Il premio Nobel per la Pace 2018 è stato assegnato a Denis Mukwege e Nadia Murad “per i loro sforzi per mettere fine alle violenze sessuali nei conflitti armati e nelle guerre”. L’annuncio è stato fatto intorno alle 11 di oggi a Oslo, in Norvegia, dal Comitato norvegese per i Nobel. Entrambi i premiati, ha spiegato il Comitato, hanno dato un contributo essenziale per portare l’attenzione sui crimini di guerra. Mukwege ha dedicato la sua vita ad aiutare e difendere le persone coinvolte in violenze e abusi. Murad ha raccontato le violenze subite e inflitte ad altre persone. Grazie al loro lavoro, ripreso spesso dai media internazionali, hanno entrambi contribuito a rendere di attualità e sentito il tema delle violenze sessuali nei conflitti e nelle guerre, consentendo spesso di identificarne gli autori.
Denis Mukwege è di origini congolesi, ha 63 anni ed è un medico specializzato in ginecologia e ostetricia. È il fondatore dell’Ospedale Panzi di Bukavu, nella parte orientale del Congo, dove è diventato tra i più grandi esperti mondiali nel trattamento dei danni fisici dovuti agli stupri. Con i suoi colleghi, ha trattato migliaia di pazienti, accolte nella clinica dopo i numerosi casi di stupro avvenuti nella lunga guerra civile del paese. Nel corso degli anni, Mukwege è diventato un simbolo e un punto di riferimento, sia nel Congo sia per la comunità internazionale, per l’assistenza e l’aiuto delle persone che hanno subìto violenze sessuali in guerra e nei conflitti armati. Dice spesso che “la giustizia è un affare di tutti” e che tutti hanno il dovere di segnalare casi di violenze, in qualsiasi condizione e a qualsiasi costo. Mukwege ha criticato duramente il governo congolese per non avere fatto abbastanza nel contrasto delle violenze sessuali, estendendo le critiche ad altri governi in giro per il mondo.
Nadia Murad, 25 anni, è un’attivista yazida, la minoranza religiosa di lingua curda che negli ultimi anni è stata oggetto di terribili persecuzioni e violenze da parte dello Stato Islamico (o ISIS). Nell’agosto 2014 Murad fu rapita da alcuni miliziani dell’ISIS durante la grande offensiva dello Stato Islamico nel Sinjar, area dell’Iraq abitata in prevalenza da yazidi. I miliziani massacrarono centinaia di persone che abitavano a Kocho, la cittadina di Murad: presero in ostaggio le donne più giovani, che poi furono vendute come schiave.
Murad è una delle circa 3mila ragazze yazide vittime di stupri e altri abusi compiuti dai miliziani dell’ISIS, ampiamente documentati da diverse inchieste giornalistiche. Dopo tre mesi di sequestro, Murad riuscì a scappare e poi cominciò a raccontare le violenze che aveva subìto. Nell’ottobre 2016 vinse il Premio Sakharov per la libertà di pensiero, il più importante riconoscimento per i diritti umani in Europa assegnato dal Parlamento europeo.
di Antonio Gentile