A cura di Gabriella Strizzi (Ancona) * cell. 351-9686977 * gabriella.strizzi@dconline.info * segretario.nazionale@dconline.info * Segretario politico nazionale Vicario della D.C. e Commissario regionale straordinario Democrazia Cristiana della regione Marche.
www.ilpopolo.news *
www.democraziacristianaonline.it *
< Gabriella Strizzi (D.C.): mettere al primo posto dell’agenda governativa misure che affrontino le urgenti problematiche occupazionali e del mondo del lavoro ! >
La Democrazia Cristiana deve sviluppare urgentemente un’azione politica che metta al primo posto le problematiche occupazionali e del mondo del lavoro, legate inevitabilmente ad una complessa situazione sociale che si sta ogni giorni di più aggravando anche in Italia.
Il primo dato da tener presente in tutta la sua drammaticità è che l’Italia in tre mesi ha perso ben 500.000 posti di lavoro.
È questo infatti un primo drammatico bilancio delle conseguenze della pandemia sulle problematiche della disoccupazione.
Lo dicono a chiare lettere i dati dell’ultimo rapporto OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) presentato nel corso di un incontro svoltosi recentemente presso l’Università Cattolica di Milano.
Il convegno (che è stato possibile seguire anche attraverso la diretta facebook) è stato coordinato dal Prof. Michele Faioli, dell’Università Cattolica di Milano ed ha visto gli interventi degli esperti Luca Colombo, Andrea Garnero, Claudio Lucifora.
E’ un andamento peggiore che nel resto di molti altri Paesi colpiti dalla pandemia L’impatto sul mercato del lavoro del Covid-19 è stato immediato e moto pesante.
In pochi mesi i progressi fatti negli ultimi dieci anni sono stati spazzati via: nei 37 Paesi Ocse il tasso di disoccupazione è passato dal 5,3% di gennaio all’8,4% di maggio.
E tra i Paesi più colpiti c’è sicuramente l’Italia, che in soli tre mesi ha perso ben 500.000 posti di lavoro. Si tratta delle devastanti implicazioni della crisi sanitaria che si sono riversate sul mercato del lavoro sia internazionale che nazionale.
Ne ha parlato diffusamente – nel summenzionato incontro del Dipartimento “Economia e finanza” all’Università Cattolica – l’economista Andrea Garnero. della Direzione dell’OCSE per l’Occupazione, il Lavoro e gli Affari Sociali.
Nel corso dell’incontro all’Università Cattolica è stata dunque sviluppata una attenta analisi sui temi del lavoro nei Paesi più sviluppati, dedicando grande attenzione sia all’impatto dell’emergenza Covid che alle politiche che i governi nazionali dovrebbero sviluppare per ridurre gli effetti della pandemia sulle problematiche del lavoro e dei lavoratori.
Nell’aprire il dibattito prof. Luca Colombo ha puntualizzato che: << La sospensione forzata di gran parte dell’attività economica, associata alle misure di lockdown adottate in molti Paesi, nonchè la disarticolazione delle catene globali del valore hanno causato una crisi economica senza precedenti.
In moltissimi Paesi gli interventi a supporto dei redditi sono stati immediati e ingenti. Si calcola che in Europa l’intervento discrezionale a sostegno dell’economia (sussidi e crediti a favore di famiglie e imprese e differimento del pagamento di imposte) sia stato di oltre il 3,5% del Pil dell’area, oltre naturalmente all’azione degli stabilizzatori automatici pari a un ammontare intorno al 5% del Pil».
Ciononostante – ha aggiunto il prof. Colombo – nell’area OCSE, la caduta del Pil tra l’ultimo trimestre del 2019 ed il secondo trimestre 2020 è stata pari più o meno al 15%.
Il numero di ore lavorate nei Paesi Ocse per i quali ci sono dati disponibili (Australia, Canada, Corea, Giappone, Stati Uniti) è caduto in misura dieci volte superiore nei primi tre mesi della crisi COVID-19 rispetto a quanto accaduto nei primi tre mesi della crisi finanziaria globale del 2008-2009 >>.
<< I dati emersi dal rapporto non sono per nulla confortanti – ha sottolineato Andrea Garnero – ed in media nei 37 paesi Ocse il tasso di disoccupazione dal 2008 a oggi, dopo una relativamente lenta diminuzione dal picco del 2010, da inizio 2020 in cui si era arrivati al 5,3% è schizzato all’8,5%, ad aprile, e poi, all’8,4%, a maggio.
Quindi in pochi mesi sono stati spazzati via i progressi fatti in dieci anni.
Il tasso di disoccupazione non è necessariamente l’indicatore migliore da guardare per una crisi di questo genere. Quello che vediamo per il caso italiano se guardiamo al totale degli occupati è che è sceso di 500.000 unità nei tre mesi di marzo, aprile, maggio 2020. È un numero molto importante con un calo ad aprile molto più forte anche rispetto ai mesi del picco della crisi del 2008.
Tanto più importante e grave – ha aggiunto Andrea Garnero – se pensiamo che la cassa integrazione era stata estesa a tutti ed era stato introdotto un divieto di licenziamento, ancora in vigore. Quindi nonostante due misure così radicali e così estreme mai prese prima, il numero di occupati è sceso.
Come se non bastasse la fortissima perdita occupazionale è stata accompagnata da un crollo del numero di assunzioni: la variazione degli annunci giornalieri pubblicati online dalle imprese tra febbraio e giugno 2020 è stata molto forte, crollando in Italia del 30% e in altri paesi addirittura del 50-60%.
Altro dato significativo è che tra i lavoratori rimasti occupati una grossa percentuale in realtà non era al lavoro. Se nell’aprile del 2019 circa il 5% delle persone non lavorava per ferie o malattie ad aprile 2020 un terzo dei lavoratori definiti occupati era in cassa integrazione, facendo registrare rispetto allo stesso mese dell’anno precedente un aumento del 33%.
Inoltre, guardando il numero delle ore di lavoro nei primi tre mesi della crisi Covid-19, l’impatto iniziale è stato dieci volte tanto di quello della crisi del 2008.
Le ore di lavoro in Australia, Canada, Giappone, Corea, Svezia e Stati Uniti sono diminuite del 12,2% rispetto all’1,2% dei primi tre mesi della crisi 2008-2009. Una percentuale che è esplosa in Italia, che è tra i paesi più colpiti nell’area OCSE.
Se consideriamo il numero di occupati e le ore di lavoro di questi occupati il calo totale è stato circa del 28% più forte che in Canada, negli Stati Uniti e di altri paesi di cui disponiamo i dati >>.
Secondo Andrea Garnero sono due i messaggi da cogliere da questi dati.
Il primo è di tenere sotto controllo la pandemia altrimenti si cade in nuove misure restrittive che pesano sull’economia.
Il secondo è che la ripresa ci sarà ma i costi da affrontare dureranno non solo nei prossimi trimestri ma anche negli anni a venire.
<< Un’altra considerazione da fare è che la pandemia non è una «grande livella» ma anzi rischia di «ampliare ulteriormente le disuguaglianze» dal momento che a subire maggiormente gli effetti del Covid-19 sono i lavoratori più vulnerabili, a basso salario e che non possono fare il telelavoro, quelli autonomi e a tempo parziale, le donne e i giovani. Basti pensare che la disoccupazione giovanile è passata dall’11,2% di febbraio al 17,6% di maggio.
Quanto all’Italia serve ora passare a una fase di ricostruzione di “Building better” che si fondi su vari pilastri, tra cui politiche attive e passive, un adattamento della cassa integrazione, un maggiore contatto con i giovani, la creazione di nuovi posti di lavoro.
Per questo le politiche che riusciranno a guidare una riallocazione delle risorse saranno quanto mai importanti. Lo scenario peggiore» che si potrebbe prospettare, anche con i fondi del “Recovery Fund”, sarebbe quello di distribuire a pioggia le risorse mantenendo ancora in vita imprese ormai decotte>>.
A cura di Gabriella Strizzi (Ancona) * cell. 351-9686977 * gabriella.strizzi@dconline.info * segretario.nazionale@dconline.info * Segretario politico nazionale Vicario della D.C. e Commissario regionale straordinario Democrazia Cristiana della regione Marche. www.ilpopolo.news * www.democraziacristianaonline.it *