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< Alessandro Solinas (Alghero): rispettare i giovani e garantire loro gli opportuni strumenti di crescita anche in politica. >
In tempi di < corona virus > si sta praticamente tappati in casi e si ha occasione di leggere, commentare, dialogare molto di più che neI tempi cosiddetti normali.
Ho avuto così occasione di condividere una riflessione con Alessandro Solinas (Alghero) a riguardo di un suo post pubblicato qualche giorno fa sul suo profilo facebook personale.
Il post riguarda in generale le problematiche giovanili e nello specifico l’accentuato disinteresse da parte loro verso la politica.
Anche se per fortuna possiamo rilevare nell’ambito del Movimento Giovanile della Democrazia Cristiana un numero sempre più crescente di “eccezioni alla regola” l’argomento merita pur tuttavia un attento esame ed adeguata riflessione.
Il tutto parte dall’analisi e riflessione su di un interessante libro pubblicato da Maggioli Editore della dott.ssa Elisa Lello ed intitolato < La triste gioventù >.
La dott.ssa Elisa Lello è insegnante di Sociologia politica all’Università “Carlo Bo” di Urbino, dove collabora anche alla attività di ricerca promossa da “La Polis – Laboratorio di studi politici e sociali”.
<< Ci sarebbe anche da dire che, spesso, i giovani si sentono usati. Si rendono conto che la richiesta della loro partecipazione è esclusivamente finalizzata a riempire le sale dove si parla di politica in concomitanza delle votazioni.
Vengono contattati, soprattutto, al momento della predisposizione delle liste elettorali.
Fare i portatori di acqua e donare gratuitamente il sangue (come si suol dire), affinché venga raggiunto il quorum, che permette a colui che detiene più voti nella lista e, che spesso l’ha anche predisposta, di essere eletto non piace a nessuno.
Si tratta di film, per volere utilizzare un modo di dire moderno, che vengono mandati in onda con cadenza quinquennale, in occasione di ogni consultazione elettorale, ma di “sprovveduti” se ne trovano sempre meno.
Discorso diverso è, naturalmente, quello che concerne coloro, purtroppo, che si rendono disponibili ad essere usati, essendone pienamente consapevoli.
Ma questo è un altro film.
La politica, in generale, dovrebbe investire nei giovani in maniera diversa, attraverso delle vere e proprie scuole di formazione, un tempo molto fiorenti nella nostra società.
Anche i direttivi di partito allargati, di facciata, dove c’è solo uno che conta, lasciano il tempo che trovano.
Non può essere valida, quasi esclusivamente (ma fortunatamente esistono anche le eccezioni), la regola “del maschio più furbo”, della strumentalizzazione di chi fa parte del direttivo solo per raggiungere un dato numerico, con la magra consolazione di apparire anche sui quotidiani, senza che si abbia la possibilità di incidere in qualche modo sulle decisioni prese dal partito.
É sempre funzionale all’unico “maschio furbo” che ha concrete possibilità di affermarsi.
Non si può ridurre tutto alla ricerca dei giovani e del loro consenso elettorale al momento del voto, utilizzando le armi del sorriso, delle pacche sulle spalle, delle strette di mano, delle promesse, del vedrai che andrá tutto bene, del tranquillo ci penso io, che trovano terreno fertile in tantissimi, in quanto sono disperati perché la società dove operano, avendo fallito prima di loro, non è in grado di dare delle risposte alle loro legittime istanze.
Tutto questo non può comportare un appagamento, una soddisfazione, nelle nuove leve che vorrebbero affacciarsi alla politica, ci vuole altro.
Si arriva esclusivamente ad una disaffezione. Le percentuali sempre più basse di giovani che disertano in massa le urne sono causate anche dai sistemi elettorali entrati in vigore con la nascita della cosiddetta seconda Repubblica.
Se il sistema elettorale stesso facilita l’elezione del candidato che spesso non ha nessuna preparazione politica di base, come si può pensare che quest’ultimo possa organizzare delle scuole di formazione politica?
Una conferma a quanto ho affermato è rappresentata dal fatto che le poche scuole di formazione politica, oggi presenti nel territorio nazionale, sono dirette perlopiù da esponenti politici, alcuni ancora giovani, avendo iniziato ad occuparsi della materia quando indossavano i pantaloncini corti, che hanno avuto una preparazione di base proveniente dal periodo della cosiddetta Prima Repubblica.
É auspicabile un ritorno alla politica con la P maiuscola, quella delle ideologie marcate, della pressoché inesistenza di saltimbanchi, dove chi nasceva democristiano, sardista, comunista, socialista, socialdemocratico, repubblicano, liberale, missino o radicale, continuava tutto il suo itinerario politico seguendo la dottrina verso la quale si riconosceva.
Tutti gli altri discorsi che sentiamo spesso, che vengono fatti cercando di trovare delle giustificazioni ai cambi di casacca appaiono deboli, portano ad un progressivo e continuo calo di votanti ad ogni appuntamento elettorale, perché continuano ad aumentare, in maniera considerevole, coloro che non si sentono rappresentati dall’attuale classe dirigente. >>.
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Inevitabilmente devo dar ragione ad Alessandro Solinas a riguardo di questa usanza che sconforta i giovani. Sperando che l’Italia si proietti in un futuro meritocratico, civile e coscienzioso.