di ANTONIO GENTILE
Tra lanci di oggetti, violenza verbale e aggressioni fisiche le scuole sembrano essere diventate vere e proprie arene di combattimento. E’ stata analizzata la situazione attraverso i dati contenuti nei RAV (Rapporti di autovalutazione) di 18 istituti secondari di secondo grado di 18 diverse regioni italiane.
In più della metà, poco più del 58% , si è verificato almeno un episodio di violenza sanzionato. Anche se non è dato sapere se questi avvengano tra studenti o vedano protagonisti anche i professori. Il ruolo della scuola e del docente è messo in discussione completamente. C’è una delegittimazione quotidiana dei professori, da parte dei ragazzi, ma anche delle famiglie, che passa per piccole cose come il non accettare un voto, la messa in discussione delle scelte metodologiche ed educative.
Si potrebbe ipotizzare che in questi anni lo Stato ha abbandonato la scuola: non se ne è interessato se non deprivandola e togliendo risorse, finanziarie e umane. Questo ha indebolito la scuola in quanto istituzione e i docenti nella loro autorevolezza. Il fenomeno va avanti a grandi linee dai primi Anni 2000, e secondo me deriva anche dalla generale denigrazione del lavoratore pubblico, che passa spesso per fannullone, furbetto del cartellino eccetera.
Anche la figura del dirigente scolastico è sminuita. Conosco famiglie che sono andate direttamente a parlare con i carabinieri con le richieste più svariate senza passare né dal professore né dal preside. C’è una mancanza assoluta di riconoscimento dell’istituzione.
Passando alle singole regioni, il primato della litigiosità lo detiene l’Emilia-Romagna (con il 66% delle scuole che riporta casi di violenza), seguita da Abruzzo (65,5%) e Toscana (65,1%). Tra le più virtuose, invece, spiccano la Basilicata (comportamenti violenti riscontrati nel 34,3% degli istituti) e il Molise (35%), regioni più piccole e quindi con minori probabilità di problemi; poi la Calabria (48,1% di casi di violenza).
Forse una soluzione si potrà trovare , secondo alcuni sindacati si potrebbe ipotizzare di presentare al governo un nuovo contratto di lavoro in cui si potrà chiedere di riconoscere la professionalità dei docenti, perché diciamocelo: un lavoro poco pagato è anche un lavoro poco riconosciuto socialmente, come ci insegna la storia. Quindi anche attraverso i contratti di lavoro passa il riconoscimento del ruolo.
Una soluzione forse accettabile, l’importate che salvaguardi il lavoro di studenti professori, perché poi in definitiva , questo bullismo è solo l’atteggiamento di una società di giovani ragazzi che ha tutto, in fretta e senza sacrifici. Quindi la famiglia dovrebbe concedere di meno ai propri figli cercando di riportare i valori di una volta, dove si parlava a pranzo e a cena, stando un po più con i figli, questo potrebbe quanto meno riportare un po’ più di educazione e un maggior rispetto verso i professori che oggi si sentono vittime e in molti casi, abbandonati dalle istituzioni.
Il ricordo di quando i professori davano le bacchettate sulle mani per punizione agli alunni è ormai un ricordo lontano e sicuramente la gioventù di oggi dovrebbe provare, forse un atteggiamento violento, ma senza ogni ombra di dubbio portava i suoi risultati.
ANTONIO GENTILE – FROSINONE