L’ex presidente Lula da Silva, oggi in carcere per scontare una condanna a 12 anni per corruzione e riciclaggio, è schizzato nell’ ultima inchiesta pubblicata dalla società Ibope al 37% delle intenzioni di voto per le presidenziali del 7 ottobre.
Dietro di lui c’è l’ultra conservatore Jair Bolsonaro con il 18% e poi tutti gli altri, tutti sotto il 10%. Lula, che è stato iscritto ufficialmente dal Partito dei Lavoratori (Pt), non può essere candidato perché la legge impedisce a chi è stato condannato in appello di aspirare ad una carica elettiva, al suo posto dovrebbe quindi subentrare l’ex sindaco di San Paolo Fernando Haddad, accompagnato dalla comunista Manuela D’ Avila.
Non si esclude, quindi, un ballottaggio tra sinistra e estrema destra, uno scenario che spaventa molto i mercati; lo si è visto dall’ impennata del dollaro, che ormai sfiora la soglia psicologica dei 4 reais.
La situazione è talmente confusa che l’ex presidente Fernando Henrique Cardoso, storico avversario di Lula e del Pt, ha già detto che in un eventuale ballottaggio tra Haddad e Bolsonaro il centro-destra brasiliano dovrebbe appoggiare il primo, per evitare uno sbandamento istituzionale «pericoloso e autoritario».
Manca ancora molto al 7 ottobre, ma c’è già chi pensa ad uno scenario simile al ballottaggio fra Le Pen e Chirac in Francia nel 2002, quando molti votarono per il «male minore». Quindi paese che vai, presidente ti meriti, questa volta i brasiliani dovranno scegliere “il meno peggio”.
di Antonio Gentile