L’algoritmo in questione è in grado di determinare se una certa parola, utilizzata sulla piattaforma, sia da censurare o meno. Ma molte volte, come in questo caso, limiti del genere possono spingersi oltre. Leggete la strana storia di una famiglia di Treviso.
Una famiglia di Treviso, è titolare dal 1952 di una concessionaria di automobili con moltissimi marchi conosciuti in tutto il mondo. Ultimamente la famiglia in questione, ha voluto seguire il trend del momento, ovvero pubblicizzare la propria attività sui social network, su Facebook in particolare. Sarebbe andato tutto bene se solo la piattaforma non avrebbe censurato l’annuncio della concessionaria, ritenendolo volgare.
L’annuncio in questione è stato rigettato dal portale in modo automatico, grazie o per colpa dell’algoritmo. La giustificazione è appunto quella sulla volgarità, anche se di volgarità nell’annuncio non ne erano presenti. Nessuna parolaccia e nessun insulto. Il dubbio è arrivato pensando che il social network abbia scartato l’annuncio a causa del cognome della famiglia in questione, anche se Negro o Negri è un cognome diffusissimo in Italia.
Ovviamente, trattandosi di un algoritmo, non è stato in grado di capire se si trattasse di un insulto o di altro, vedendo la parola, ha subito censurato il post. A questo punto, dopo questa censura, ci viene da pensare che sì, la piattaforma abbia ridotto in modo drastico il tono volgare, ma non è giusto che un’attività debba rinunciare ad una propria promozione per “colpa” del proprio cognome. Forse, è anche per questo motivo che ogni giorno migliaia di utenti decidono di abbandonare la piattaforma di Mark Zuckerberg.
dal web di Antonio Gentile