A cura di Carla Crafa (Fragneto Monforte/ provincia di Benevento) *
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Segretario nazionale Dip. Attività sociali e problematiche del Terzo Settore della Democrazia Cristiana italiana
< Nel parlare di disabilità le parole sono molto importanti ! >
Ancora oggi risulta spesso molto difficile parlare di disabilità.
Quando si affronta questo tema, ci si trova di fronte ad imbarazzo, disagio, quasi che anche solo pronunciando “quella” parola si potesse attrarre su di sé la sfortuna.
Era opinione diffusa un tempo che la disabilità (e la malattia in genere) fosse legata ad una “colpa” di chi ne era affetto. Una sorta di stigma per indicare qualcuno da cui stare alla larga.
Ne derivava la pressoché completa emarginazione sociale delle persone disabili, nascoste dai familiari (o addirittura allontanate da casa), come se si trattasse di una “macchia” da nascondere agli occhi della società.
Oggi, per fortuna, questo pregiudizio è in gran parte superato, in quanto siamo culturalmente ed economicamente avanzati (e non è un caso che le due cose procedano di pari passo, in genere).
Ci sono leggi che garantiscono alle persone con disabilità pari dignità e diritti in ogni ambito (dal lavoro alla sfera più privata e personale) e cresce la sensibilità verso temi come l’accessibilità e la necessità d’investire risorse importanti su di essa per il bene di tutta la collettività.
Il Segretario politico della Democrazia Cristiana di Matera Marzio Muscatiello sta portando avanti in proposito una battaglia a livello nazionale !
Tuttavia, persistono abitudini scorrette, e spesso offensive (anche involontariamente), quando si tratta di parlare di disabilità.
O ancora di più quando si tratta di rapportarsi con una persona affetta da una disabilità: motoria, sensoriale o psichica.
Disagio, domande inopportune, e ciò ancheda perfetti estranei.
“Che cos’hai esattamente?” – “Perché cammini così?” – “Non puoi fare niente per…?”
Semplicemente perché coloro che hanno disabilità sono (siamo) persone, con pregi e difetti, come tutti.
Persone che convivono con una condizione particolare, certo. Ma siamo sempre delle persone, non esseri superiori, né inferiori.