LA DEMOCRAZIA CRISTIANA ESPRIME IL SUO FORTE DISSENSO CONTRO QUESTO “GOVERNO DELLA VERGOGNA” E VERSO UN SISTEMA POLITICO/PARLAMENTARE DISSENZIENTE A PAROLE MA NON NEI FATTI !

LA DEMOCRAZIA CRISTIANA ESPRIME IL SUO FORTE DISSENSO CONTRO QUESTO “GOVERNO DELLA VERGOGNA” E VERSO UN SISTEMA POLITICO/PARLAMENTARE DISSENZIENTE A PAROLE MA NON NEI FATTI !

A cura di Avv. Rocco Piergiorgio Lo Duca (Cosenza) * Segretario regionale Dip. Legalità e Giustizia D.C. Calabria

Dott. Angelo Sandri (Udine) * Segretario politico nazionale della Democrazia Cristiana

< LA DEMOCRAZIA CRISTIANA ESPRIME IL SUO FORTE DISSENSO CONTRO QUESTO “GOVERNO DELLA VERGOGNA” E VERSO UN SISTEMA POLITICO/PARLAMENTARE DISSENZIENTE A PAROLE MA NON NEI FATTI ! >

Avv. RoccoPiergiorgio Lo Duca

Abbiamo fortissimi dubbi (giusto per usare un eufemismo) che in Calabria, come nel resto d’Italia e forse anche d’Europa, si voti in maniera libera e democratica, nel rispetto di quel principio fondamentale per la vera democrazia rappresentato dal concetto della < Sovranità popolare > !

In pratica, i meccanismi elettorali attualmente in vigore, rappresentano una sorta di “successione ereditaria”.

Eppure, nei desiderata dei Padri costituenti, Alcide De Gasperi in primis, la nascita della nostra “Repubblica” avrebbe proprio voluto e dovuto sostituire il previgente “sistema monarchico”.

E dunque, proprio affrancare la nascente democrazia dalle decisioni del “Sovrano”, che non lasciano spazio (o margini di manovra) al “foro esterno”, così come al “foro interno”, ossia ciò che genericamente chiamiamo libertà di manifestare all’esterno quello che realmente pensiamo, per l’appunto, nel nostro intimo, per meglio intenderci, ciò di cui siamo consapevolmente convinti.

Dott. Angelo Sandri (Udine)

Non è un caso, infatti, che soltanto a pochi stia a cuore che sia possibile o meno lo scioglimento di un Consiglio regionale per “atti contrari alla Costituzione” oppure per “gravi violazioni di legge” o “per ragioni di sicurezza nazionale”, per come ancora previsto dall’art. 126 della Costitzione della Repubblica italiana.

Articolo che però  è “orfano” del suo quarto comma (che è stato eliminato dall’art. 4 legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1.

Esso riportava esattamente quanto disposto dall’art. 52 della legge 10.2.1953, n. 66, così come modificato dall’art. 32 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, che ha aumentato a venti il numero dei deputati e senatori componenti della Commissione parlamentare per le questioni regionali).

Ed è per tale motivo che la Commissione parlamentare per le questioni regionali “esiste” anche nella XVIIIa Legislatura; si riunisce e ancora delibera, ma non sullo scioglimento dei Consigli Regionali, per “atti contrari alla Costituzione” o per “gravi violazioni di legge” o “per ragioni di sicurezza nazionale”.

Alcide De Gasperi

Eppure, in particolare nell’ultimo anno, così come per questo Natale, non c’è stato giorno che noi italiani non siamo stati costretti a sentire “litigare” il Governo e le Regioni, della qualunque e, nonostante proprio si sia fatta pedissequa applicazione anche dell’art. 2, comma 3, legge 23 agosto 1988, n. 400.

Fatto che dimostra proprio, inequivocabilmente, come il Parlamento abbia approvato ( eccome !) ogni e qualsiasi iniziativa del Governo, sia essa stata soltanto politica o di alta amministrazione.

Ivi compresa dunque quella “di indirizzo e di coordinamento dell’attività amministrativa delle regioni”, come recita la lettera d) dell’art. 2, comma 3, legge 23 agosto 1988, n. 400.

Non fosse altro che ogni e qualsiasi DPCM, sin qui emanato dal Presidente Conte “Dracula”, ha poi trovato il “favore” dell’approvazione parlamentare, vale a dire che è stato poi convertito in legge dello Stato.

Ebbene, dovremmo aver allora compreso che nessuno guida più il Paese e non solo la cosiddetta “Calabria dei Terroni”.

O meglio, dovremmo aver compreso che esiste una “Regia di Comando” per nulla interessata ai problemi e ai bisogni del Popolo Italiano, che è completamente suddito, altro che sovrano.

Come pure ha provato a farci credere tutta o parte di quella “opposizione a parole” che, in realtà, è connivente anche quando si professa cattolica solo per demolire la figura del Papa e poi si gira dall’altra parte quando è un altro Vescovo a denunciare le manchevolezze – per esempio – del Comune di Cosenza.

Ci riferiamo a quella parte di “cattolici soltanto a parole”, quando c’è da guadagnare qualcosa, non importa se a discapito degli altri, che – “sempre solo a parole” – sono “fratelli”.

A scanso di equivoci precisiamo ancora qualcos’altro, visto che tutti amano riempirsi la bocca per manifestare il proprio sdegno anche sull’anticipazione della Santa Messa di Natale, ovvero, delle restrizioni covid imposte al “diritto di professare liberamente la propria fede religiosa” di cui all’art. 19 della Costituzione della Repubblica italiana.

Valga rilevare che, ai sensi della lettera i) dell’art. 2, comma 3, legge 23 agosto 1988, n. 400 “sono sottoposti alla deliberazione del Consiglio dei Ministri” anche “gli atti concernenti i rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica di cui all’articolo 7 della Costituzione”.

Così come dunque l’allegato n. 1 al D.P.C.M. 3.12.2020 (GU n. 301 del 3.12.2020), denominato “Protocollo con la Conferenza Episcopale Italiana circa la ripresa delle celebrazioni con il popolo”, firmato in Roma, il 7 maggio 2020, oltre che dal Presidente Conte(Dracula) e dal Ministro Lamorgese, anche dal Cardinale Gualtiero Bassetti, nella sua qualità di Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.

Quando ancora non era chiaro a tutti che il protocollo summenzionato, in realtà, non prevedeva “la ripresa delle celebrazioni con il popolo”, come pure dichiarava di prevedere.

Vogliamo anche ricordare la data del 19.12.1949, allorquando il governo presieduto da Alcide De Gasperi aveva provveduto a presentare due disegni di legge per l’attuazione dell’VIII disposizione transitoria.

Valga la pena di rilevare che, all’epoca, “il progetto governativo (poi divenuto Legge Scelba) si limitava a fissare le modalità per le riunioni del Consiglio regionale, per l’elezione del Presidente e della Giunta, per l’adozione e la pubblicazione delle deliberazioni.

Regolamentava la nomina e l’attività del Commissario di governo e della Commissione di controllo sugli atti amministrativi delle regioni; rinviava, infine, la più puntuale organizzazione agli Statuti regionali e regolamenti assembleari.

Esso incontrò subito l’opposizione soprattutto dei democristiani che sottolinearono la sua inadeguatezza con riguardo all’impianto costituzionale.

La Camera approvò il nuovo testo, ampiamente rimaneggiato nel novembre del 1951; l’esame fu ripreso dal Senato soltanto un anno dopo per concludersi nel gennaio del 1953. Ciò che è più rilevante è che il dibattito parlamentare rivelava un clima di aperta preoccupazione per le nascenti autonomie regionali.