Aldo Moro: «Non furono le Br a ucciderlo», nuove rivelazioni shock.

Il mistero della morte di Aldo Moro è ancora pieno di punti oscuri. Beppe Fioroni sostiene che Moro non fu ucciso da chi credono tutti.

Aldo Moro: «Non furono le Br a ucciderlo», nuove rivelazioni shock.

Le rivelazioni della morte di Aldo Moro portano alla ribalta altri atroci dubbi ed ulteriori sospetti, ma chi fu l’esecutore materiale della morte del Premier?

«Aldo Moro non è stato ucciso nel cofano della R4, ma in posizione eretta, seduto sul portabagagli posteriore, chi lo ha ucciso lo guardava negli occhi, e gli spara tre colpi a bruciapelo. Poi viene messo a forza nel portabagagli e infine gli hanno sparato i rimanenti colpi».

Il comandante del reparto scientifico dei carabinieri ha illustrato in commissione parlamentare la perizia sul’assassinio. Secondo la quale il presidente della Dc fu ucciso da colpi sparati da killer che potè guardare in faccia. Il brigatista Moretti ha sempre raccontato invece che l’ostaggio fu messo sotto una coperta in modo che non si accorgesse dell’esecuzione.

È questa la ricostruzione del delitto del 9 maggio del 1978 che fa Beppe Fioroni, già presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul caso Moro, parlando al centro studi americano di Roma, in un incontro di presentazione del libro “Moro, il caso non è chiuso” di Maria Antonietta Calabrò e dello stesso Fioroni. «Moro – ricorda Fioroni – è morto dissanguato» con una agonia «tra i 15 e i 40 minuti, per queste modalità è impossibile che chi fa questo non lo ricordi bene: Moretti dice una cosa, Maccari un’altra, così anche la Braghetti». «Per questo possiamo ritenere che non sono stati loro ad ucciderlo». «Per poterlo uccidere a sangue freddo – argomenta l’ex ministro della Pubblica Istruzione – c’è stato bisogno di un grado di crudeltà non indifferente».

9 maggio 1978 La Renault 4 con lo sportello posteriore aperto e quello posteriore ancora intatto. لعبة اونو اون لاين

Fioroni ricorda come «Morucci disse che le bobine con le registrazioni dell’interrogatorio di Moro andarono a finire a Rocco Micaletto, della colonna ligure». اربح المال من الألعاب 2022 Colonna che era comandata da Riccardo Guida «colui che uccide Guido Rossa, con una efferatezza che lo pone tra i soggetti che potevano ammazzare una persona a 40 cm di distanza, sparando a qualcuno guardandolo negli occhi». «Lui doveva gambizzare Rossa, ma poi torna sui suoi passi e uccide il sindacalista, giustificando il gesto come che avesse poi deciso che meritasse di morire», conclude Fioroni.

Moro forse fu vittima di un piano a livello internazionale

Questa opinione va ad aggiungersi a quelle maturate in questi anni che vedono l’omicidio di Aldo Moro come frutto di un piano internazionale. Queste ipotesi sono state illustrate soprattutto da Giovanni Fasanella nel suo libro “Il puzzle Moro, dove tramite un serie di documenti desecretati l’autore dimostra che Londra, Washington, Parigi e Berlino temevano l’avvento definitivo in Italia del Partito Comunista. La paura era anche che ci fosse un’apertura del governo italiano al mondo arabo, con Libia e Palestina in testa. Simili “pericoli” erano incarnati da Aldo Moro e dalle sue idee politiche di compromesso col versante orientale del mondo.

In una simile ottica le Brigate Rosse avrebbero giocato un ruolo decisamente minore di quel che si è sempre creduto. Se le cose andarono davvero così, i terroristi di sinistra furono soltanto la mano armata (forse persino inconsapevole) che agì guidata da poteri internazionali molto più grandi e influenti. A detta di alcuni, in sostanza, furono degli “utili idioti“, necessari per schiacciare i grilletti.

Il parere di Fasanella è che la morte di Moro fu un vero atto di guerra nei confronti dell’Italia da parte di paesi in teoria “amici e alleati”, un attacco alla sovranità e alla democrazia della nostra nazione.

Ma ripercorriamo la dinamica dell’omicidio di Aldo Moro: Non era sdraiato  quando fu colpito a morte, e chi gli ha sparato gli stava di fronte. Lo assicura il Ris, interpellato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta nel tentativo di analizzare il delitto politico più importante del ‘900 italiano come si fa con un cold case. Il comandante del Ris, Luigi Ripani, ha svolto il suo compito isolando “tutti gli elementi oggettivi”. Perché, pur a distanza di molti anni, è possibile stabilire alcuni punti fermi per capire quel che non ci hanno voluto raccontare di ciò che accadde qualche momento prima che il presidente della Democrazia cristiana diventasse un fagotto gettato dietro il sedile posteriore della Renault color amaranto parcheggiata in via Caetani.

Ebbene, ciò che raccontano gli elementi oggettivi raccolti dal Reparto investigativo dei Carabinieri è questo: l’omicidio sarebbe avvenuto con una serie di tre spari, due armi e 12 proiettili esplosi. La prima serie da tre, quella che colpisce inizialmente Moro, secondo la ricostruzione esposta oggi, avviene mentre il prigioniero delle Brigate rosse “è seduto sul pianale, sopra la coperta, con il busto eretto e le spalle rivolte verso l’interno dell’abitacolo, il portellone aperto”. I tre colpi lo raggiungono “con direzione ortogonale al torace”. Moro si accascia e viene colpito da altri spari della mitraglietta Skorpion. Infine due spari, stavolta da due armi diverse: uno di una pistola Walther Pkk, calibro 9, l’altro ancora della Skorpion, un calibro 7.65. Quelle sono sicuramente le armi usate.

“Faremo altre indagini per capire da dove venga quella Walther Pkk”, ha detto il presidente della Commissione Giuseppe Fioroni il quale sottolinea “l’assoluta novità di una ricostruzione che smentisce quel che i brigatisti hanno sempre raccontato”. Il primo ad auto-accusarsi di essere stato il killer di Moro fu Prospero Gallinari, poi Mario Moretti disse di essere stato lui, infine accreditarono la versione che dava la responsabilità a Germano Maccari: il racconto brigatista, insomma, non è mai stato ‘fermo’, ma non solo. Proprio riguardo a quegli ultimi istanti il capo dell’operazione, Mario Moretti, raccontò di aver fatto sistemare Moro nel bagagliaio della R4, di averlo fatto mettere sotto la coperta e, soltanto allora, di avergli sparato: accompagnato in auto, fatto sedere dietro, nel vano dei bagagli, con la prospettiva di uno spostamento o forse di un atto definitivo di libertà, il racconto brigatista ha tenuto a spiegare che Moro fu colpito nella sua totale inconsapevolezza di quel che stava avvenendo. “Salga Presidente, si accomodi”.

Ebbene, la ricostruzione del Ris dice di no. العاب للكبار فقط للرجال والنساء La balistica afferma il contrario. “E l’ipotesi che si fossero trovati in un garage – quello di via Montalcini, come hanno sempre sostenuto le Br – è alquanto improbabile”, ha detto il colonnello Ripani in conclusione. Troppe manovre e quei dieci colpi sparati senza silenziatore avrebbero allertato il palazzo. La perizia contiene molti altri spunti e non esclude una seconda versione, ritenuta tuttavia meno probabile, in base alla quale Moro è seduto sul sedile posteriore della Renault4 e i primi colpi partono dalla parte anteriore dell’auto, dove poi furono ritrovati 5 bossoli, la cui presenza non contrastata affatto con la prima versione, quella che vuole Moro seduto sul portabagagli. In entrambi i casi, c’è certezza sul fatto che lo sparatore fosse inizialmente in posizione frontale. La dinamica di quegli ultimi attimi di vita è, dunque, riscritta definitivamente. Il racconto del Ris è scarno, essenziale, e lascia vedere al di là un’immagine, quella di un delitto compiuto da professionisti del crimine, come suggerì il presidente della Commissione Stragi Giovanni Pellegrino. Non da militanti rivoluzionari che avevano scelto la lotta armata.

dal web di Antonio Gentile