A cura di Andrea Saraniti (Catania)
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Vice-Segretario nazionale del Dipartimento < Sviluppo – Marketing – Comunicazione > della Democrazia Cristiana italiana
Segretario regionale del Dipartimento < Sviluppo – Marketing – Comunicazione > della Democrazia Cristiana Sicilia
Segretario Organizzativo della D.C. Provincia di Catania
Editorialista de < IL POPOLO > della Democrazia Cristiana
< ANDREA SARANITI (D.C.): L’ITALIA SIA PROTAGONISTA DI INIZIATIVE DI PACE IN SINTONIA CON GLI ALLEATI DELL’EUROPA UNITA ! >
La divisione fra i paesi europei. Da una parte, Francia e Germania che criticano le parole di Biden su Putin («non può restare al potere») perché vogliono evitare altre escalation, negoziare con il Cremlino e arrivare il prima possibile al cessate il fuoco.
Dall’altra, i governi dell’Est Europa più il Regno Unito che mettono in guardia dallo stringere accordi con Mosca ora per non fare dei «favori a Putin».
È una divisione più profonda di quel che sembra.
Una metà del continente ritiene che la guerra d’Ucraina sia una guerra civile slava. Un’altra invece la interpreta come preludio a una terza guerra mondiale.
Entrambe temono che si allarghi, ma divergono su come arginarla.
La prima componente punta a chiuderla più in fretta possibile, la seconda ritiene che ciò legittimerebbe di fatto l’occupazione russa e consentirebbe a Mosca di guadagnare tempo per la prossima offensiva.
La differenza di percezione della minaccia ha impedito di introdurre sanzioni estreme e di inviare armamenti pesanti agli ucraini.
Ieri sette paesi (Francia, Germania, Italia, Olanda, Spagna, Lussemburgo e Belgio) hanno esortato i propri cittadini a non andare a combattere in Ucraina, al contrario di alcuni paesi più favorevoli, dal Regno Unito alla Polonia, passando per la Danimarca.
La guerra non avrà spaccato la Nato, come sperava Putin, ma le faglie europee diluiscono l’efficacia di una risposta comune.
L’Italia è stata inclusa nella lista dei possibili garanti della neutralità dell’Ucraina, dalla quale era stata inizialmente esclusa. Allo scoppio delle ostilità, è stata platealmente emarginata.
Biden l’ha esclusa dal giro di telefonate coi leader europei. La diplomazia russa l’ha ripetutamente attaccata. Ha scontato un cronico deficit di credibilità, che la statura di Mario Draghi non è sufficiente a colmare.
Viene percepita come inaffidabile, dall’una e dall’altra parte.
Un giorno è criticata negli Stati Uniti per aver ostacolato l’approvazione delle sanzioni; un altro dalla Russia come cobelligerante.
È vista come anello debole del campo americano da entrambi, per via dell’eccessivo peso della politica, mutevole per definizione.
Pertanto, di fronte a crisi come questa, è costretta a spendere le proprie energie ed a dimostrare ciò che dovrebbe essere dato per assodato, cioè la sua «fede atlantista», allineandosi alla posizione statunitense.
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