggior parte delle persone eviti di pensarci e ancora meno di parlarne. Tuttavia evitare il confronto con un lato della vita così preponderante non elimina la paura, anzi ciò che così viene represso non dà pace e lavora in sottofondo, condizionando il nostro modo di vivere. Secondo moderni studi di psicologia è con l’accumulo di beni che ci creiamo l’illusoria sensazione di poter controllare gli eventi, sottraendoci all’ineluttabilità della morte. Mentre con la prodigalità, che consiste nello sperperare denaro, cerchiamo di acquistare gratificazioni quali status simbol, visibilità e nuovi piaceri. Sono tutte varianti simbolo dell’immortalità, nelle quali ci identifichiamo e grazie alle quali ci illudiamo di essere salvi. Da ciò consegue che tendiamo ad identificare il nostro Essere con l’avere, cioè a far coincidere il nostro essere con gli oggetti che accumuliamo, l’Essere con il non essere.