A cura di Dott. FERNANDO CIARROCCHI ( di Monteprandone / in provincia Ascoli Piceno)
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Segretario politico nazionale della Democrazia Cristiana italiana
Direttore Responsabile de < IL POPOLO > della Democrazia Cristiana italiana
< L’AFFETTUOSO RICORDO DELLA FIGURA DI ALDO MORO NELL’ANNIVERSARIO DELLA SUA SCOMPARSA (9 MAGGIO 1978) DA PARTE DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA ITALIANA >.
Sono trascorsi 44 anni da quando gli annali della nostra Repubblica hanno visto scrivere alcune delle pagine più nefaste della sua storia.
Correva l’anno 1978, precisamente, il 9 maggio, giorno in cui il TG Uno dell’epoca iniziò la trasmissione con la cruda immagine della salma del prof. Aldo Moro – uno dei maggiori statisti democristiani, padre costituente – riversa nel bagagliaio di una Renault rossa.
Il tristissimo ritrovamento avvenne a distanza di 55 giorni, in via Caetani.
I 55 giorni trascorsero dal 16 marzo 1978, giorno in cui l’On. le Aldo Moro, Presidente del Consiglio dei ministri in carica, fu rapito in via Fani dagli uomini delle Brigate Rosse artefici dell’efferata uccisione degli agenti della sua scorta.
Sul luogo della strage furono trovati, dentro un’Alfa Romeo Alfetta, il cadavere della guardia di pubblica sicurezza Giulio Rivera e il corpo agonizzante del vice-brigadiere di pubblica sicurezza Francesco Zizzi.
Nella Fiat 130, su cui viaggiava l’On. Moro e che precedeva l’Alfetta, i cadaveri dell’appuntato dei Carabinieri Domenico Ricci e del maresciallo dei Carabinieri Oreste Leonardi; a terra, vicino all’auto, la guardia di pubblica sicurezza Raffaele Iozzino.
Molti di noi ricordano i tanti ed accorati appelli che furono rivolti agli uomini delle Brigate Rosse.
Ed in special modo quelli pronunciati dal Pontefice della Chiesa cattolica papa Paolo VI, amico e confessore dello statista.
Entrambi si conobbero, molto più giovani, quando il futuro Papa Giovanni Battista Montini era ancora Assistente della F.U.C.I. (Federazione Universitaria dei giovani Cattolici Italiani).
L’orami arcinota Renault rossa fu abbandonata in via Caetani, un luogo simbolico, a metà strada tra piazza del Gesù (dove c’era la sede nazionale della Democrazia cristiana) e via delle Botteghe Oscure, quartier generale del Partito comunista.
Poche ore dopo il ritrovamento del cadavere, annunciato da una telefonata del brigatista Valerio Morucci, Francesco Cossiga si dimise da ministro dell’Interno.
La famiglia di Moro rifiutò i funerali di Stato, ritenendo le istituzioni responsabili di non aver fatto abbastanza per salvargli la vita. Tra i fondatori della Democrazia Cristiana Aldo Moro divenne segretario del partito nel 1959.
Più volte ministro: quale Presidente del Consiglio dei ministri guidò diversi governi di centrosinistra (1963-68), promuovendo nel periodo 1974-76 la cosiddetta strategia dell’attenzione verso il Pci.
Il sequestro avvenne proprio mentre prendeva forma il governo di solidarietà nazionale, progettato con il segretario del Partito comunista Enrico Berlinguer.
Tutto questo perché Aldo Moro, da insegne padre costituente intuì che la democrazia, nonostante tutto, non era compiuta ma ancora a quel tempo incompiuta.
Il progetto, prese corpo nel Governo di solidarietà nazionale che aveva come fine primo quello di consentire la gestione della cosa pubblica a tutte le forze democratiche ma soprattutto di affrancare l’allora PCI dalle sue posizioni fondamentaliste della sinistra e attrarlo nell’area della socialdemocrazia europea.
Ma in quel periodo in cui il mondo era suddiviso in due blocchi un progetto di tal fatta in un paese come l’Italia schierata, senza se e senza ma, giustamente grazie alla Democrazia Cristiana, all’interno dell’Alleanza Atlantica e fondatrice dell’Unione Europea, stava a significare non solo stravolgere gli assetti interni ma addirittura mondiali.
Questa visione politica così lungimirante e acuta la ebbe l’On. Aldo Moro: fine giurista e raffinatissimo politico con la singolare capacità di anticipare i tempi nonostante in quel periodo non fossero stati per nulla maturi.
Sarebbe stata però questa la sfida per tutta la politica, che se fosse stata con la <P> maiuscola avrebbe intuito l’acuta lungimiranza della politica morotea.
Alcuni giorni dopo il ritrovamento, papa Paolo VI celebrò una indimenticabile commemorazione funebre pubblica a cui parteciparono numerose personalità e soprattutto tanta gente del popolo.
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La grandezza dell’uomo, del politico, del padre di famiglia, splende nella Luce della Storia. La Sua capacità di percepire l’evolversi della Storia e la Sua proiezione nella stagione dell’immanente, affascinavano noi giovani democristiani che lo consideravamo la guida politica per il futuro del Paese. Ed il costante riferimento alla prospettiva della Democrazia Compiuta, che vive dell’alternarsi del potere e nel dare a tutti i partiti, la possibilità del governo del Paese e la necessità di liberare il Partito Comunista dal gioco della Russia, rappresentava la vera prospettiva di realizzare una vera e forte stabilità democratica. Ogni momento vissuto con lui nel Partito, nell’Università o nel suo ufficio privato di via Savoia, significavano per noi giovani crescita politica e personale e capacita’ a coltivare il senso della Storia ed a comprendere l’evolversi del mondo e la proiezione nel tessuto del Paese. I vigliacchi, che posero fine alla Sua Esistenza, comprendevano il Suo Ruolo e vollero privare la Democrazia Cristiana di quella fervida intelligenza che guidava con l’ungimiranza le sorti del Partito e quelle del Paese. ” Non ci faremo giudicare dalle piazze” né accetteremo una ricostruzione artefatta e fuorviante della Storia gloriosa della Democrazia Cristiana. Per questo ci siamo e siamo pronti a riprendere quel Ruolo di Guida che la storia ha assegnato alla Democrazia Cristiana con coloro che guardano agli interessi del Paese e non ai loro miseri interessi personali. Rodolfo Concordia