PUR ANZIANO SONO ANCORA GIOVANILE,FOTO DI ADESSO
per rendere la nostra vita più bella; tuttavia a volte capita che, senza capire neanche bene come mai, si scelga di mantenere relazioni che rendono la nostra vita più dolorosa. Ci troviamo così a sentirci arrabbiati, insofferenti, frustrati e tristi per poi avere dei “picchi” di senso di colpa o di sconforto per sentirci così.
LA COMPAGNA NUOVA ,SONO VEDO VO MI HA CAMBIATO E SI È MESSA CON QUESTO E NO NON MI CI CANBIO DAVVERO
Una mia paziente una volta mi disse, parlando della sua relazione disfunzionale, che era come aver trovato un giaciglio da cui era pericoloso allontanarsi ma che alla fine ogni volta si rivelava un giaciglio spinoso.
A ciò, si deve spesso aggiungere la frustrazione di assistere allo sguardo incredulo o arrabbiato delle persone care che ci dicono: “ma chi te lo fa fare di restarci ancora?” e allora ci sentiamo ancora più soli e incapaci di uscire da quel circolo vizioso che ci sembra insormontabile.
Cosa ci blocca?
Quando gli esseri umani fanno una scelta, da qualche parte nella loro testa vedono un vantaggio nel farla. Magari non è un vantaggio chiaro e consapevole ma un vantaggio c’è. Spesso quando si parla di relazioni, il vantaggio è che in qualche modo si sta cercando di mantenere intatta l’autostima agli occhi nostri o delle persone importanti.
L’emozione che blocca è sempre o quasi la paura: del giudizio, della solitudine, di non avere la forza per superare il dopo. Spesso la paura si accompagna al senso di colpa: di aver ferito l’altra persona o deluso le persone care.
Vediamo alcune “radici” che possono tenerci lì.
- Blocco numero 1. “Io non valgo”: se abbandono questa relazione sono destinata a restare sola (spesso con l’aggiunta: “specie alla mia età”) e solo l’idea fa chiudere lo stomaco. Spesso a questa credenza si accompagna anche una visione del tipo: “all’idea rimettermi in gioco in una relazione da zero mi prende malissimo”. Con il risultato che la scelta è quella di accontentarsi e “tirare a campare” perché la zona di comfort rimane comunque quella minacciosa.
Riflessione: Hai diritto chiaramente di scegliere di restare; ma come ti senti all’idea di restare in quella relazione tutta la vita magari alle stesse condizioni? Le persone sono “programmate” per superare la fine di una relazione, solo che spesso non sono consapevoli di avere le risorse per farcela e l’idea di dover attraversare il dolore blocca pensando di non riuscirci; è chiaramente dolorosissimo ma ci si può fare.
- Blocco numero 2. “E se poi me ne pento?”: il terrore di chiudere una relazione per poi renderci conto che la persona ci manca ma è tardi per tornare indietro.
Riflessione: Il rischio c’è, come in ogni scelta. Tuttavia, stare male nel presente in una relazione per paura di stare male nel futuro senza relazione non ci garantisce una vita felice. Chiediamoci quindi: cosa mi mancherebbe di questa relazione? Se avessi due piatti di una bilancia e ci mettessi sopra ciò che mi mancherebbe e ciò che mi fa stare male quale pesa di più?
- Blocco numero 3. “Sono egoista”: molto frequente specie quando si ha a che fare con partner sofferenti o con passati traumatici: “è vero che mi fa star male ma con le vita che ha fatto devo fare lo sforzo di capire altrimenti sono egoista e anche io sarei l’ennesima causa di dolore per lui”. Così accettiamo compromessi e trattamenti inaccettabili senza ribellarci o mettere limiti perché “del resto lui poveraccio…”
Riflessione: Vi do una notizia: se una persona si porta nel presente le conseguenze di un passato doloroso noi non possiamo rimuoverle se la persona per prima non fa qualcosa per lavorarci. Inoltre, essersi prese un impegno nel passato in una relazione che ci andava bene non vuol dire dover mantenere quell’impegno nel presente se quella relazione ci fa stare male. Ci spaventano le parole: “io in te ci avevo creduto” o “pensavo che tu fossi diversa” o “mi hai delusa; anche tu sei come tutte” ma vale davvero la pena continuare ad essere infelici per non passare da quelle che non sono state di parola? La coerenza è molto sopravvalutata nelle relazioni perché tiene conto solo della ragione e non dell’emozione… Spesso a questo blocco si lega l’aver respirato nelle famiglie di origine la “cultura del sacrificio” in cui si era considerate “persone serie” se si dedicava la vita al lavoro e alla cura della famiglia mettendo completamente in secondo piano i propri bisogno. Una vita passata a sacrificarsi però è la vita che davvero desideri?
Autore Franco Capanna editorialista