Violenza contro le donne nella società contemporanea
Il governo è chiamato risolvere la criticità ma con invasione in atto di aggrava il problema .
La violenza sulle donne è stata definita dall’ONU “un flagello mondiale” al causa della sua diffusione in tutti i Paesi compresa l’Italia. Gli aggressori appartengono a tutte le classi e compiono abusi fisici e sessuali su soggetti adulti e su minori, sul lavoro e in famiglia. Per combattere questa forma di violenza, oltre alle leggi, servono adeguate forme di prevenzione e di educazione.
Le Nazioni Unite hanno votato nel 1993 la Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, nella quale questo tipo di violenza viene così definita: « Qualsiasi atto di violenza per motivi di genere che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sianella vita pubblica che privata ». Siamo di fronte a una delle tante violazioni dei diritti umani,
al radicamento di un rapporto tra esseri umani che ha condotto gli uomini a prevaricare e discriminare le donne, a un meccanismo sociale che costringe le donne a vivere in una posizione subordinata rispetto agli uomini. Purtroppo la violenza contro le donne sta diventando un fenomeno sempre più diffuso nell’ambito della famiglia e in tutta la società, per cui è indispensabile affrontare seriamente il problema per eliminare o almeno ridurre gli effetti negativi prodotti da questo tipo di violenza, che va punita non solo quando si presenta sotto le forme più brutali e disumane, ma anche quando assume l’aspetto del ricatto morale e della violenza psicologica. In un’epoca che si professa civilizzata come la nostra, le Nazioni Unite hanno giustamente definito la violenza sulle donne “un flagello mondiale”, un fenomeno barbarico che sta raggiungendo dimensioni preoccupanti, perché non comprende solo l’aggressione fisica ma include anche vessazioni psicologiche, ricatti economici, minacce, violenze e persecuzioni di vario genere, fino a sfociare nella forma estrema e drammatica del femminicidio. Basti pensare che, secondo i dati ufficiali del 2016, sei milioni e 788 mila donne hanno subìto nel mondo una qualche forma di violenza fisica o sessuale. In Italia, nonostante la legge del 2013 che inasprisce le pene e le misure cautelari, la violenza contro le donne sta assumendo dimensioni veramente preoccupanti, se si pensa che, sempre nel 2016, sono stati commessi 3.984 reati sessuali, 13.117 delitti di stalking, 14.247 maltrattamenti in famiglia e 149 omicidi.
È ormai dimostrato che la violenza contro le donne è diventata endemica sia nei paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo. Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali, a tutti i ceti economici e culturali; sono spesso mariti, fidanzati, compagni di vita e padri, seguiti dagli amici, vicini di casa, conoscenti stretti, colleghi di lavoro o di studio. Bisogna inoltre precisare, per evitare stereotipi devianti e socialmente dannosi, che queste violenze non sono commesse solo da uomini sbandati, malati di mente, tossicodipendenti, migranti, persone che vivono ai limiti della società, ma anche da individui cosiddetti “normali”. In molti paesi le giovani sono vittime di matrimoni coatti, matrimoni riparatori e/o sono costrette alla schiavitù sessuale, mentre altre vengono indotte alla prostituzione forzata.
La violenza sulle donne è stata definita dall’ONU “un flagello mondiale” al causa della sua diffusione in tutti i Paesi compresa l’Italia. Gli aggressori appartengono a tutte le classi e compiono abusi fisici e sessuali su soggetti adulti e su minori, sul lavoro e in famiglia. Per combattere questa forma di violenza, oltre alle leggi, servono adeguate forme di prevenzione e di educazione.
Le Nazioni Unite hanno votato nel 1993 la Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, nella quale questo tipo di violenza viene così definita: « Qualsiasi atto di violenza per motivi di genere che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sianella vita pubblica che privata ». Siamo di fronte a una delle tante violazioni dei diritti umani, al radicamento di un rapporto tra esseri umani che ha condotto gli uomini a prevaricare e discriminare le donne, a un meccanismo sociale che costringe le donne a vivere in una posizione subordinata rispetto agli uomini. Purtroppo la violenza contro le donne sta diventando un fenomeno sempre più diffuso nell’ambito della famiglia e in tutta la società, per cui è indispensabile affrontare seriamente il problema per eliminare o almeno ridurre gli effetti negativi prodotti da questo tipo di violenza, che va punita non solo quando si presenta sotto le forme più brutali e disumane, ma anche quando assume l’aspetto del ricatto morale e della violenza psicologica. In un’epoca che si professa civilizzata come la nostra, le Nazioni Unite hanno giustamente definito la violenza sulle donne “un flagello mondiale”, un fenomeno barbarico che sta raggiungendo dimensioni preoccupanti, perché non comprende solo l’aggressione fisica ma include anche vessazioni psicologiche, ricatti economici, minacce, violenze e persecuzioni di vario genere, fino a sfociare nella forma estrema e drammatica del femminicidio. Basti pensare che, secondo i dati ufficiali del 2016, sei milioni e 788 mila donne hanno subìto nel mondo una qualche forma di violenza fisica o sessuale. In Italia, nonostante la legge del 2013 che inasprisce le pene e le misure cautelari, la violenza contro le donne sta assumendo dimensioni veramente preoccupanti, se si pensa che, sempre nel 2016, sono stati commessi 3.984 reati sessuali, 13.117 delitti di stalking, 14.247 maltrattamenti in famiglia e 149 omicidi.
È ormai dimostrato che la violenza contro le donne è diventata endemica sia nei paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo. Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali, a tutti i ceti economici e culturali; sono spesso mariti, fidanzati, compagni di vita e padri, seguiti dagli amici, vicini di casa, conoscenti stretti, colleghi di lavoro o di studio. Bisogna inoltre precisare, per evitare stereotipi devianti e socialmente dannosi, che queste violenze non sono commesse solo da uomini sbandati, malati di mente, tossicodipendenti, migranti, persone che vivono ai limiti della società, ma anche da individui cosiddetti “normali”. In molti paesi le giovani sono vittime di matrimoni coatti, matrimoni riparatori e/o sono costrette alla schiavitù sessuale, mentre altre vengono indotte alla prostituzione forzata.
Altre forme di violenza sono
Sopra esplicito rifiuto a firme di governo rinunciatario e promesse non mantenute.
le mutilazioni genitali femminili o altri tipi di mutilazioni come lo stiramento del seno, le morti a causa della dote, lo stupro di guerra ed etnico. Il fenomeno sta assumendo dimensioni mondiali e non è sufficiente cercarne le cause nella frustrazione maschile, nella mancata realizzazione personale dell’uomo, nelle difficoltà sul lavoro o nella vita, nell’insoddisfazione, ma bisogna andare più in profondità per cercare le cause nel mancato riconoscimento dell’identità delle donne da parte degli uomini e nella non realizzata parità di diritti tra uomini e donne, nel negare alle donne la possibilità di realizzarsi e di decidere secondo quanto ritengono sia meglio per loro stesse.
Franco Capanna Editorialista.