“Secondo le stime nei mesi invernali l’attività economica sarebbe tornata a crescere”. Lo si legge nel bollettino economico di Bankitalia, che parla di un’economia che «avrebbe lievemente recuperato» dopo la recessione tecnica della seconda metà del 2018. «Il modesto calo dell’occupazione, che nel trimestre autunnale ha riflesso la fase di debolezza ciclica, non sarebbe proseguito nel bimestre gennaio-febbraio», prosegue il rapporto di via Nazionale.
A ipotizzarlo nientemeno che Bankitalia, le cui stime hanno permesso finalmente di tirare un sospiro di sollievo.
A fine 2018, infatti, il Belpaese è finito ufficialmente in recessione tecnica, registrando due trimestri consecutivi in flessione. La frenata, in questo caso, si è inserita in un contesto di debolezza generalizzato, che ha trovato nell’Italia una perfetta valvola di sfogo. Oggi, però, le cose sono cambiate e secondo Via Nazionale, il Paese potrebbe essere tornato a crescere con l’arrivo del nuovo anno.
Italia fuori da recessione: ecco perché
Le considerazioni di Bankitalia hanno trovato terreno fertile nel bollettino economico reso noto nel pomeriggio di giovedì 18 aprile. Nel documento, l’istituto di Via Nazionale ha parlato di un’Italia cresciuta dello 0,1% nel primo trimestre del 2019.
Un dato certamente non impressionante, che ha tuttavia segnalato una ripresa dell’attività economica nostrana, diminuita invece negli ultimi due trimestri del 2018. Per l’intero anno corrente, si ricordi, il Governo si è imposto un obiettivo dello 0,2% decisamente più cauto rispetto all’1% inizialmente definito. “Gli analisti censiti da Consensus Economics, che in dicembre prefiguravano per quest’anno un aumento del PIL dello 0,7%, nell’ultima rilevazione indicano una crescita compresa tra il -0,1 e lo 0,2”, ha affermato il bollettino.
Non soltanto il PIL dell’Italia, ma anche la produzione industriale sotto la lente dell’istituto di Visco. Per dirla con le sue stesse parole la misura potrebbe essere cresciuta sia nei primi tre mesi del 2019 sia, nello specifico, a marzo. Anche l’occupazione si è stabilizzata nei primi due mesi dell’anno, mentre il mercato azionario ha imboccato nuovamente la via del rialzo (da gennaio ad oggi il FTSE MIB ha guadagnato poco meno del 20%). A crescere è stato anche l’export italiano, che non si è lasciato intimorire dalla frenata del commercio internazionale.
A marzo nuova frenata?
A marzo però, ha continuato Bankitalia, c’è stata una nuova frenata che ha trovato ragion d’essere nel rallentamento ciclico dell’Eurozona, evidente soprattutto in Germania, Paese a noi legato da forti relazioni commerciali e produttive. Per dirla con le stesse parole dell’istituto, l’indicatore che misura la dinamica di fondo dell’economia italiana è sceso ancora.
Certo è che sulle prospettive economiche continueranno a pesare diversi elementi tra cui le tensioni commerciali, il rallentamento congiunturale cinese, la Brexit e forse anche la nuova politica monetaria delle banche centrali che ha favorito la flessione dei rendimenti a lungo termine. Per il momento però, nonostante le nuvole ancora all’orizzonte, l’Italia si sta godendo la fine della recessione tecnica iniziata negli ultimi trimestri del 2018. L’anno nuovo si chiuderà in crescita?
Il problema del debito
Un secondo appunto da parte di Visco arriva in merito ai conti pubblici, dopo settimane di trattative tra il governo e Bruxelles. «L’idea che con qualche artifizio alcune spese pubbliche possano essere escluse dal bilancio dello Stato è, nelle parole di Carli, una illusione. Una illusione che, purtroppo, alcuni coltivano ancora oggi». I deficit non sono stati infatti ridotti negli anni, così le spese che non sono calate hanno portato ad aumentare il debito pubblico, «che oggi ci rende molto difficile quella possibilità di manovra per gli investimenti che servono alla crescita».
Sulla pericolosità dell’alto debito interviene anche un rapporto della Commissione Ue, secondo cui Paesi come Italia, Cipro, Francia e Spagna sono «esposti a choc sfavorevoli. L’Italia è particolarmente esposta a improvvisi mutamenti nella percezione dei mercati finanziari, in particolare alla luce dei fabbisogni di finanziamento, tuttora consistenti». Il debito nel nostro Paese, in uno scenario a politiche invariate, aumenterebbe addirittura «dal 130,1% del Pil nel 2020 al 146,5% del Pil nel 2029», si legge nel rapporto (nell’Unione europea solo cinque Paesi su 27 vedono il debito in crescita).
Timori sulle banche
C’è poi il capitolo banche, che soffrono l’aumento dei tassi di interesse sui titoli di Stato restringendo di conseguenza il credito all’economia. Il costo del credito rischia infatti di aumentare se l’alto spread si mostrerà «persistente», avverte Bankitalia che registra «segnali di irrigidimento dalle imprese». Nel rapporto della Commissione Ue si conferma che in alcuni Paesi come l’Italia «è riemerso il timore che si inneschi di nuovo il circolo vizioso tra titoli di Stato e banche, in un contesto di spread tra i rendimenti in crescita».
dal web di Antonio Gentile