DONNE E SOCIETÀ.

DONNE E SOCIETÀ.
Lorenzo Raniolo

A cura di Dott. Lorenzo Raiolo (Gela/ prov. di Caltanissetta)

lorenzo.raniolo@dconline.info * cell. 349-8045896 *

Editorialista de < IL POPOLO > della Democrazia Cristiana

< DONNE E SOCIETÀ. > 

Fin dall’antichità il ruolo delle donne nella società intellettuale è stato rappresentato da una supposta inferiorità rispetto agli uomini e di una subalternità nei confronti di questi ultimi.

Nella società greca e poi anche in quella romana le donne, oltre che a non godere di nessun diritto politico o civile, erano anche ritenute incapaci di produrre lavoro intellettuale.

La stessa figura del precettore dei giovani di buona famiglia aristocratica era riservata a uomini, schiavi provenienti dall’oriente, acculturati, ma pur sempre uomini.

Non che la produzione culturale classica sia mancata di grandi donne, ma esse sono state apprezzate più dai posteri che dai loro contemporanei.

La formazione delle giovani interessava molto alle famiglie, ma era finalizzata al ricoprire un ruolo sociale ben determinato, quello della moglie colta, raffinata, ma sempre subalterna al marito.

Nel medioevo la condizione delle donne muta sensibilmente. La diffusione del cristianesimo e del cattolicesimo fa si che si abbia una maggiore attenzione verso il sesso femminile di cui si sottolinea non tanto l’uguaglianza con gli uomini, ma soprattutto la dolcezza e il ruolo materno.

È in questi anni che l’idea della donna come essere buono e incapace di fare del male si diffonde e si afferma. Proprio in questi fatti è riposta la spiegazione del perché le punizioni e le pene per le donne siano state, fino a tempi molto recenti molto diverse rispetto a quelle degli uomini.

Nell’età moderna in molti paesi delle donne furono chiamate a ricoprire ruoli primari alla guida dello stato in qualità di sovrane o più semplicemente di sole reggenti. Nessuno può ignorare il gran numero di regine inglesi o scandinave o la famosa Isabella di Castiglia, regina di Spagna, o, da ultima, la sanguinaria Caterina de’ Medici, reggente di Francia ai tempi della strage degli Ugonotti durante la notte di San Bartolomeo.

La donna continuò, anche per tutto il XVIII secolo ad essere individuata come capace solo di occuparsi di beneficenza o attività caritatevoli.

Non solo le erano precluse le attività intellettuali come l’insegnamento o la carriera nelle magistrature, ma si continuava a ritenere impossibile la presenza femminile nel campo della politica sia attiva, sia passiva.

Ma molte organizzazioni femminili, soprattutto nella liberale Inghilterra e nei paesi nordici, cominciarono a richiedere anche per le donne il più elementare dei diritti politici, quello di voto.

La lotta di queste donne fu intrinsecamente legato alle vicende del movimento operai e socialista: il progresso delle donne e quello del proletariato andarono di pari passo anche se, ad un certo punto, gli operai uomini videro nelle donne delle possibile avversarie e reagirono corporativamente per opporsi all’avvento delle donne in posti direzionali.

Gli strumenti di lotta delle prime femministe furono molto simili a quelli degli operai: giornali di parte e militanti che procedevano alla diffusione delle nuove idee e all’educazione delle militanti.

È noto come la maggior parte dell’elettorato femminile italiano si sia espresso il 2 giugno 1946 nel referendum istituzionale a favore della Monarchia e, nel voto per l’elezione dell’Assemblea costituente, a favore della Democrazia Cristiana.

Anche in seguito l’elettorato femminile votò più per il partito democristiano (che noi indichiamo in questa sede come una formazione moderata anche se una reale collocazione politica del partito dello scudocrociato richiederebbe un’analisi molto approfondita per via delle numerose posizioni, esistenti nel partito di Piazza del Gesù).

 

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