“La rivoluzione digitale ci sta fregando?” si chiede Alessandro Baricco in The Game, racconto di un viaggio nel mondo nuovo nato nella Silicon Valley: “la storia di un archeologo piuttosto ignorante che si mette a indagare tutte le grandi fortezze digitali – da Google alla Apple, da Facebook a YouTube – come se fossero rovine di una misteriosa civiltà scomparsa. Scava, esamina, studia, riporta in superficie, sfida maledizioni secolari, spolvera fossili, rischia la vita, e tutto per riuscire a scoprire chi erano quegli uomini, in che modo ragionavano, di cosa avevano paura, cosa volevano e come gli era andata a finire”. La cosa interessante, afferma Baricco, “è che quegli uomini siamo noi”: informarsi su cosa ci aspetta diventa dunque indispensabile.
C’è un breve scritto di Walter Benjamin che parla di un quadro che gli ha regalato un amico, Paul Klee. Il quadro si intitola Angelus Novus e ritrae il volto di un angelo che, per come lo descrive Benjamin, somiglia molto di più alla faccia che abbiamo noi, abitanti di questo periodo storico così complesso e mutevole, piuttosto che agli uomini del suo tempo. Come noi, quell’angelo ha lo sguardo volto al passato; come noi, vede solo macerie dove invece gli uomini del suo tempo vedevano catene di eventi e strutture lineari; come noi, non ce la fa a lasciarsi trasportare via, vuole rimetterle a posto, vuole capirle. Se non può, scrive Benjamin, è perché «una tempesta che spira dal paradiso» lo porta via, «lo spinge irresistibilmente nel futuro». Come noi.
Fino ad oggi questa immagine dava conto di due tipi di reazione di fronte al progresso: da una parte, quello degli Apocalittici, ovvero coloro che rimanevano fedeli allo sguardo impaurito dell’angelo anche a costo di risultare luddisti fuori tempo massimo; dall’altra, invece, quello degli Integrati, che tifavano tempesta e che speravano che quell’angelo mollasse la sua presa nostalgica sul passato e si facesse trasportare via, verso le meravigliose sorti e progressive. Ora, forse, abbiamo trovato la terza via.
Apocalittici contro Integrati. Questo, in buona sostanza, è anche lo stallo alla messicana in cui gran parte del mondo intellettuale contemporaneo si trova: gridare all’apocalisse o tifare un luminoso futuro? Al di là delle ingenuità che caratterizzano sia l’una che l’altra posizione, questo stallo dava anche conto di un clima del pensiero totalmente controproducente, un clima che sapeva di tifo, di fumogeni e di cori da stadio, di voglia di distruggere invece che di creare.
Questo, in altrettanta buona sostanza, è il cul de sac dal quale riesce ad uscire Alessandro Baricco con il suo nuovo libro, intitolato The Game, pubblicato dalla casa editrice Einaudi e destinato sicuramente a restare come una testimonianza importante di questi anni così incasinati e così difficili da comprendere anche per noi che ci siamo nati dentro.
Per i più giovani, probabilmente, i primi due capitoli sembreranno peccare di riduzionismo, somiglieranno alle istruzioni testuali di un device che loro hanno già capito solo tenendolo in mano e giocandoci due minuti. È vero, ed è lo stesso Baricco che lo ammette dopo un po’ — «Se tornate ai primi due capitoli e li rileggete vi sembreranno quasi preistorici» —, ma abbandonare alle prime difficoltà sarebbe un errore e uno spreco, perché Baricco, a differenza di alcune delle sue ultime opere romanzesche, questa volta ha qualcosa di dire c’è l’ha sul serio: ha trovato la terza via. Oltre l’apocalisse e oltre l’integrazione.
Quella che stiamo vivendo non è solo una rivoluzione tecnologica fatta di nuovi oggetti, ma il risultato di un’insurrezione mentale. Chi l’ha innescata – dai pionieri di Internet all’inventore dell’iPhone – non aveva in mente un progetto preciso se non questo, affascinante e selvaggio: rendere impossibile la ripetizione di una tragedia come quella del Novecento. Niente più confini, niente più élite, niente più caste sacerdotali, politiche, intellettuali. Uno dei concetti più cari all’uomo analogico, la verità, diventa improvvisamente sfocato, mobile, instabile. I problemi sono tradotti in partite da vincere in un gioco per adulti-bambini.
In The Game ci sono tante delle intuizioni intellettuali che ci servono per affrontare il futuro senza fuggirlo come l’angelo di Benjamin, ma anche senza agognarlo acriticamente come l’ultimo dei neopositivisti.
Con questo libro Baricco manda in pensione il Novecento, almeno a livello intellettuale. Lo fa prendendosi le sue responsabilità e riconoscendosi élite — «post-verità è il nome che noi élite diamo alle menzogne quando a raccontarle non siamo noi ma gli altri. In altri tempi le chiamavamo eresie» — ma lo fa anche trovando e finalmente, da filosofo, indicando una strada percorribile per il mondo intellettuale umanista, che fino a ieri non sapeva effettivamente più dove sbattere la testa per riuscire a non fare la figura della mandria di luddisti. È tutto in una frase, questa: “Non è il Game che deve tornare all’umanesimo. È l’umanesimo che deve colmare un ritardo e raggiungere il Game” ……questo è The Game.
di Antonio Gentile