Mi
OPINIONI ED ASPETTI CRITICI DEL GOVERNO DRAGHI.
Il governo è sotto il potere di Draghi ed egli non ne è il presidente ma il comandante supremo.
Quali forze hanno determinato quest’esito nefasto per la democrazia italiana e, per essere meno elusivi, per il movimento operaio complessivo italiano, per “la classe”?
Attraverso quali passaggi si è giunti a sottomettere il governo, il parlamento, l’intera politica, l’intero Paese al comando di Draghi?
Le forze che hanno spento la luce della democrazia italiana non sono rintracciabili nel vacuo vaudeville della nostra politica: esse sono oltreconfine e oltreoceano e si svelano lungo l’asse euroatlantico Usa-Ue, Biden e Merkel-Macron.
E’ decisivo collocare immediatamente e prioritariamente sia la caduta del governo Conte che la costituzione del governo Draghi nel contesto internazionale, poiché questa lettura dei fatti è – non casualmente – quella più rimossa e negata, sia dall’intero arco delle forze politiche parlamentari che dall’intero sistema mediatico.
Come, infatti, tutti i cicisbei, i cavalier serventi degli USA, della NATO e dell’Ue che sostengono il governo Draghi, possono arrivare a disvelare la semplice verità, e cioè che sono state proprio queste potenze mondiali ad intervenire sul quadro politico italiano al fine di far cadere i due governi Conte, che, pur mantenendo una natura essenzialmente filo-imperialista,
troppo, e “insopportabilmente” per gli USA, il loro asse commerciale verso la Russia e la Cina? E, conseguentemente, portare l’uomo di cui più hanno fiducia, Draghi, a guidare l’Italia e il nuovo Parlamento di spauriti vassalli che lo ha incoronato?
I passaggi politico-“religiosi” che hanno invece permesso, in Italia, di portare a termine e concretizzare gli ordini internazionali sono stati la santificazione erga omnes di Draghi; la costituzione, dal PD alla Lega, passando per il M5S e Berlusconi, del partito unico della borghesia; la discesa in campo dell’esercito mediatico nazionale, volto ad incantare l’intero senso comune di massa; la miserrima caduta, da sacchi vuoti, di casematte sindacali e politiche un tempo di sinistra e persino comuniste.
Ci riferiamo, in relazione a quest’ultima nostra “cattiva” denuncia, sia ad una parte di “Liberi e Uguali” (per il cui opportunismo non serve perdere troppo tempo, tanto esso è chiaro da tempo), sia al segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, che alla direttrice de “il Manifesto”, Norma Rangeri.
Avvolte si è vittime di sorte avversa e ci fa male,ma bisogna essere guerrieri per sconfiggere e poi risorgere.E’ possibile.
Landini, rispetto al governo Draghi, non ha trovato di meglio da dire che: primo, “Draghi è autorevole, può essere una persona utile”; secondo, “Ha consultato le parti sociali prima di fare il governo. E’ una novità importante”; terzo, “A Draghi abbiamo indicato il tema dello ius soli”. Cioè: l’uomo che, dopo la “craxiana” Camusso, avrebbe dovuto ricollocare la CGIL su posizioni di lotta e di classe non sa nemmeno riconoscere la natura reazionaria e antioperaia di Draghi e, pur indicando il tema dello ius soli, si dimentica il milione di lavoratori già ora senza più nessuna garanzia sociale, le centinaia di migliaia di operai che hanno già perso o stanno perdendo il posto di lavoro, le centinaia di migliaia di donne lavoratrici che nell’ultimo anno sono state poste fuori dalla produzione e l’intero popolo di commercianti, artigiani e piccoli e piccolissimi imprenditori già vicini al tracollo e alla miseria.
Ma soprattutto si dimentica, Landini, di chi è già stato Draghi: l’uomo, cioè, che ha concretizzato uno dei più massicci disegni di privatizzazioni mai apparsi in Italia; l’uomo che sul panfilo “Britannia”, della regina d’Inghilterra, il 2 giugno del 1992, nell’incontro con i più alti rappresentanti della finanza internazionale, profilò la svendita di tanta parte del patrimonio e dell’apparato industriale italiano come cavallo di Troia per far entrate l’Italia nell’Euro; che è stato l’ispiratore della Legge Fornero; che è stato uno dei maggiori protagonisti, a nome dell’Ue, di quelle politiche dell’austerity che hanno portato alla distruzione di tanta parte del welfare europeo e che hanno introdotto, con metodo golpista, il fiscal-compact nella Costituzione italiana; che teorizza sia un deficit di bilancio buono (quello che sposta risorse verso i grandi gruppi capitalistici) e uno cattivo (quello che sostiene chi perde lavoro, chi lavoro non ce l’ha, chi è stato travolto dalla crisi).
Quel Draghi che ispirava “letterine” ai governanti italiani raccomandando loro di introdurre maggiori quote di precarizzazione nel mondo del lavoro, di limitare le spese, a beneficio del bilancio, per scuola e sanità, spingendo per la loro privatizzazione; che tramava per cancellare l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori; quel Draghi che, mettendo “a valore” gli insegnamenti tratti dal suo funzionariato alla Goldman Sacks, è stato uno dei maggiori “consigliori” di quell’Ue che ha scientemente voluto (anche a mo’ di insegnamento e minaccia per altri Paesi dell’Ue che mai avessero voluto alzare la testa) quella recente tragedia greca che ha portato un popolo alla fame e tanti disperati lavoratori, pensionati, piccoli imprenditori al suicidio.
Nella fase più alta della crisi greca Draghi era presidente della Banca Centrale Europea e fu proprio lui a ratificare l’esclusione della Grecia dal programma di “quantitative easing” con l’argomentazione che “ad Atene è già stato dato tanto”.
Un’esclusione che portò al terzo e socialmente drammatico memorandum, un progetto di “salvataggio” da parte dell’Ue che fu pagato dalla Grecia con un’ulteriore macelleria sociale.
Scritto da Franco Capanna.