Il bullismo è un fenomeno a tutti tristemente noto, anche a causa dei gravi episodi di cronaca che da esso talvolta scaturiscono, come di giovanissimi che arrivano a togliersi la vita per sfuggire alle calunnie a gli insulti dei loro compagni.
Con il termine bullismo s’intende definire un comportamento aggressivo ripetitivo nei confronti di chi non è in grado di difendersi. Solitamente, i ruoli del bullismo sono ben definiti: da una parte c’è il bullo, colui che attua dei comportamenti violenti fisicamente e/o psicologicamente e dall’altra parte la vittima, colui che invece subisce tali atteggiamenti. La sofferenza psicologica e l’esclusione sociale sono sperimentate di sovente da bambini che, senza sceglierlo, si ritrovano a vestire il ruolo della vittima subendo ripetute umiliazioni da coloro che invece ricoprono il ruolo di bullo.
Non occorre però arrivare a tanto per parlare della gravità del fenomeno, le cui cicatrici e ripercussioni rimangono spesso indelebili sia nel bullo sia, soprattutto, nelle sue vittime.
Si parla così spesso di bullismo anche perché la preparazione e la prevenzione sono essenziali in questo ambito. Accade spesso infatti che un non-intervento, magari giustificato dal fatto che il ragazzo debba imparare a difendersi, o un intervento sbagliato, quale quello basato sulla pura coercizione, spesso non fanno altro che rinforzare il fenomeno e suoi effetti. Al contrario una adeguata preparazione sull’argomento, sia in ambito familiare che scolastico, e un conseguente intervento coordinato possono essere la chiave di volta del problema.
Innanzi tutto quando si parla di bullismo si parla di un problema di aggressività che nulla ha a che vedere con quelle che a volte vengono definite superficialmente delle “bravate” o “ragazzate”. Quando c’è un soggetto fisicamente o psicologicamente più forte che in modo intenzionale e persistente deride, insulta, calunnia, isola qualcuno, fino ad arrivare all’estremo della violenza fisica, c’è un grave problema. Di solito sono i maschi quelli che arrivano alla violenza fisica, mentre nelle femmine la modalità è solitamente più subdola e indiretta, ma non per questo meno dolorosa, caratterizzata da pettegolezzi, calunnie e smorfie.
Il bullo o la bulla esprimono come possono il loro grave problema di aggressività e di mancanza del limite, oltre che del basilare rispetto per l’altro. Se non fermati e rieducati in tempo tali condotte possono sconfinare nella psicopatologia o nella devianza.
Non meno grave il problema è per la vittima, che può arrivare a chiudersi in se stessa e ad emarginarsi, nella convinzione che il mondo è un posto pericoloso e di cui non ci si può fidare. Questo tanto più quando gli spettatori, ovvero coloro che assistono alle violenze del bullo dominante e dei bulli gregari (quelli che lo sostengono), non dicono o fanno niente.
Per questi motivi, lavorare sulla prevenzione del fenomeno e sul tempestivo intervento diventa fondamentale. La figura dello psicologo nelle scuole vuole essere in tal senso una protezione e una risorsa, affinché possa attivarsi da subito il confronto e il coordinamento necessario a scuola e famiglia per andare nella stessa direzione e, cioè, nell’interesse del giovane in questione e di tutti i ragazzi.
Vista la posta in gioco le iniziative si moltiplicano. Si va dall’opuscolo redatto da telefono azzurro e rivolto sia alle famiglie che alle scuole per formare e sensibilizzare sul tema in questione, al cui interno è previsto anche un inserto “staccabile” per i ragazzi, fino al numero verde istituito dal MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) 800 66 96 96, allo scopo di rispondere tempestivamente e in modo anonimo ai dubbi e alle esigenze di tutti coloro che si sentono vittime di questo fenomeno. Chiedere e informarsi è sempre importante e legittimo ma, in questo caso, anche necessario.
Recentemente è stato diffuso uno studio della Federazione Italiana Società di Psicologia (Fisp), in cui è stato affrontato il possibile ruolo dello psicologo per quanto riguarda il bullismo a scuola. Secondo indagini Istat sui comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi, nel 2014, più del 50% degli 11/17enni è stata vittima di un episodio offensivo, irrispettoso e/o violento da parte di coetanei.
I comportamenti violenti che caratterizzano il bullismo sono i seguenti:
– Offese, parolacce e insulti;
– Derisione per l’aspetto fisico o per il modo di parlare;
– Diffamazione;
– Esclusione per le proprie opinioni;
– Aggressioni fisiche.
Per gli psicologi si tratta di una vera e propria emergenza, che può essere contrastata a partire dall’intervento a scuola.
La figura dello psicologo all’interno dei contesti scolastici appare fondamentale, per individuare in maniera tempestiva i disagi prima che possano favorire lo sviluppo di sindromi psicologiche
dice Mario Sellini, segretario generale di AUPI, l’associazione unitaria degli psicologi italiani.
Sarebbe necessaria la predisposizione di un programma di prevenzione del bullismo a scuola, attraverso la valutazione del disagio giovanile e dei fattori di rischio individuali, familiari e ambientali, che potrebbero generare comportamenti violenti. L’introduzione della figura dello psicologo nel contesto scolastico, potrebbe contribuire alla promozione delle risorse e delle potenzialità dei ragazzi in una fase delicata come quella dello sviluppo.
di Antonio Gentile