Italia: pensioni non aggiornate all’ inflazione

 

I pensionati sono particolarmente esposti agli effetti dell’inflazione. Ma per contenere il peso della spesa pensionistica sui conti pubblici si ricorre a un adeguamento parziale dei trattamenti, specie se alti. Va trovato un equilibrio tra due esigenze.q

Come l’inflazione corrode le pensioni

A novembre l’Istat ha comunicato il dato flash dell’inflazione dell’intera collettività nazionale: +11,8 per cento.

In ottobre l’andamento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati – che misura l’inflazione per chi è a reddito fisso – ha raggiunto il + 11,5 per cento.

Da più di trenta anni non si registrava in Italia un’inflazione a doppia cifra. Nel 1980 era stato infatti raggiunto il valore più elevato dal 1956, il 21,2 per cento, cui era seguita una decrescita progressiva. Se l’andamento continuerà a essere quello della seconda parte del 2022, il rischio è di superare il + 8 per cento medio annuo.

Per quanto riguarda le pensioni, il dato provvisorio di adeguamento dei trattamenti per l’anno 2023 è stato accertato nella misura del +7,3 per cento, ma è ragionevole ritenere che quello definitivo sarà più alto. L’Inps ha stimato in 24 miliardi di euro per il 2023 l’aumento della spesa pensionistica se l’inflazione si assestasse a + 8 per cento. Nella nota di aggiornamento al Def si conferma la previsione: la spesa pensionistica dovrebbe passare da 297 miliardi nel 2022 a 320 miliardi nell’anno successivo (dal 15,7 al 16,2 per cento del Pil).

La spesa per pensioni è una posta di centrale importanza del bilancio dello stato, ma è affetta da una sorta di schizofrenia: da una parte il numero delle pensioni è alto (le pensioni invalidità, vecchiaia e superstiti dichiarate dall’Inps nel mese di ottobre 2022 sono 17,7 milioni), a causa di scelte passate estremamente generose nei requisiti e nel metodo di calcolo (il numero di pensioni liquidate con il sistema retributivo è ancora maggioritario rispetto a quelle liquidate con il metodo contributivo introdotto dalla “riforma Dini” nel 1995); d’altro canto, oltre il 30 per cento delle pensioni erogate è di importo inferiore a mille euro. Il nostro è dunque un sistema né sostenibile né adeguato.

I pensionati sono particolarmente esposti agli effetti dell’inflazione: si tratta infatti di soggetti fuori dal mercato del lavoro e senza potere contrattuale. Tuttavia, l’articolo 38 della Costituzione stabilisce l’impegno dello stato affinché ai lavoratori, una volta in pensione, siano garantiti mezzi adeguati alle loro esigenze di vita. L’adeguatezza dei trattamenti pensionistici è quindi un principio costituzionale da tutelare.

 

Autore Franco Capanna editorialista.