di VINCENZO CARAVONA (Cosenza) * vincenzo.caravona@dconline.info * Segretario per lo Sviluppo e Organizzazione Democrazia Cristiana provincia di Cosenza
www.ilpopolo.news * www.democraziacristianaonline.it *
< Un ricordo di Mario Scelba, l’avvocato di Caltagirone notato da don Luigi Sturzo >.
La sinistra lo considerava uno dei principali nemici, un restauratore del cosiddetto “ancien regime”, pur non avendo mai figurato l’avvocato calatino Mario Scelba, nei quadri del PNF o PFR.
Nato nel 1901 a Caltagirone, era figlio di braccianti agricoli siciliani, ma non rispecchiò nessun personaggio verghiano curvato a coltivare i campi, grazie sopratutto all’interesse di Don Sturzo che notò in Mario Scelba grandi capacità intellettive.
Nel 1919 si iscrisse – all’età di 18 anni, al Partito Popolare e divenne il Segretario particolare di Sturzo che lo inviò a completare gli studi presso la Capitale, ottenendo così la laurea in giurisprudenza.
Appena ventenne, conobbe importanti personaggi politici del periodo, attivista fecondo del Partito popolare.
Durante il “ventennio” seguì una fase attendista. Lavorò dapprima come praticante presso studi legali sino a svolgere autonomamente il ruolo di avvocato, pur se con magri stipendi.
Con Sturzo in esilio il piccolo (di statura) Scelba collaborò con la rivista “Idea popolare”, nata nel 1926, ma in seguito chiusa a causa delle leggi fasciste riguardanti la libertà di stampa.
Nel 1940 con De Gasperi, Gronchi e Giuseppe Spataro cominciò a tessere la tela di quello che sarebbe diventato il più grande partito italiano nel dopoguerra, la Democrazia Cristiana.
A 40 anni dimostrò da subito una totale avversione per i comunisti ed in particolare per quei cattolici di sinistra che riteneva poco affidabili.
Gli stessi comunisti si facevano beffe di lui, definendolo per bocca di Togliatti, uno “scialbo personaggio”. All’epoca Scelba era un quarantenne di bassa statura, con incipienti calvizie e dalla robusta corporatura.
Nel dopoguerra, in particolare nel terzo Governo De Gasperi, s’insediò al Viminale come Ministro degli Interni e quì la sua figura di – soggetto scialbo – cominciò ad assumere un aspetto decisamente diverso.
L’avvocato di Caltagirone cominciò infatti a mettere mano al riordino della Polizia di Stato e all’Arma dei Carabinieri che erano sprovvisti di tutto il necessario (veicoli, armi, divise).
La prima mossa riguardò la Polizia di Stato. Composta da 30.000 unità, con un numero di 8.000 comunisti, ex partigiani pronti ad una rivoluzione stalinista alla prima occasione, era necessario ammortizzare queste ingombranti ed inaffidabili figure ideologizzate.
L’anno seguente il piccolo Ministro fece salire il numero a 50.000 unità, con arruolamenti volontari di giovani che avevano un sicuro senso dello Stato.
Era arrivato il momento di liberarsi delle frange comuniste e per farlo usò il bastone e la carota. Varò un provvedimento che liquidava egregiamente in termini economici chi si dimetteva dalla Polizia e per coloro i quali non volevano accettare, era previsto un trasferimento in anguste zone della penisola, una sorta di esilio forzato.
Fece un repulisti di quei Prefetti di fede comunista, rimuovendoli e sostituendoli con uomini a lui fidati. Fu lo stesso PCI a consigliare ai poliziotti rossi di accettare il baratto economico.
Nel momento in cui De Gasperi, il 31 maggio 1947, decise di liberarsi dalla scomoda presenza delle sinistre al Governo, varando il suo quarto mandato, si temette il peggio.
L’Italia era un paese troppo fragile e la sinistra era anche ben organizzata in armi. Ma c’era un dato di fatto: il piccolo avvocato di Caltagirone aveva con fermezza attrezzato le Forze dell’Ordine in modo capillare, riassestando ed organizzando il reparto Celere in modo così efficace ed efficiente da rendere all’Italia una sicurezza costante in quelle piazze che si sarebbero infiammate in vista delle elezioni nazionali della primavera del 1948.
Il 16 aprile 1948 (2 giorni prima del voto) lo stesso Scelba in un comizio a piazza del Popolo a Roma puntò direttamente il dito sui capi frontisti (le sinistre che correvano unite) avvertendoli che mai nessuno di loro o chi per loro avrebbe attentato alla libertà di voto, suscitando l’ira funesta dell’uomo del Cremlino in Italia, ossia Palmiro Togliatti.
Le elezioni dunque si svolsero con la massima tranquillità e sancendo una pesante sconfitta del Fronte Popolare.
Il 14 luglio del 1948, uno studente di destra attentò alla vita di Togliatti, sparandogli.
Poteva essere il presagio di una insurrezione di piazza che fu tuttavia ben arginata dall’ordine pubblico, pur contando 9 morti e 120 feriti tra le forze dell’ordine e 7 morti ed 86 feriti tra i comunisti.
Lo Stato era oramai pronto ad affrontare qualsiasi forma d’insurrezione.
Scelba aveva nominato dei Prefetti dal pugno duro a lui fedelissimi già dall’inizio del 1948, suddividendo l’Italia in circoscrizioni ed onde evitare interruzioni di comunicazione con Roma, aveva approntato una rete telefonica su un certo numero di navi militari e alleate presenti sul Mediterraneo.
L’attività di Scelba proseguì anche come Presidente del Consiglio, sia pur per brevissimo tempo (febbraio 1954 – luglio 1955).
La sua figura cominciava ad essere ingombrante, in particolare a quei democristiani che si stavano gradualmente spostando erroneamente (per lo scrivente) a sinistra.
Scelba fu eletto continuamente tra Camera e Senato fino al 1979, fondando nel frattempo una corrente moderata – Centrismo popolare – che non ebbe un buon seguito.
Si spense a 90 anni, compiuti nel 1991, a Roma, quel cosiddetto – uomo scialbo – sottovalutato dall’irreprensibile giudizio di Togliatti.
di VINCENZO CARAVONA (Cosenza) * vincenzo.caravona@dconline.info * Segretario per lo Sviluppo e Organizzazione Democrazia Cristiana provincia di Cosenza
www.ilpopolo.news * www.democraziacristianaonline.it *
E’ stato il mio primo riferimento nella D.C.in cui ho militato sino al suo….scioglimento!!! Forse con lui ancora attivo ci sarebbe stata una voce di opposizione a quella sciagurata decisione!!!