Arriva la prima azione legale contro Facebook e il suo amministratore delegato Mark Zuckerberg per il tonfo in Borsa di giovedì, quando i titoli hanno bruciato 120 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato. L’azionista James Kacouris presenta una causa al tribunale di New York, accusando Facebook, Zuckerberg e il chief financial officer David Wehner di comunicazioni fuorvianti sul rallentamento della crescita dei ricavi, il calo dei margini operativi e quello degli utenti attivi.
Nella denuncia l’accusa è rivolta al social media e il suo patron di aver diffuso dichiarazioni fuorvianti o non esaurienti sulla frenata dei ricavi, sul calo dei margini operativi e sulla fuga degli utenti. Il caso potrebbe trasformarsi in class-action, una causa collettiva, secondo molti, dovrebbe fare un passo indietro volontariamente o a forza.
Alcuni azionisti hanno presentato senza successo già lo scorso anno una proposta per chiedere l’elezione di una figura più indipendente alla guida del consiglio di amministrazione, rimuovendo di fatto Zuckerberg. Il fondatore di Facebook ha, secondo molti osservatori, troppo potere e ha optato per una struttura di governance al di sotto degli standard vigenti e che andrebbe corretta.
Facebook, così come Twitter, si trova a camminare su una linea sottile alle prese con il suo pubblico e la politica da un lato e Wall Street dall’altro. Tutte e due le società hanno come obiettivo quello di dimostrare di poter gestire appieno la loro rete in modo indipendente: non farlo le espone al rischio di norme stringenti che mettono in pericolo il loro modello di business. Ma nell’essere “poliziotti” della loro stessa rete, controllando dalle fake news ai dati, Facebook e Twitter devono spendere molto e questo non piace a Wall Street.
Un equilibrio quindi difficile da raggiungere e anche complicato dai recenti scandali, con Facebook travolta da Cambridge Analytica e alle prese con le nuove norme sulla privacy europee. Ma soprattutto alle prese con la perdita di fiducia degli “amici” e con la sfida di conquistare i millenial, sui quali non riesce a far breccia e che anzi lo considerano un social “vecchio”. Sfide queste che arrivano mentre si avvicinano le elezioni di medio termine negli Stati Uniti e l’attenzione è alta per eventuali interferenze russe proprio tramite i social.
Questa volta Facebook avrà solo il pollice verso il basso, vittima di se stessi e dell’idea del team che aveva pensato di lanciare sul mercato e sullo stesso FB, “il pollice verso doveva essere utilizzato per dire “no” anziché “sì” nelle conversazioni private. Messenger, infatti, è spesso utilizzato per organizzare uscite, cene e ritrovi e queste grafiche sono utilizzate al posto delle parole. Il pollice all’insù ad esempio in questo caso, non viene utilizzato per dichiarare apprezzamento per il contenuto del messaggio, ma semplicemente per dire sì. La stessa funzione è prevista per il pollice al’ingiù, rimanendo lontani dunque dal rischio di boicottare messaggi, immagini e contenuti pubblici. Cosa dire, destino oppure un tragico presagio per la società americana?
di Antonio Gentile