LE FAVOLE RACCONTATE DA SCRITTORI SONO REALTÀ UTOPISTICHE.

L’uomo pur essendo la specie che domina il mondo, è dominato a sua volta dalle emozioni. La paura dell’ignoto, la paura di non essere abbastanza forte, il timore di non essere amato e l’idea di essere in balia dell’insuccesso hanno turbato i pensieri dell’essere umano sin dalla notte dei tempi, credere è sempre l’unica arma per sconfiggere queste afflizioni.

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Gli antichi greci inventarono i miti perché potessero essere un esempio di forzacoraggio e giusta moralità, i personaggi erano spesso raffigurati come semidei in grado di affrontare imprese titaniche e di imporre la loro volontà sul destino, la realtà era ben lontana dai miti, e le persone, pur avendo la velata consapevolezza di questa netta spaccatura, trovavano in questi racconti l’ispirazione per affrontare la quotidianità.

I racconti hanno anche insegnato divertendo, come le Ballads, componimenti poetici accompagnati da musiche popolari, di moda nel medioevo, che raccontavano storie d’amore e avventure di fuorilegge come Robin Hood.

Nell’800 nacquero, dalla penna dei fratelli Grimm, le favole moderne, un connubio perfetto tra avventura e divertimento, paura e coraggio, crudeltà e lieto fine.

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Se dovessi identificare gli antenati delle fiabe, probabilmente punterei il dito proprio sui miti greci e le Ballads, perché ereditano la voglia di trasmettere forza e speranza e allo stesso tempo leggerezza.

Le favole sono l’estremizzazione più poetica della realtà, il bene e il male vengono ingigantiti per attirare meglio l’attenzione su aspetti che lo scrittore vuole evidenziare, sempre nascosta è la morale che può essere interpretata in vari modi, ma ciò che non manca e non deve mancare mai è il lieto fine, avvicinando la favola ai nostri desideri più nascosti e puri.

Le favole rubano dalla realtà, ma noi cosa possiamo ricevere in cambio dalle favole? La consapevolezza che nonostante possano esistere il lupo cattivo, la strega malvagia e la perfida matrigna, potremo sempre sperare nel lieto fine.

Una volta, raccontando una fiaba a una bambina, mi sono accorto che lei si divertiva nell’ascoltare la parte più cupa della storia e solo dopo ne ho compreso il motivo: era attratta dalla parte malvagia del racconto, in quanto aveva la consapevolezza che c’era una parte buona molto più forte che avrebbe portato al lieto fine.

Sarebbe bello avere la positività dei bambini, che pur avendo pochissime certezze, decidono di ascoltare favole raccapriccianti per avere la possibilità di arrivare alla parte più gaia, mentre noi adulti, a volte, pur avendo mille certezze, non abbiamo questa capacità.

Spesso guardando alcuni film surreali ci convinciamo che siano solo frutto della fantasia dell’autore, ma poi quando nei titoli di coda compare «tratto da una storia vera», rimaniamo senza parole.

 

Per poter vivere una favola bisogna convincersi che alcuni momenti brutti sono strettamente necessari per arrivare a godere del dolce che segue all’amaro. Bisogna imparare a credere, a sperare, ad avere la forza dei semidei capaci di salvare il mondo antico, e allo stesso tempo, la sfacciataggine di affrontare una vita troppo amara e dispotica, proprio come faceva Robin Hood contro Re Giovanni, così da provare a conquistare il lieto fine tanto sognato.

sono ancora morti, sono ancora vivi“, e rispondono  così al desiderio insito nell’essere umano, e anche del bambino, di vita eterna.

Per esempio la frase finale “E vissero felice e contenti” non vuole far credere al bambino che esista la vita eterna , assolvendo ad un irrealistico appagamento di un desiderio – e il bambino non lo crederebbe affatto – ma gli fa capire che la formazione di un legame soddisfacente con un’altra persona è l’unica cosa che può farci sopportare gli angusti limiti del nostro tempo su questa nostra terra

AUTORE FRANCO CAPANNA EDITORIALISTA

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