di ANTONIO GENTILE
Il pericolo maggiore ed immediato è che il “Governo alla Pinocchio” M5stelle/Lega smentendo vergognosamente tutte le promesse elettorali e non appioppi agli italiani un nuovo aumento delle aliquote IVA.
Alberto Bagnai, senatore della Lega, invece che da molti è considerato tra i favoriti per il ruolo di sottosegretario all’Economia, ha dipinto uno scenario diverso: «Mi sembra ci sia un accordo per far partire la flat tax sui redditi d’impresa a partire dal 2019 e poi, a partire dal 2020, si prevede di applicarla alle famiglie».
Ciò significa che per le imprese l’aliquota unica, già in vigore al 24% (Ires), potrebbe scendere al 20% in tempi piuttosto rapidi. Mentre per le famiglie l’appuntamento verrebbe di fatto rimandato.
In compenso Bagnai ha sottolineato che «il discorso dell’aumento dell’Iva è assolutamente fuori discussione», rassicurando sul fatto che l’esecutivo si impegnerà per disinnescare le clausole di salvaguardia.
Sul 2019 gravano 12,4 miliardi di incrementi che per il 2020 diventano di 19,1 miliardi, fino a oggi scongiurati. In oltre 40 anni, l’aliquota ordinaria è quasi raddoppiata.
Storia delle clausole di salvaguardia, la spesa media per famiglia aumenterebbe, per effetto delle variazioni Iva, di 317 euro a famiglia. Appare in ogni caso interessante analizzare nello specifico queste clausole, la cui prima applicazione è datata appunto 2014.
Il programma di governo M5s-Lega ipotizza l’introduzione di due aliquote “piatte”: al 15% per i redditi familiari fino a 80 mila euro e al 20% per quelli superiori. Accompagnate da tre livelli di deduzioni da 3 mila euro: per ogni componente del nucleo familiare fino a 35 mila euro di reddito complessivo; solo per i familiari a carico nella fascia 35-50 mila; nessuna deduzione per i redditi superiori a 50 mila euro.
Per l’aliquota Iva del 10% si prevede comunque l’innalzamento al 13%, mentre per l’aliquota Iva ordinaria, al momento al 22%, è previsto l’aumento al 25% (ma un anno era stato previsto anche al 25,9%). In definitiva, si tratta di un aumento finale del 3% per le due diverse aliquote Iva.
Ci risulta in ogni caso difficile poter trovare una giustificazione logica alle diverse dinamiche di aumento previste di anno in anno. Non si comprende infatti perché un anno si prevedano certi aumenti e l’anno dopo altri aumenti, differenziati. È ben vero che la relazione tecnica fornisce dei dati, ma si tratta evidentemente di supposizioni non supportate normalmente da fondate analisi.
La spesa media per famiglia aumenterebbe, per effetto delle variazioni Iva, di 317 euro a famiglia. Appare in ogni caso interessante analizzare nello specifico queste clausole, la cui prima applicazione è datata appunto 2014.
In definitiva, in oltre 40 anni, l’aliquota ordinaria è quasi raddoppiata. Ricordiamo come l’aliquota Iva ordinaria adottata dagli altri Stati membri Ue oscilli dal 17% del Lussemburgo al 27% dell’Ungheria. Per quanto riguarda l’aliquota ridotta, invece, si va dal 5% al 18%….nel 2011 già Berlusconi con il “decreto di Ferragosto“, dl 138, aveva per la prima volta menzionato la possibile rimodulazione delle aliquote Iva, assieme all’aumento della aliquota ordinaria dal 20 al 21%.
Il governo cosiddetto “dei tecnici“ (Monti) ha disinnescato la clausola, ma aumentato l’aliquota ordinaria dell’Iva al 22%, dapprima per il primo luglio 2013, differita poi al primo ottobre 2013.
Speriamo che anche con questo governo non si torni a battere cassa e come si dice…cambiano gli orchestrali, ma la musica è sempre la stessa!!!
di ANTONIO GENTILE