Sottotitolo :“Certi amori, pur abitando sotto lo stesso tetto, vivono più lontani che a migliaia di chilometri.”
La vita di coppie sposate a volte trova difficoltà e spesso ci si trova a fare scelte affrettate, ma ci sono metodi più sereni per ovviare a scelte drastiche, quindi scegliere una mediazione familiare potrebbe essere un percorso idoneo nel quale un mediatore imparziale permette ai componenti di una famiglia in crisi, normalmente i genitori, di parlare in maniera costruttiva del proprio conflitto e delle modalità future dell’affidamento dei propri figli.
Il mediatore è colui quindi che media le diverse istanze, non prende le parti di uno o dell’altro, ha come interesse primario l’unità genitoriale, la divisione dei ruoli nel nuovo stato di cose e soprattutto che i figli possano contare sempre sui genitori, limitando l’odioso fenomeno per il quale i padri escono dalla vita dei figli dopo il divorzio o dopo un nuovo matrimonio oppure che usciti da casa smettano di onorare gli obblighi economici. Sono quindi quelli che accompagnano verso una trasformazione. Lo scopo è quello di facilitare la comunicazione e il dialogo al fine di trovare soluzioni che siano soddisfacenti per tutti i membri della famiglia, coinvolti nel conflitto.
Un matrimonio che finisce è sempre un avvenimento doloroso, prevede una elaborazione dei fatti, un lutto, una caduta, una rinascita e spesso coinvolge anche i figli che finisco per fare la parte delle vittime innocenti.
La parola chiave è che spesso, sopraffatti dalle emozioni non siamo capaci di affrontare il conflitto, il dolore e il rancore non ci aiutano a essere lucidi e probabilmente tra rabbia e dolore rischiamo di complicare ancora di più i fili della matassa.
Uno tsunami emotivo è quello che attraversiamo quando dobbiamo ammettere che il nostro progetto di vita non ha funzionato, ammettere una sconfitta non è facile, superarlo è possibile. Sia nel momento in cui si inizia a pensare che una unione sia finita o in qualsiasi fase ci si trovi è possibile contare su un aiuto qualificato, quello dei ‘mediatori’, persone preparate che accompagnano la coppia verso la fine del loro rapporto con una missione particolare: dividere la coppia sentimentale ma mantenere quella genitoriale.
Bisognerebbe evitare che i figli diventino oggetto del conflitto alla stregua del servizio di tazzine della bisnonna o della villa al mare, lo scopo è quello di accompagnare la coppia verso un nuovo assetto in cui se l’amore è finito rimanga il rispetto e se possibile la stima oltre ad un progetto condivido che tuteli i minori. Molto sensato a parole, molto difficile nella pratica.
Ruolo poco conosciuto e diverso da quello del legale che è chiamato a tutelare dal punto di vista più tecnico ed economico ma che non può assumersi l’onere di accompagnare i coniugi in un percorso psicologico. Non è semplicemente il compito di un avvocato e quindi il mediatore si pone come obiettivo di condividere questo percorso e di essere una figura complementare. I principi cardini della mediazione sono la partecipazione volontaria, la buona fede e l’impegno di ciascuno. Se una delle persone coinvolte nel conflitto si rifiuta di partecipare, la mediazione non è possibile.
Il fattore che ha contribuito ad un aumento delle separazioni è stato il ruolo dei social network, dove i tradimenti si sviluppano e nello stesso tempo vengono scoperti. Un fenomeno degno di attenzione negli ultimi anni è quello della richiesta di separazione da parte di uomini over 60 legata al desiderio di rifarsi una vita magari con la giovane badante dei genitori, altro motivo di separazione è la differenza di cultura e di posizione sociale nella coppia.
“Una grande disparità non funziona quasi mai”.
di Antonio Gentile