Il ricordo della figura di Aldo Moro nella testimonianza diretta di Alessandro Corsinovi. 

Il ricordo della figura di Aldo Moro nella testimonianza diretta di Alessandro Corsinovi. 

A cura di Alessandro Corsinovi * democristiano non pentito * ( nel 1978 Corsinovi  era il Presidente  Nazionale di tutti i giovani della Democrazia Cristiana ) .

Alessandro Corsinovi

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< Il ricordo della figura di Aldo Moro nella testimonianza diretta di Alessandro Corsinovi.  >  

Il 1978 fu l’anno del  rapimento da parte delle Brigate Rosse del leader della Democrazia Cristiana Aldo Moro. Il 16 marzo 1978 le BR fecero una strage in via Mario Fani a Roma.  Vennero trucidati tutti gli agenti e i carabinieri della scorta di Moro e il presidente della D.C. venne  rapito.

Fu una azione paramilitare, vennero esplosi  centinaia di colpi con armi e mitragliette automatiche.  Una azione che venne definita dai simpatizzanti delle Brigate Rosse  come un atto di  “geometrica bellezza e potenza”. Roba da vero “delirio”, ma al tempo erano purtroppo tantissimi ormai a sinistra  i fiancheggiatori dei gruppi terroristici rossi.

Quella volta però la risposta della sinistra parlamentare fu coerente: anche il PCI si schierò a difesa dello Stato e dette il suo appoggio esterno al Governo monocolore della D.C.,  voluto da Moro,  ma  guidato da Andreotti. Nasceva  quella che fu chiamata la stagione della “”solidarietà nazionale”. Putroppo però lo Stato (totalmente privo all’epoca degli strumenti e dei  mezzi che invece negli anni successivi saranno messi a disposizione per la lotta al terrorismo e poi alla mafia)  non riuscì a  scoprire il nascondiglio dei brigatisti che tenevano  prigioniero Moro.

Era il 9  maggio 1978 quando il cadavere di Moro venne  fatto ritrovare  in una Renault  rossa,  in via Caetani,  proprio dietro la sede della DC,  e vicina anche al  PCI che aveva la sede centrale in via  delle Botteghe Oscure. 

Eravamo, con molti dirigenti  della Dc,  nella sede nazionale del Partito in Piazza del Gesù, in attesa dell’importante riunione della Direzione Nazionale del Partito che doveva confrontarsi al proprio interno tra chi voleva mantenere la “fermezza” rifiutando qualsiasi trattativa e chi invece pensava con attenzione alla ipotesi caldeggiata dai Socialisti di verificare la possibilità di una sorta di limitato riconoscimento politico di coloro  che tenevano Moro prigioniero o comunque di uno specie di scambio tra la vita di Moro e la liberazione di alcuni Brigatisti Rossi detenuti in carcere. 

Ero nella stanza adiacente a quella dell’on. Pisanu, all’epoca Capo della Segreteria politica del segretario DC on. Benigno Zaccagnini, insieme  a Bruno Cavina, Capo Ufficio Stampa della DC:

Ad un tratto  arrivò trafelato da noi Pasquale Mollica, dipendente del  Partito e collaboratore di Cavina,  e ci avvisò che dietro la sede della DC c’erano polizia e carabinieri perché c’era una macchina con dentro forse un morto. Ci precipitammo giù per la scale e in un attimo fummo a via Caetani. C’era già molta gente,  soprattutto forze dell’ordine, stavano armeggiando al portellone della Renault Rossa  e quando fu aperto si vedeva una coperta che copriva la sagoma di un cadavere….

L’angoscia, la rabbia, lo sgomento erano  di tutti i presenti perché si era capito che era il cadavere di Aldo Moro.  Arrivò anche  il Ministro degli Interni  Cossiga, poi molti  parlamentari, giornalisti, TV, semplici cittadini.   

Quella  scena oggi la conoscono tutti perché è rimasta immortalata sulle foto sui giornali, nei video televisivi,  ma dal vero e dal vivo quegli istanti, quelle immagini, giuro che furono una cosa rabbiosamente devastante.

Mortificato e tormentato perché le forze dell’ordine non erano riuscite a trovare il covo delle BR ed a salvare la vita di Moro, il ministro degli interni  Francesco Cossiga poi  si dimise (correttezza e moralità d’altri tempi rispetto ai ministri dei decenni successivi e anche della storia recente di questo Paese che non si dimettevano nemmeno quando venivano pesantemente inquisiti  dalla magistratura).

MORO fu dipinto come filocomunista. Non era vero!

Aldo Moro non ha mai avuto, in realtà, particolari debolezze per i comunisti.

Forse non aveva mai avuto, nemmeno durante i 55 giorni della sua prigionia in un tugurio delle cosiddetta “prigione del popolo brigatista”, il presagio drammatico della sua fine: ammazzato vigliaccamente dai “comunisti combattenti delle Brigate Rosse” che per rapirlo avevamo annientato e massacrato in Via Mario Fani tutti gli agenti e i carabinieri della sua scorta.

Basta rileggere gli  scritti, ricordare i suoi discorsi  e gli interventi, leggere le cose che ha scritto e teorizzato anche negli ultimi tempi della sua vicenda politica: Moro parlava di “unità delle forze popolari e democratiche del paese” perchè  immaginava che, nel suo arruffato sviluppo  l’italia avesse bisogno anche di momenti di “sintesi” e di solidarietà,   soprattutto parlamentare, sulle grandi scelte e sulle riforme che servivano al paese.   

Ma Moro aveva un’idea e una speranza per la DC intesa  come partito ancora più forte e  ancora più grande di quanto non lo fosse nella seconda metà degli anni 70, un partito che si doveva rivolgere ai giovani e ai lavoratori ai ceti produttivi ed emergenti della società italiana, in grado di continuare a competere come partito maggioritario del  paese anche di fronte alla crescita che le sinistre  e il PCI avevano avuto nell’ultimo periodo degli  anni 70 .

La DC per Moro era un partito che avrebbe dovuto recuperare  i grandi valori della solidarietà sociale, della difesa dei diritti ma anche la sottolineatura dei doveri,  perché immaginava un futuro che apparteneva ancora e per lungo tempo proprio alla DC.  

Moro aveva detto, con forza che la DC,   non si sarebbe fatta “processare sulle piazze” da parte della sinistra per responsabilità non commesse e che non poteva di conseguenza  mettersi a governare  “insieme con i comunisti”.   

Era un filo-americano e un atlantista convinto. Aveva difeso addirittura  Miceli quando i giudici  indagavano sulla “Rosa dei venti” ma solo perché da atlantista aveva il timore che riuscissero a scoprire la struttura di “Gladio” che pur riservata e coperta, non era una roba eversiva, ma inserita nel contesto di un modo all’epoca ancora diviso in due blocchi.   

Se vogliamo una conferma dobbiamo prendere  per buono il racconto di Cossiga quando ci dice che Moro lo accusava di essere “plagiato da Berlinguer”  per questioni di comune origine sarda e di parentela (.. perchè cugino del leader comunista).

Moro rimproverava a  Cossiga  di essere uno che a quello che poi si sarebbe stato definito “compromesso storico”  ci credeva davvero e sul serio  mentre lui, Moro  aveva escogitato la teoria delle “convergenze parallele”  perchè  dal PCI  voleva l’appoggio (forse anche per diventare presidente della Repubblica),  ma non li avrebbe mai portati nel governo.

A cura di Alessandro Corsinovi * democristiano non pentito * ( nel 1978 Corsinovi  era il Presidente  Nazionale di tutti i giovani della Democrazia Cristiana )  

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Francesco
4 anni fa

Bellissima descrizione…
Veritiera…. Ma molta verità… Non sarà mai detta……
I dubbi… Atroci… Resteranno..
La cosa triste è il prezzo pagato
.. Con la vita….
La cosa più triste è che la… Dc
È stata uccisa…. Senza un funerale… Senza una preghiera… La si uccide ogni giorno… Il pensiero moroteo… Di una Dc… Protagonista… Vivace… Di confronto… Di apertura al nuovo…
On Moro da qua sotto…
Noi cerchiamo vita.. Nei suoi lasciti…. Ci proviamo…
A volte.. Perdiamo la forza…
Poi la lettura di un passo…
Una riflessione…. Si riparte…
Spero solo in una riconciliazione…. FZ