A cura di Dott. LORENZO RANIOLO (di Gela/in provincia di Caltanissetta)
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Editorialista de < IL POPOLO > della Democrazia Cristiana
< LA CRISI DELLE IDEOLOGIE ! >
Ma le ideologie in sostanza cosa sono? Un modo a volte distorto di difendere degli ideali, ma non sono poi da buttar via in assoluto.
D’altra parte una politica senza ideali non è cosa accettabile, e siccome gli ideali sono legati a profondi movimenti culturali, storici, di varia natura, dobbiamo riconoscere ad essi il loro ruolo portante nella società civile di là delle ombre che pur lasciano lungo il loro tratto esistenziale.
Tre, grosso modo, sono stati i filoni ideologici che hanno dominato la scena politica italiana: la presenza di un partito di cattolici impersonato dalla Democrazia Cristiana, una forza laica di cultura liberale ed i marxisti-leninisti.
Tutte insieme queste forze si sono infrante dinanzi al crollo del muro di Berlino.
Da quel momento è caduta la ragione storica che aveva richiesto l’unità politica dei cattolici, il laicismo liberale è diventato meno anticlericale assorbendo in un certo qual modo i tempi nuovi dell’ecumenismo cristiano ed i comunisti marxisti sono diventati più duttili verso una società interclassista, rispetto ad una più rigida impostazione classista.
Ma, purtroppo, le contraddizioni di fondo non sono venute meno. Le sfide, semmai, hanno alzato il tiro.
Oggi la scienza ha fatto passi da gigante tra l’altro affrontando alla radice i problemi della vita, dalla nascita alla morte, ponendoci problemi di straordinaria importanza fino, purtroppo, certe volte, a deliri di onnipotenza. Basta pensare che noi attraverso il Dna possiamo stabilire il futuro genetico di intere generazioni e possiamo provocare speculazioni spaventose su questo piano.
Ora alla politica e alla società civile, nel suo complesso, spetta l’onere di indicarci le scelte da fare in quanto le applicazioni della scienza propongono e richiedono un’azione politica ed un’azione legislativa seria nel rispetto degli altri per evitare drammi epocali e generare implicazioni forse non facili da comprendere nella loro complessità nel corso della nostra generazione, ma tali da condurci su una strada di non ritorno ed i cui effetti, per intero, ricadranno sui nostri nipoti. E questa è una responsabilità che ci deve far riflettere profondamente.
Le vicende postbelliche dell’Italia hanno di certo impedito agli italiani di riconoscersi in una storia comune. Troppi veleni, troppi sospetti, troppi intrighi. Ciò non di meno siamo stati capaci di costruirci un Welfare umano in grado di assicurare protezione ed assistenza a ceti posti ai margini della vita civile.
E’ servito a far crescere e consolidare un ceto autonomo che, difendendo la propria impresa e le proprie aspettative di vita e di benessere, ha protetto, in pari tempo, la democrazia. Oggi il timore è che, tassello dopo tassello, si proceda, come i gamberi, all’indietro.
Se è vero che la Democrazia Cristiana, e con essa i suoi alleati e persino le opposizioni pungolandola a dovere, negli anni postbellici ha concorso a cambiare profondamente i caratteri dell’economia e della società del nostro Paese, è anche vero che oggi ci troviamo al cospetto di un altro processo evolutivo che al pari del passato, e forse ancor più, richiede lavoro, duttilità ed un grande sforzo di promozione civile e sociale soprattutto in quelle aree intermedie, dai contadini, agli artigiani, ai commercianti, ai piccoli imprenditori che hanno costituito l’ossatura del passaggio interclassista e della equilibrata struttura civile del nostro Paese.
Ecco perché coloro che sono dotati di maggiore sensibilità politica, e di un forte richiamo sociale, oggi sono in fibrillazione, preoccupati di veder cadere quel quasi evanescente diaframma che divide l’umanesimo sociale nel rispetto della condizione umana più debole ed esposta ad una seria perdita di equilibrio della sua struttura a vantaggio delle logiche consumistiche che potremmo anche chiamare indifferenza per i ceti più deboli.
E se ora la politica resta l’unico elemento aggregante, per conferire alla società una sua dimensione che sappia contemperare gli interessi comuni di una crescita del sistema paese senza perdere di vista i ceti più deboli, è ben facile comprendere lo sforzo di quanti vogliono dimostrare di saper rappresentare al meglio, in chiave partitica, questo bisogno collettivo di crescere senza dimenticare, lungo il tratto della propria strada, chi fa più fatica degli altri a seguirci.
Scritto da Dott. LORENZO RANIOLO
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