Il.messaggio della madonna del 25 gougno la Madonna parla di pregare per evitare una guerra mondiale

 

Siamo alle soglie della terza guerra mondiale?

Il messaggio della Madonna in Medjugorie parla delmpericolo di guerra mondiale e.pregare  finché non avvenga ma la gente non prega e il.pericklo c’è. 

«Non voglio spaventare nessuno, ma la guerra non è più un concetto del passato, è reale, è già iniziata più di due anni fa: la cosa più preoccupante è che ogni scenario è possibile e che è la prima volta, dal 1945, che ci troviamo in una situazione del genere». Lo ha detto qualche giorno fa il premier polacco Donald Tusk, in un’intervista che ha avuto larghissima risonanza.

Tusk, che è un personaggio politico di primo piano anche a livello internazionale – è stato presidente del Consiglio europeo dal 2014 al 2019 –, era ben consapevole della gravità delle sue affermazioni: «So che sembra devastante, soprattutto per i più giovani» – ha riconosciuto –, «ma dobbiamo abituarci mentalmente all’arrivo di una nuova era, è l’era prebellica».

Come ha fatto notare il premier polacco, era dal 1945, dalla fine della seconda guerra mondiale, che non ci si trovava sull’orlo di un conflitto globale.

La guerra impossibile
In particolare, per quanto riguarda l’Europa – con la sola eccezione delle guerre, molto localizzate e circoscritte che avevano segnato la dissoluzione della ex Jugoslavia, alla fine del secolo scorso –, la pace non era mai stata veramente minacciata. Ma anche a livello mondiale, neppure nel periodo della «guerra fredda» essa era stata così gravemente in pericolo.

Non perché non ci fossero più motivi di contrasto – essi erano fortissimi, perché anche ideologici –, ma per il radicale cambiamento che l’introduzione delle armi nucleari aveva prodotto nella valutazione di una possibile guerra.

Dopo Hiroshima e Nagasaki, essa non poteva più essere concepita solo come lo scontro tra due apparati militari, da cui uno dei due sarebbe uscito vittorioso.

Ne avevano preso atto gli intellettuali. In un saggio del 1979, Il problema della guerra e le vie della pace, Norberto Bobbio aveva concluso che ormai le potenzialità distruttive delle armi create dall’uomo aprivano inediti scenari di distruzione su scala planetaria, al punto da mettere a rischio la sopravvivenza stessa della specie umana.

La guerra termonucleare, a differenza delle altre passate, potrebbe non permettere una distinzione tra vincitori e vinti, accomunando tutti nella stessa catastrofe.

A questa pace fondata sul principio della «mutual assured destruction» (mutua distruzione assicurata) avevano aderito anche i due leader delle superpotenze mondiali di allora, Ronald Reagan e Michail Gorbaciov, in un vertice bilaterale tenutosi a Ginevra il⁷ città e infrastrutture, ma anche quelle «tattiche», pensate per un uso più circoscritto, sul campo di battaglia.

In realtà, il ricorso di una delle due parti in guerra a queste ultime provocherebbe l’immediata risposta simmetrica dell’altra parte, aprendo la porta a una escalation di cui è facile prevedere fin da ora l’esito.

parla di guerra mondiale diale e pregare per non farla davvero.

Ma la ge te prega poi ? Non penso

guerra

«Non voglio spaventare nessuno, ma la guerra non è più un concetto del passato, è reale, è già iniziata più di due anni fa: la cosa più preoccupante è che ogni scenario è possibile e che è la prima volta, dal 1945, che ci troviamo in una situazione del genere». Lo ha detto qualche giorno fa il premier polacco Donald Tusk, in un’intervista che ha avuto larghissima risonanza.

Ma

Tusk, che è un personaggio politico di primo piano anche a livello internazionale – è stato presidente del Consiglio europeo dal 2014 al 2019 –, era ben consapevole della gravità delle sue affermazioni: «So che sembra devastante, soprattutto per i più giovani» – ha riconosciuto –, «ma dobbiamo abituarci mentalmente all’arrivo di una nuova era, è l’era prebellica».

Come ha fatto notare il premier polacco, era dal 1945, dalla fine della seconda guerra mondiale, che non ci si trovava sull’orlo di un conflitto globale.

La guerra impossibile

In particolare, per quanto riguarda l’Europa – con la sola eccezione delle guerre, molto localizzate e circoscritte che avevano segnato la dissoluzione della ex Jugoslavia, alla fine del secolo scorso –, la pace non era mai stata veramente minacciata. Ma anche a livello mondiale, neppure nel periodo della «guerra fredda» essa era stata così gravemente in pericolo.

Non perché non ci fossero più motivi di contrasto – essi erano fortissimi, perché anche ideologici –, ma per il radicale cambiamento che l’introduzione delle armi nucleari aveva prodotto nella valutazione di una possibile guerra.

Dopo Hiroshima e Nagasaki, essa non poteva più essere concepita solo come lo scontro tra due apparati militari, da cui uno dei due sarebbe uscito vittorioso.

Ne avevano preso atto gli intellettuali. In un saggio del 1979, Il problema della guerra e le vie della pace, Norberto Bobbio aveva concluso che ormai le potenzialità distruttive delle armi create dall’uomo aprivano inediti scenari di distruzione su scala planetaria, al punto da mettere a rischio la sopravvivenza stessa della specie umana.

La guerra termonucleare, a differenza delle altre passate, potrebbe non permettere una distinzione tra vincitori e vinti, accomunando tutti nella stessa catastrofe.

A questa pace fondata sul principio della «mutual assured destruction» (mutua distruzione assicurata) avevano aderito anche i due leader delle superpotenze mondiali di allora, Ronald Reagan e Michail Gorbaciov, in un vertice bilaterale tenutosi a Ginevra il 21 novembre 1985: «Oggi riaffermiamo il principio che una guerra nucleare non può essere vinta e non deve essere combattuta».

Così, di un conflitto atomico mondiale nessuno ha più parlato seriamente per un pezzo. Fino ad oggi.

Le parole di Tusk ci avvertono che esso è tornato a essere una prospettiva reale, a cui «dobbiamo abituarci mentalmente». Perché è chiaro che, se lo scontro coinvolgerà Stati dotati armi nucleari, non ci si può illudere che esso possa essere limitato a quelle convenzionali.

Non appena uno dei contendenti si trovasse in serie difficoltà su questo terreno, la tentazione di evitare la sconfitta ricorrendo ai suoi arsenali di missili a testata atomica sarebbe irresistibile.

Tanto più che ormai questi arsenali non contengono solo armi nucleari «strategiche», dispositivi a lungo raggio – anche intercontinentali – progettati per attaccare direttamente il suolo nemico e distruggere città e infrastrutture, ma anche quelle «tattiche», pensate per un uso più circoscritto, sul campo di battaglia.

In realtà, il ricorso di una delle due parti in guerra a queste ultime provocherebbe l’immediata risposta simmetrica dell’altra parte, aprendo la porta a una escalation di cui è facile prevedere fin da ora l’esito.

Autore Franco Capanna editorialista.