LA POVERTÀ IN ITALIA E NEL MONDO: LE LEGGI DEL POTERE.

Per caso, ma non molto, scopriamo un ottimo testo di Noam Chomsky, “Le dieci leggi del potere”, che svela i dogmi del neo-liberismo e i drammi che questi hanno provocato in italia e nel mondo, aumentando grossolanamente le diseguaglianze tra super-ricchi, poveri e ceto medio.

Ridurre la democrazia, scaricare i costi sui poveri e la classe media, distruggere la solidarietà tra le persone, manipolare le elezioni, usare la paura e il potere dello Stato per tenere a bada la “plebaglia”…

Vi sembrano esagerazioni? Può’ darsi pure che le siano, ma a noi sembra di no. Anzi, se avrete pazienza, vi illustrerò i passi fondamentali del testo in articoli successivi.

Ecco il primo capitolo: Nota sul sogno americano.

La grande depressione, che io sono vecchio abbastanza da ricordare, afferma Chomsky, fu un’epoca buia, ben peggiore di quella attuale e tuttavia la sensazione comune era che in qualche modo se ne sarebbe usciti, c’era la speranza che le cose sarebbero migliorate. La gente pensava: «Oggi non c’è lavoro, ma domani ci sarà; se ci diamo da fare tutti insieme possiamo costruire un futuro migliore». Era un’epoca di forte radicalismo politico, sul quale si confidava per creare un futuro diverso; un futuro di giustizia, uguaglianza, libertà, di superamento delle repressive strutture classiste. Il pensiero condiviso era: «In qualche modo ce la faremo». Molti dei miei familiari, per esempio, erano lavoratori disoccupati.

A quel tempo la nascita del movimento sindacale fu causa e al tempo stesso effetto di ottimismo e di speranza. Tutto questo, oggi, non c’è più. Il sentimento che domina oggi è che nulla tornerà come prima, che è tutto finito.

Il sogno americano, come tutti i sogni, contiene in sé una certa dose di mistificazione. Il sogno del diciannovesimo secolo trovava eco nelle storie di Horatio Alger, cosi riassumibili: «Siamo poveracci ma lavoreremo duro e ce la faremo». C’era un fondo di verità. Prendete mio padre: arrivò nel 1913 da un paesino poverissimo dell’Europa orientale. Trovò lavoro in una fabbrica tessile a Baltimora, e pian piano riusci a iscriversi al college, a prendersi una laurea e persino il dottorato. Alla fine si ritrovò a condurre lo stile di vita del cosiddetto «ceto medio». Molti come lui ci riuscirono. Gli immigrati dall’Europa, in quel periodo, potevano raggiungere un grado di ricchezza, di privilegi, di libertà e d’indipendenza impensabile nei loro paesi d’origine.

Oggi non è più così, lo sappiamo. Al contrario, la mobilità sociale è più ridotta negli USA di quanto non

lo sia in Europa. Eppure quel sogno perdura, alimentato dalla propaganda; viene tirato in ballo in qualsiasi discorso politico: «Votate per me e quel sogno rivivrà». Continuano a ripeterlo tutti, su per giù con le stesse parole; lo sentirete anche da chi in realtà quel sogno lo sta uccidendo, più o meno consapevolmente. Quel «sogno», infatti, va tenuto in vita; altrimenti come possono i cittadini del paese più ricco e potente della storia mondiale, che godono di vantaggi straordinari, fare i conti con la realtà che vedono attorno a loro?

La disuguaglianza ha raggiunto livelli senza precedenti. A uno sguardo complessivo, si noterà che il livello di disuguaglianza è simile a quello dei periodi più bui della storia americana, e osservandolo più da vicino noteremo anche che è generato dall’esorbitante ricchezza posseduta da una ristrettissima fascia della popolazione, ossia dall’1%.

Condizioni analoghe si sono presentate anche in altre fasi, come durante L’Età dell’oro, negli anni Novanta del diciannovesimo secolo, o nei ruggenti anni Venti, ma mai come oggi. Esaminando l’attuale distribuzione della ricchezza, infatti, ci si accorge che la disuguaglianza deriva per lo più dalla super- ricchezza, ossia da quell’1% formato dai super-ricchi. E’ il risultato del cambio di rotta nelle politiche sociali ed economiche che dura da oltre trent’anni. Nel corso di questo periodo, a ben guardare, le politiche del governo sono state radicalmente modificate, contro il volere del popolo, per garantire spropositati benefici ai più ricchi. Intanto il resto della popolazione, la maggioranza, vede ristagnare da trentanni il proprio reddito reale, Si tratta di un attacco pesantissimo al ceto medio, nell’accezione squisitamente statunitense che ha quest’espressione. Componente fondamentale del sogno americano è sempre stata la mobilità di classe: nasci povero, lavori sodo, diventi ricco. E’ l’ideale per cui tutti possono aspirare ad un impiego dignitoso, comprare una casa, un’auto, mandare i figli a scuola…

Tutto questo, oggi, non esiste più. (Ovviamente, al posto del sogno americano, si può agevolmente intendere: il sogno italiano, europeo, russo, cinese, etc.).

Quello che possiamo concludere al termine di questo assaggio, è che se una società ruota attorno al potere

esercitato dalla ricchezza privata, finirà per assorbirne i valori, ossia l’avidità e il desiderio di conseguire

il massimo guadagno personale a discapito degli altri. Ciò è esattamente quello che si verifica da almeno

trentanni a questa parte. Prima, dopo la seconda guerra mondiale e fino agli anni ottanta del secolo

scorso, l’economia delle nazioni, e dell’Italia, non esistendo la famigerata “Globalizzazione”, era, almeno

in parte, controllata dagli stessi stati e dal potere politico (che non soggiaceva totalmente al potere economico ed ostacolava il formarsi della casta di quei “super-ricchi” prima menzionati, la quale, pur rappresentando soltanto l’1% della popolazione mondiale, detiene il 90% della ricchezza globale), garantendo, quasi ogni dove, una più equa redistribuzione della ricchezza.

Dott. Roberto Sensoni – La Spezia.