La figlia di Aldo Moro incontra l’ex brigatista Faranda nel segno della giustizia e del ricordo.

Agnese e Adriana. La vittima e il carnefice. Eppure quando le vedi, le senti, è la prima ad apparire la più forte. Come quando Agnese Moro accarezza Adriana Faranda, quasi per sostenerla, per sostenere parole difficili. La figlia del presidente della Dc, rapito dalle Brigate rosse quaranta anni fa e l’ex brigatista fianco a fianco.

La figlia di Aldo Moro incontra l’ex brigatista Faranda nel segno della giustizia e del ricordo.

Un importante  appuntamento per onorare lo statista Moro è avvenuto tra la ex brigatista Adriana Faranda e la figlia Agnese del presidente della DC, si sono incontrate e hanno dialogato presso la cattedrale Sant’Agata de’ Goti: è questa  solo una tappa del percorso di giustizia riparativa che entrambe hanno intrapreso circa dieci anni fa e a distanza di 30 anni dall’agguato di via Fani a Roma, in cui le Brigate Rosse, dopo aver ucciso i cinque uomini della scorta, sequestrarono il già presidente del Consiglio e promotore dell’idea di governo di “solidarietà nazionale” ucciso per mano delle BR dopo 55 giorni di prigionia.

L’iniziativa rientra nella prima Giornata Regionale Commissione Giustizia e Pace della Cec, organizzata dal Settore Regionale Pastorale Sociale e il Lavoro, Giustizia e Pace, Custodia del Creato.

Si tratta di un’esperienza che mette al centro la parola, l’ascolto e il confronto per superare il dolore e combattere il predominio del passato: la giustizia riparativa guarda al reato in termini di danno alle persone e l’obbligo da parte del reo di rimediare alla sua condotta coinvolgendo attivamente la vittima e la comunità di appartenenza e adoperandosi per trovare soluzioni ai bisogni scaturiti dal reato stesso.

Un’alternativa alla violenza allodio irrisolto che, secondo la “postina” delle Br, arrestata il 30 maggio del 1979, “non conducono a un mondo migliore”. E forse lo aveva capito già quando contestò la decisione di uccidere Moro e successivamente nel 1979 quando si distaccò dalle Brigate Rosse per contrasti sulle scelte strategiche dell’associazione terroristica, aderendo al Movimento Comunista Rivoluzionario.

Negli anni ’80 si dissociò, insieme al suo compagno Valerio Morucci (con cui era entrato a far pare della BR nel 1976 dirigendone la colonna romana) dal terrorismo, beneficiando delle riduzioni di pena e uscendo dal carcere nel 1994.

Agnese ricorda «l’uccisione di cinque brave persone che proteggevano mio padre, il suo rapimento, un lungo periodo di angoscia, di disumanità non solo in coloro che avevano commesso questi atti ma anche in coloro che avrebbero dovuto aiutare mio padre ad uscire da quella situazione. E poi la sua morte e tutto quello che è seguito. Alla fine c’è una grande assenza, una persona per te cara, indispensabile, che non c’è più». Anche Adriana ricorda. «Quando è stato ucciso il papà di Agnese, mi sono sentita responsabile in pieno di quella morte ma ero assolutamente contraria al fatto che venisse ucciso e l’ho vissuta come una delle cose più atroci che stavano avvenendo».

All’incontro hanno preso parte Giovanni D’Alise, vescovo di Caserta, delegato del Settore “Pastorale Sociale e il Lavoro” e il vescovo della Diocesi Domenico Battaglia, delegato del Settore “Giustizia e Pace”, padre Guido Bertagna, tra i curatori de “Il libro dell’incontro”, che fa riferimento proprio all’incontro fra vittime e responsabili della lotta armata degli anni Settanta.

di Antonio Gentile su :www.ilpopolo.news

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Gianmaria
6 anni fa

E difficile commentare per me questo articolo, io c’ero, penso di dover dimenticare e basta.