di Maria Grazia Lenti su www.ilpopolo.news
Riferiti all’anno come lo chiamavano i romani, da annus, il cerchio che periodicamente riporta sui suoi passi il motore del tempo, nacquero i primi calendari impostati sul moto di un astro, quasi sempre uno degli astri maggiori, o tutti e due nel caso di calendari lunisolari.
E’ innegabile infatti che lo scorrere del tempo, e quindi il calendario, siano in relazione con i maggiori cicli astronomici e perciò avremo l’anno pari al ciclo stagionale, e quindi al periodo di rivoluzione della Terra attorno al Sole, il mese basato sulle fasi lunari e le settimane che fondano la propria origine, oltrechè nel ciclo lunare e nella tradizione biblica della creazione, anche nei babilonesi che identificavano ogni giorno con una divinità e quindi con uno dei sette astri maggiori (Sole, Luna ed i 5 pianeti visibili).
Da tutto ciò si ottiene una progressione dei giorni a partire da una data d’inizio, il Capodanno, che è stata anch’essa protagonista di modifiche e di successive revisioni. Gli egizi ad esempio contavano i giorni dell’anno a partire dal levare eliaco della stella Sirio, all’incirca in prossimità del solstizio d’estate ed in concomitanza dell’arrivo delle inondazioni del Nilo. Per gli antichi romani invece l’inizio dell’anno decorreva a partire dalla primavera, sino a che non fù deciso di iniziare dal primo di gennaio probabilmente perchè in prossimità di tale data il Sole, passando per il solstizio d’inverno, segnava l’inizio di un nuovo ciclo.
Ogni popolo ed ogni civiltà contano generalmente gli anni a partire da un determinato evento. Così nel calendario gregoriano si contano a partire dalla nascita di CRISTO, in quello giuliano a partire dalla fondazione di Roma ed in quello islamico dall’Egira. Esistono tuttavia dei popoli che numerano gli anni raggruppandoli in cicli come i cinesi o gli eschimesi.
Anche l’inizio del giorno è stato soggetto a variazioni. In passato esso iniziava mezz’ora dopo il tramonto, all’avemaria, o a mezzogiorno quando il Sole passa al meridiano. La sua suddivisione in 24 ore risale invece all’epoca dell’Italia dei comuni, quando si introdussero i campanili che con il loro scoccare segnavano il passare del tempo.
Tra il 6 e il 15 ottobre 1582, in Italia e in Spagna non accadde assolutamente nulla, nel vero senso della parola. Non troverete facilmente queste date nei documenti storici, perché questi giorni non sono mai esistiti. Il sole sorse come al solito, e tramontò, solo che al 5 ottobre 1582 seguì il 16 ottobre 1582. Nessun arcano: dietro vi è semplicemente il potere della Chiesa, che quell’anno fece scomparire così, di botto, 10 giorni, per far coincidere la Santa Pasqua con la data stabilita secoli prima dal Concilio di Nicea: era entrato in vigore il Calendario gregoriano, come racconta il doodle di Google odierno.
Papa Gregorio XIII, al secolo Ugo Boncompagni, arrivò a ricoprire la massima carica ecclesiastica nel 1572. Aveva esattamente 70 anni, una formazione da giurista (una laurea e un dottorato prima del sacerdozio) ed era un tenace persecutore dei protestanti. In uno dei momenti di riposo dalle sue incombenze, possiamo immaginarlo passeggiare nella Torre dei Venti del Vaticano in compagnia dello scienziato Egnatio Danti (Pellegrino Rainaldi Danti, all’anagrafe), e discutere per ore di una questione astronomica urgente: il giorno dell’equinozio di primavera si era spostato di 10 giorni dal Concilio di Nicea (325 d.C.), dal 21 marzo all’11 marzo. Le meridiane mostravano, infatti, che il Sole si trovava all’equinozio con anticipo di 10 giorni. Niente di troppo grave, se non fosse che in questo modo sballava completamente la data per la Pasqua, da celebrare, secondo il dettame del concilio, “ la prima domenica che segue il plenilunio successivo all’equinozio di primavera”. Era evidente che il Calendario Giuliano, in vigore dal 46 a.C., poneva un problema di ordine religioso che non poteva più essere ignorato.
Questo problema, anche matematico, si può quantificare in uno scarto di 0,78 giorni ogni secolo:Sosigene, l’astronomo di Giulio Cesare, aveva calcolato la durata di un anno in 365, 25 giorni, e aveva ovviato aggiungendo un giorno in più ogni 4 anni (il 24 febbraio era doppio, il bis sextus dies ante calendas martias, da cui anno bisestile). In realtà, però, l’anno è diviso in 365,2422 giorni.
Quindi, oltre a dover cancellare al più presto i 10 giorni di troppo che si erano accumulati, bisognava intervenire per tenere fermo l’equinozio di primavera sul 21 marzo. Proprio per questo, Gregorio XIII aveva chiamato a Roma Danti, nel 1580, come cosmografo e matematico pontificio: per mettere a punto un nuovo calendario. Il risultato fu una modifica della regola dei giorni bisestili, come segue.
Il giorno bisestile viene inserito ogni 4 anni (quelli divisibili per 4) come 29 febbraio, tranne al compimento dei secoli (1700, 1800 e così via), e viene inserito anche negli anni divisibili per 400, che siano centenari o meno (1600 e 2000, per esempio).
Auguri al calendario Gregoriano che compie i venerabili 436 anni…ma se li porta sicuramente bene!!!
di Maria Grazia lenti.