A cura di Dott. Lillo Craparo (Monza e Brianza)
< Alcune riflessioni sulla Giornata mondiale degli Infermieri: “Ovunque per il bene di tutti !” >
Nei giorni scorsi è stata celebrata una ricorrenza molto importante ossia la < Giornata mondiale degli Infermieri >.
In trincea, come sempre in corsia e negli ambulatori ed in modo straordinario in occasione di questa terribile pandemia, assieme ai medici ed agli altri operatori sanitari e non, per prestare assistenza, aiuto e sostegno a milioni di cittadini/pazienti, colpiti dal Covid.
Le loro imprese, alcune delle quali rese pubbliche dalle TV e dai media, hanno convinto scienziati, giornalisti ed autorevoli rappresentanti delle Istituzioni a candidare infermieri e medici al Nobel per la pace 2021,con una motivazione profonda con sollolineatura di “ricorso ai possibili rimedi di medicina di guerra combattendo in trincea per salvare vite e spesso perdendo la loro”.
È stato alto il numero di infermieri e di medici, deceduti per Covid, contratto nell’esercizio della professione, assieme ad altre figure, come caposala, strumentiste, oss, ausosa ed altre, morte sul campo.
La FNOPI (Federazione Nazionale degli Operatori Infermiestici), in occasione di questo importante evento, ha lanciato un bellissimo slogan “Ovunque per il bene di tutti“, auspicando il raggiungimento di una “assistenza infermieristica di prossimità per un sistema salute più giusto ed efficace”.
Bisogna infatti andare oltre il modello organizzativo tradizionale dell’infermiere in corsia, in sala operatoria, negli ambulatori, per porre in campo altre forme di assistenza, come l’infermiere di famiglia, di assistenza domiciliare, di comunità, di prossimità, aperti a tutte le innovazioni maturate e maturande,in un contesto organizzativo in continua e crescente evoluzioni.
Tanto é stato fatto, a partire dagli anni 70, con il superamento dell ‘infermiere generico,titolo/qualifica che si raggiungeva con la terza media e con il superamento di un corso di durata annuale,organizzato dagli ospedali, per approdare all’infermiere chiamato “professionale “che si conseguiva ,previo possesso di titolo di studio diverso e superiore,dopo superamento di prove a mezzo selezione pubblica e successiva frequenza di un corso di studio di durata triennale,organizzato dagli ospedali.
Poi è intervenuta la riforma con la competenza affidata alle università e l originario diploma trasformato in mini laurea ,con selezione,previo possesso del diploma di secondo grado.
Si è detto e scritto che mancano gli infermieri. Non sempre é vero o meglio, é esattamente vero.
C’è molto precariato in giro, assieme ad altri precari, avviati al lavoro, con procedure straordinarie, in qualche caso basate sulla data di presentazione agli avvisi, prescindendo da un colloquio/esame per conoscere il neo laureato, destinato comunque a lavorare in trincea.
Anche per il settore infiermeristico occorre prendere atto che questo modello di formazione é superato, mettendo in campo altri “format”,guardando anche a quello che avviene fuori dall’Ue ,introducendo materie nuove, connesse alla telemedicina,all’assistenza e cure domiciliari,in uno all’informatica,alla conoscenza dell’inglese ,assieme ad obblighi di aggiornamento,veri e seri,e non a generici riferimenti a crediti formativi.
La vita é in continuo divenire.Le università debbono riflettere sul fatto che i modelli formativi e di studio non possono essere quelli di ieri ed eterni,vanno verificati e, quando occorre,aggiornati e innovati.
Concludo con una segnalazione: ogni anno escono dalle Università centinaia di cosidetti “Perfusionisti”, minilaurea che si consegue al termine di tre anni di studio e di frequenza.
I possessori di tale titolo dovrebbero essere utilizzati in nefrologia e dialisi, in emodinamica, nelle terapie intensive e sub intensive, nelle sale operatorie, ecc.ecc.
Ebbene, se si fa una attenta ricerca nei siti delle aziende ospedaliere, Irccs, Asl, cliniche, ecc. sono pochissimi i posti di perfusionista, messi a concorso o richiesti, per cui si dispone di migliaia di cittadini in possesso di tale laurea, disoccupati da tempo e senza prospettive per l’avvenire.
Di fronte a tale anomalia o si va alla istituzione di posti di perfusionista nelle dotazioni organiche delle strutture o le università si decidano a sospendere tale corso di laurea, che formano persone, destinate alla disoccupazione certa e senza prospettiva.
Meglio ammettere che si é sbagliato a prevedere la minilaurea come perfusionista, rivelatasi senza prospettive, optando per una sospensione immediata, piuttosto che continuare a formare giovani, in nuce, già disoccupati.
Prevarrà il buon senso? Spero di si !
Dott. Lillo Craparo (Monza e Brianza)