La politica si è dimostrata largamente incapace di esercitare un ruolo-guida (invece di inseguire o assecondare gli umori popolari) e quindi di rendere produttive le sue funzioni di rappresentanza, garantire la governabilità, assumere la responsabilità di decisioni difficili, costruendo il consenso necessario anche in condizioni di contesto poco favorevoli. Nello stesso tempo, la società italiana ha confermato i suoi limiti di coesione, autonomia e responsabilità che hanno radici lontane.
La realtà attuale non nasconde l’evidenza: un paese incapace di fare sistema; cronicamente debole per deficit di infrastrutture e di governance; con un ordinamento giuridico “barocco e post-moderno al tempo stesso” (obsoleto, farraginoso, facilmente sottomesso agli interessi più forti); un sistema produttivo duale, in larga parte poco propenso al rischio e all’innovazione, e quindi alla ricerca di protezione pubblica, ma destinato a un ruolo meramente interstiziale sulla scena internazionale; una società civile ancora largamente influenzata da tradizioni ormai inattuali, che fatica a reggere i processi inesorabili di “individualizzazione” che investono le società contemporanee (le reazioni non sono solo difensive, ma spesso anti-storiche e perciò senza futuro).
Riteniamo che e arrivato il momento di parlare seriamente di autonomia siciliana visto che da decine e decine di anni c’è la più completa indifferenza da parte dei nostri Deputati regionali tutti, soprattutto coloro eletti in passato, che pur essendo loro stessi siciliani, non hanno mai voluto migliorare la Sicilia, un’isola ove basta un attimo per sentirti avvolta da una sensazione nuova e antica, avvolgente e narcotizzante assieme, quell’attimo in cui poggi il piede su quest’isola, appena sceso da un treno o da un aereo e subito capisci che questa terra, questo paesaggio, questa luce ti appartengono, fanno parte del tuo DNA, delle tue radici, della tua anima, di qualcosa che senti tuo…… ed invece loro si riducono ad essere una vaga ombra di se stessi e di tutti coloro che si sono prodigati a far sì di essere eletti in una Giunta e una Assemblea che quasi sempre si arrancano, travolti da enormi problemi gestionali, nonché, di spartizioni di poltrone e giochi di potere, (ci viene da pensare che pensano solo e solo a questo) arrivando, si può dire, al vero fallimento di ogni qualsiasi legislatura.
Noi della DC, come da attenti osservatori esterni, la Sicilia ci appare come un magnifico veliero, senza nocchiero in gran tempesta popolato da una ciurma povera e spaurita. Ultima o tra le ultime Regioni nelle statistiche che fotografano lo stato di salute delle Regioni italiane ed europee. Dove è finita la classe dirigente? dove sono finiti gli intellettuali? E la stessa Chiesa siciliana?Oggi come ieri, con la Democrazia Cristiana, tutti insieme, uniti, riprendiamoci in mano tutto quello che è realmente nostro, non dimenticando tutto quello per cui si è imbattuto e dei valori che ci ha insegnato quel nostro concittadino dal nome don Luigi Sturzo, e noi della DC riteniamo un atto di ostilità abbandonare alla deriva una delle maggiori Regioni italiane con oltre 5 milioni di abitanti, che ha una posizione strategica di primissimo piano in un Mediterraneo dalle mille insidie, trasformato in un cimitero ed in una polveriera, questo anche grazie ad uno Stato perennemente assente.
Sappiamo benissimo che se crolla la Sicilia e con la Sicilia il Sud, crolla la stessa Italia, appunto quello Stato assente! Non lo possiamo nascondere: il problema è gravissimo, sfiora la tragedia. In questo contesto ed in un momento di crisi economica, politico e sociale, di cui avversa anche il nostro paese, strapparsi le vesti e imprecare contro questo o quel personaggio, o far cadere l’intera responsabilità sugli italiani è un puro comportamento di ostruzionismo, privo di maturità politica, di giochi di potere ed infantile, ma appropriato al governo attualmente eletto dagli italiani, inoltre, qualche intervento disorganico serve a ben poco, così come non aiuta il piano di stabilità in corso.
Fatto il punto, il problema non è nuovo, anzi vecchissimo almeno quanto l’unità d’Italia.
Tornando alla Sicilia, si evince che nel primissimo dopoguerra, si era deciso di farne una Regione autonoma con uno Statuto e proprie risorse ma poi, subito dopo, si pensò che fosse più utile per la ricostruzione dell’Italia post bellica, concentrare gli investimenti al nord e utilizzare il Sud come sacca di mano d’opera a buon mercato da trasferire e così lo Statuto è rimasto fin dall’inizio lettera morta. Negli anni 60′, quando era finita l’emergenza, si utilizzò il Sud come luogo per le grandi opere, capital intensive, inquinanti e controllate interamente da imprese del nord o da multinazionali. Un modello tipo coloniale, opposto a quello di cui la Sicilia aveva bisogno.
Con un aggravante: si riversarono nel Sud masse enormi di denaro non vincolate da programmi rigorosi di sviluppo, che favorirono le clientele, impedirono la creazione di un ordinato mercato e peggiorarono la già precaria situazione di illegalità manifesta. In questo contesto, la Sicilia si trasformò in un enorme cassa continua clientelare senza che nessuno si ponesse la domanda della sostenibilità di un tale “pseudo modello” nel prossimo futuro soprattutto nei momenti di grave crisi. In questo contesto, lo Statuto rimase ancora una volta lettera morta, il tessuto produttivo rimane debole e precario e la cassa continua si rafforza con l’aggravante di una burocrazia dominante che si auto premia con stipendi e pensioni superiori alla media nazionale e in parte corrotta e clientelare.
Se si è giunti, quindi, allo stato di sfacelo odierno, non lo si deve allo Statuto di Regione autonoma, ma al non averlo mai applicato sostituendolo in maniera subdola con un modello del peggior colonialismo e con una sub-cultura preindustriale. Ben altri sarebbero stati i risultati se lo Statuto fosse stato applicato. Molte cose son cambiate dal 1945, tranne la necessità per la Sicilia di un autentico, solido e duraturo piano di sviluppo, disegnato su misura all’interno di uno Statuto autonomo adeguato, per la sua stessa insularità e per il suo livello di PIL, come auspicato dalla stessa Unione Europea. Occorre tornare a sentirsi una comunità fondata su valori ben precisi, per cui si è disposti a soffrire, e sulla passione, che è più forte e duratura dell’entusiasmo.
Uniti per fare grande l’Italia, il Mezzogiorno, la Sicilia da sempre con la Democrazia Cristiana.