La cristianità e il perduto senso di colpa (ovvero, il salto generazionale).

La cristianità e il perduto senso di colpa (ovvero, il salto generazionale).

Roberto Sensoni (La Spezia) * roberto.sensoni@dconline.info * 349-8840090 * Segretario politico regionale della D.C. della Liguria e Vice-Segretario organizzativo nazionale D.C. 

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< La cristianità e il perduto senso di colpa (ovvero, il salto generazionale) >

Mi occupo di psicologia e psicoanalisi da quasi quaranta anni, ed è forse per questo che il mio spirito di osservazione, in tutto e per tutto simile a quello dei miei coetanei, trova che il mondo ed il modo di stare al mondo, siano decisamente cambiati.

“Si tratta del salto generazionale”, dirà qualcuno un poco frettoloso. “Sì, ma non solo”, rispondo io.

Questa volta, infatti, sembra esserci qualcosa di più. Ma badate bene: la mia riflessione vuole percorrere altre strade dalla celata e tutto sommato giusta invidia da parte di chi ha vissuto lunghi anni su questa terra verso chi è assai più giovane.

Da quando in Europa, e poi in tutto il mondo, è andato affermandosi il cristianesimo (a partire dal 4° secolo d.c.), che ha imposto all’umanità la sua specifica visione dell’uomo e della società, il carattere o la personalità, della maggior parte della gente che popolava tali terre si è configurato secondo il modello riportato nelle Sacre Scritture, almeno nella maggior parte dei casi.

Ora, non desiderando farla troppo lunga, mi limiterò a sottolineare solo quel che serve alla mia dissertazione. Il “carattere cristiano”, lasciatemelo definire così, assomiglia quasi completamente al carattere delle masse che Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi, si trovò a studiare durante l’epoca in cui visse ed operò: l’epoca detta “Vittoriana” dei primi del ‘900.

Ebbene, quali sono le sue caratteristiche? È presto detto: senso di una vita trascendente, di una vita che si estende ben al di là di quella vissuta su questa terra; alto senso morale; senso di colpa, o senso del peccato, per le azioni o i pensieri “sbagliati”; rispetto verso l’autorità sociale, politica e religiosa; senso della famiglia; sacralità del lavoro.

E chi più ne ha, più ne metta. Tali caratteristiche confluivano, secondo il parere dello studioso, a formare quella personalità cosiddetta istrionica, del tutto normale sempre dal suo illuminato punto di vista. Ed è solo esasperando le suddette componenti, che il paziente osservato poteva sconfinare nella psicopatologia: l’isteria, allora tanto di moda e oggi divenuta piuttosto rara.

Apro una parentesi: si dice “patoplastica” delle malattie mentali la proprietà di queste di variare nella loro predominanza al variare delle condizioni sociali. Saltando ora alla “modernità (periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale fino ai nostri giorni), si sottolinea come gli psicoanalisti contemporanei si occupino prevalentemente del disturbi del narcisismo o narcisismo patologico.

Il narcisista, quando non entra nella patologia, ha comunque una personalità limite, sottilmente asociale, è concentrato solo su sé stesso e sulla realizzazione dei suoi scopi: soldi, carriera, estetica, sesso, etc., e sempre senza tenere in considerazione i diritti degli altri o la morale corrente.

Dico tutto questo al fine di sottolineare che questi mutamenti nella prevalenza del carattere individuale fanno sì che qui non si tratti di un semplice avvicendamento fra vecchie e nuove generazioni, ma di un cambiamento epocale.

La “colpa” di tutto questo può essere attribuita alla minor presenza della Chiesa nella società (è un dato di fatto), Chiesa che ha sempre somministrato al popolo le giuste linee di condotta, Chiesa che elabora direttive morali; alla mancanza di una educazione scolastica efficace; alle famiglie che hanno rinunciato a crescere i propri figli affidandoli al potere diseducativo della televisione, al potere corruttivo del denaro e della ricchezza, visti come i soli mezzi appetibili di autorealizzazione; insomma, “all’avere” piuttosto che “all’essere”.

Che fare? Noi, da politici di fede cristiana, non possiamo far altro che operare affinché i “poteri dolci” della famiglia, della religione, della morale e, perché no, del buon governo del Paese influiscano positivamente su giovani e meno giovani e li portino a riconsiderare i valori etici, civili e religiosi del recente passato perché li facciano nuovamente i loro.

Del resto, affidare i buoni comportamenti di un popolo soltanto alle repressioni poliziesche non sembra cosa buona. Noi ci siamo e ci saremo sempre più.

Viva la DC ed i suoi valori!

Roberto Sensoni (La Spezia) * roberto.sensoni@dconline.info * 349-8840090 * Segretario politico regionale della D.C. della Liguria e Vice-Segretario organizzativo nazionale D.C. 

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