Vi era la consuetudine nel potente esercito di Roma di lanciare un potente grido di guerra per intimorire l’avversario, prima dello scontro, come del resto in tutto il mondo antico. Solo più tardi subentrerà il silenzio minaccioso delle legioni.
Spesso invece, sempre per scoraggiare il nemico, venivano battute le aste o le spade contro gli scudi generando grande fragore.
Dai recenti ritrovamenti archeologici si sa che il primo esercito romano, quello di epoca romulea, era costituito da fanti che avevano preso il modo di combattere e l’armamento dalla civiltà villanoviana della vicina Etruria.
I guerrieri combattevano prevalentemente a piedi con lance, giavellotti, spade (pesanti lame in bronzo, in rari casi in ferro, lunghe tra i 33 ed i 56 cm), pugnali (con lame lunghe tra i 25 ed i 41 cm) ed asce.
I
Solo i più ricchi potevano permettersi elmo e corazza, gli altri una piccola protezione rettangolare sul petto, davanti al cuore, di bronzo o di cuoio, di 15 x 22 cm.
Gli scudi andavano tra i 50 ed i 97 cm, di forma prevalentemente rotonda, i clipeus, abbandonati secondo Tito Livio attorno alla fine del V secolo a.c., più maneggevoli. Plutarco racconta che una volta uniti Romani e Sabini, Romolo introdusse gli scudi di tipo sabino, abbandonando il precedente di tipo argivo e modificando le precedenti armature.
La storia ci richiama che a vittorie eclatanti delle legioni romane anche dolorose sconfitte ed emblematiche quelle di Armino capo dei barbari germanici che uccisero intere legioni romane
Inviare vendicate in seguito.
Franco Capannna.