A cura di FILIPPO BONGIOVANNI (Firenze)
filippo.bongiovanni@dconline.info * Cell. 345-2398699 *
Segretario Organizzativo nazionale della Democrazia Cristiana italiana
Vice-Segretario nazionale del Dipartimento per la Tutela del Cittadino e per i Diritti Umani
Segretario politico regionale della Democrazia Cristiana della Regione Toscana
< DOTT. VINCENZO CESAREO (COSENZA): L’EURO CHE ABBIAMO E’ UN EURO FALSO ? > * SECONDA PARTE
Completiamo quest’oggi la pubblicazione dell’interessante contributo da parte del Dott. Vincenzo Cesareo (di Cosenza), Dirigente regionale della Democrazia Cristiana della Regione Calabria.
E’ la seconda parte dell’intervento concernente una problematica economica/monetaria di notevole interesse ed attualità !
<< Ai fini della dimostrazione che all’ 1.1.1999 è stata immessa sui mercati una moneta diversa da quella progettata da Pöhl, Delors, Carli, quanto detto è più che sufficiente.
La moneta, quale disciplinata dal TUE, era stata giudicata dal suo diretto responsabile ed utilizzatore, il Presidente Pöhl, corrispondente al preesistente “marco”. Per forza logica lo “euro” oggi circolante, disciplinato da norme diverse da quelle del TUE, non può per definizione considerarsi simile al vecchio “marco”.
Sarebbero dovuti sorgere immediati dubbi sulla idoneità dell’euro voluto dal regolamento a produrre crescita. Il marco era stato fattore di sviluppo. Lo “euro falso” ha cancellato i poteri ed i mezzi di cui gli Stati avrebbero potuto e dovuto avvalersi per produrre sviluppo. Il regolamento non li ha sostituiti con altri poteri e mezzi. L’effetto di crescita, quale avrebbe dovuto prodursi in conseguenza naturale dell’obbligo imposto come permanente a tutti indistintamente gli Stati, era affermato in via “assiomatica”.
Non trovava conferma in alcuna esperienza. Il debito pubblico dell’UK nel secolo della rivoluzione industriale e della espansione imperialistica superò quello antecedente o contemporaneo di qualsiasi altra economia.
L’indebitamento USA, negli anni dal 1939 al 1945 aumentò vertiginosamente da poco più del 40% ad oltre il 100%. Furono immediatamente riassorbiti quindici milioni di disoccupati.
Consentì agli USA di uscire dalla guerra quale principale potenza politica, militare, economica e scientifica nel mondo. Se non sono reperibili esperienze storiche conformi, se non vengono addotte a sostegno argomentazioni basate su rapporti di causa ed effetto oggettivamente verificabili, la fiducia nell’obiettivo assiomatico deve restare necessariamente ed unicamente affidata ai risultati.
Dal 1999 ad oggi sono tdunque rascorsi oltre vent’anni. Un periodo che nelle attuali condizioni storiche può considerarsi un tempo lungo, più che medio.
Le risultanze statistiche sono inequivocabili. Italia, Germania, Francia, nei quattro decenni dal 1950 al 1991, con tassi medi del PIL pari rispettivamente a 4.36%, 4.05% e 3.86% (elaborazioni su dati omogeneizzati Maddison) risultavano nello sviluppo i primi tre Paesi democratici occidentali, precedendo USA (3.45%) ed UK (2.08%).
Nei sei anni anteriori alla entrata in vigore del TUE (1987-1992) le medie, in conseguenza degli effetti costrittivi derivanti dall’ultima fase di attuazione del Piano Werner, risultarono rispettivamente del 2.68%, 2.05%, 2.91%.
Sarebbero risultate superiori ai dati del sessennio della fase transitoria della omogeneizzazione (1.34%, 1.32%, 1.40%). Le medie complessive dei 15 anni successivi al 1.1.1999 sono state per i tre Paesi dello 0.38%, dell’1.36%, dell’1.38%.
A partire dal 2000 i tre maggiori Stati membri, oltre a beneficiare della ormai consolidata disciplina della eliminazione anche fisica delle dogane, sarebbero stati avvantaggiati dalla eliminazione nell’ambito dell’area euro dei costi di transazione ed anche dall’aumento del numero dei partecipanti all’Unione (tredici in più) e distintamente all’euro (cinque in più).
Ebbene, in una graduatoria insospettabile (v. Pocket World in Figures dell’Ecoomist, edizione 2013, pag. 30) degli Stati con minore sviluppo nel mondo nel decennio 2000-2010 l’Italia figura come terza peggiore economia, la Germania come decima peggiore economia, la Francia come quattordicesima peggiore economia.
Ancora più significativa è la presenza di dodici Stati europei, se consideriamo anche quelli dell’Unione, tra i primi trentacinque della graduatoria dei peggiori nel mondo!
Nella analoga graduatoria del decennio antecedente (1990-2000) non figurava nessuno Stato europeo. Si deve dedurre che il fattore cruciale ampiamente responsabile della depressione europea, e specificamente dell’area euro, deve avere cominciato ad operare poco prima o poco dopo l’inizio del nuovo millennio. In astratto avrebbe potuto trattarsi tanto di un fattore interno alla UE e/o alla zona euro, quanto di un fattore a questa esterno.
Un’altra statistica esclude la seconda ipotesi. La media di crescita del PIL nel mondo nel ventennio 1975/95 era stata del 2.8% (v. Rapporto sullo sviluppo umano, 1999), la popolazione totale nel 1997 era pari a 5 miliardi e 741 milioni.
È oggi di oltre 7 miliardi. Il tasso di sviluppo è stato superiore al 4% negli anni dal 2004 al 2013. Ha superato il 5% negli anni 2006 (5.3%), 2007 (5.4%) e 2010 (5.1%). L’intero mondo si caratterizza attualmente per una crescita continua e generalizzata in tutti i continenti.
La media di crescita del PIL nell’area euro nel decennio 1991-2003 è stata del 2.2%. Quella del 2013 (previsioni per l’ultimo anno) è del -2% (v. anche per il dato riferito al mercato, USA, Economic Report of the President, 2013, pag. 452). La causa era dunque interna.
Il fattore nuovo accertato nell’anno 1999 e/o nell’anno antecedente od in quello successivo, è l’immissione nei mercati dello euro “falso” disciplinato dal reg. 1466/97, a partire dal 1.1.1999. Non possono esservi dubbi. Il reg. 1466/97 è causa prima ed unica del fenomeno depressivo in corso nei singoli Paesi e nell’intera area euro dal 1.1.1999.”
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