Quest’oggi, 9 maggio 2018, nel quarantesimo anniversario dall’eccidio dell’On. ALDO MORO, allora Presidente nazionale della Democrazia Cristian, siamo tutti idealmente in Via Caetani a Roma, dove quarant’anni fa venne ritrovato il corpo esamine dell’On. Moro, barbaramente ucciso dalle Brigate Rosse. Una tragedia che ha cambiato radicalmente la storia politica d’Italia !
Il Caso Moro, ovvero il sequestro e l’uccisione, dopo 55 giorni di prigionia, del presidente della Democrazia Cristiana operato nel 1978 dal gruppo terrorista delle Brigate Rosse, è – da allora – una ferita ancora aperta nella politica del nostro Paese. L’operazione, spettacolare, avrebbero inchiodato l’opinione pubblica a seguirne gli sviluppi sino alla tragica conclusione con l’uccisione dell’illustre e stimato Presidente nazionale della Democrazia Cristiana.
Sembrò una vicenda che metteva a nudo la crisi finale della democrazia italiana, mentre in realtà ne avrebbe testimoniato vitalità e radicamenti che allora erano messi in dubbio non solo dai sedicenti rivoluzionari armati.
Abbiamo già ricordato solennemente, lo scorso 16 marzo, il giorno in cui, in via Fani, a Roma, un commando di brigatisti aprì il fuoco uccidendo i cinque componenti della scorta del presidente: il Maresciallo dei Carabinieri Oreste Leonardi, l’appuntato Domenico Ricci, il Brigadiere Francesco Zizzi, l’agente Raffaele Jozzino e l’agente Giuliano Rivera.
In poco meno di una manciata di minuti di spari le Brigate Rosse presero il presidente Moro e si dileguarono facendo perdere le loro tracce.
Il 9 maggio, al termine della prigionia durata 55 giorni, durante la quale i brigatisti condussero quello che definirono un “processo del popolo”, Aldo Moro fu ucciso e il suo cadavere abbandonato a bordo di una Renault 4 rossa, ritrovata il giorno stesso in via Caetani, nel pieno centro di Roma.
Quella del caso Moro è ancora oggi una vicenda fitta di misteri che ebbe conseguenze importanti su diversi piani, ma soprattutto su quello politico. In particolare l’azione terrorista si inserì, di fatto ponendovi fine, all’interno di quello che è stato definito il “compromesso storico”, una strategia politica di avvicinamento tra il Partito Comunista Italiano e la Democrazia Cristiana, ovvero l’avvicinamento del PCI alle istituzioni dello Stato italiano.
Aldo Moro, fu presidente del Consiglio di vari governi di centrosinistra e con la sua attività politica favorì l’avvicinamento del Pci che si astenne in Parlamento nel 1976 e ‘77, sostenendo di fatto il Governo Andreotti, e partecipando all’esperienza dei governi di solidarietà nazionale nel 1978 e poi nel 1979. L’omicidio Moro contribuì fortemente e forse sostanzialmente al fallimento di quella stagione politica.
Oggi la Democrazia Cristiana (fondata nel 1943) è impegnata in quel processo di continuità storica, politica e giuridica, che ha visto ottenere importanti e fondamentali conferme in varie sedi anche di alto profilo giurisdizionale (vedasi la sentenza inappellabile della Corte di Cassazione a sezioni unite del dicembre 2010 che ne sancisce la continuità giuridica e politica).
La sfida fondamentale per la Democrazia Cristiana oggi è quella del suo rilancio politico ed organizzativo. E la Democrazia Cristiana oggi deve saper ripartire proprio dagli insegnamenti politici dell’On. Aldo Moro, interprete intelligente e cristianamente ispirato della non sempre facilmente interpretabile realtà politica italiana.
Al di là degli approfondimenti politice culturali che avremo modo di continuare nelle prossime settimane, lasciamo spazio oggi al ricordo ed alla preghiera a suffragio dell’On. Aldo Moro, vero martire della Democrazia Cristiana e più in generale della < Democrazia > in Italia.
Angelo Sandri
Segretario politico nazionale D.C.