L’economia provoca a catena una serie di conseguenze molto gravi per uno Stato e per il suo popolo. E quello ellenico non è stato esente da effetti disastrosi sul proprio benessere, alcune settimane fa, la Grecia ha annunciato la fine delle limitazioni ai prelievi in banca. Alexis Tsipras, fresco di liberazione dal piano di salvataggio della Troika, ha così potuto mostrare al suo popolo che la Grecia si sta riprendendo. Che quell’incubo iniziato con la crisi del debito potrebbe presto finire del tutto, facendo tornare la vita dei cittadini greci a uno standard simile a quello pre-crisi. E anche la fine del controllo sui capitali in banca per persone fisiche e aziende era (ed è) un segnale incoraggiante.
Durante la crisi e negli anni successivi, la vita, per molti greci, si è trasformata in un vero e proprio inferno. La sanità è al collasso, le forze dell’ordine non riescono a garantire standard di sicurezza adeguati, l’immigrazione di massa ha colpito molte aree del Paese, specialmente le isole. E nella capitale Atene, la situazione per molti si è fatta difficilissima, tra giovani costretti a salari bassi, affitti che si impennano per l’arrivo degli stranieri, classe media impoverita e pensionati che assistono a continui tagli.
Questa situazione così grave costringe molti greci a rivedere la propria vita con scelte drastiche ma purtroppo, n molti casi, necessarie. Una di queste è quella di non fare più di figli. Una scelta che è tipica delle società più evolute, ma che per la Grecia è indice non tanto di un benessere estremo quanto di una necessità E i numeri fanno spavento. Come scriveva a fine dicembre il quotidiano Ekathimerini, secondo i dati raccolti dal Centro nazionale di ricerca sociale (Ekke), “la popolazione greca è diminuita di 360mila persone negli ultimi sette anni e si prevede che diminuirà di altre 770mila nei prossimi 12 anni se i tassi di natalità permangono ai livelli attuali”.
Ma l’allarme del centro di ricerca non si ferma solo a questo. Stando alle rivelazioni e alla analisi delle tendenze sociali greche, il futuro della Grecia è un vero e proprio incubo. Il Paese infatti rischia di perdere “metà della popolazione in 35-50 anni”. Una futuro cui si uniscono invecchiamento, povertà e mancanze di prospettive. E per Atene e dintorni il rischio è di avere un Paese completamente svuotato.
E gli esempi purtroppo sono innumerevoli, “il Washington Post è andato a raccontare la scuola elementare Kalpaki. ‘Per il 2018, c’erano solo 13 studenti in prima elementare. Alcuni vivevano in villaggi dove erano gli unici bambini. Una mezza dozzina di altre scuole della zona avevano chiuso di recente”. Mentre, scrive sempre Il Foglio, “il Financial Times si è recato a Roviata, vicino a Efira: ‘Solo 150 persone ora vivono a Roviata e quasi i due terzi sono in pensione”. E il crollo è descritto dai dati: la popolazione attiva all’inizio della crisi finanziaria era di 7,04 milioni, ora siamo a 6,8. E la “bomba demografica” in negativo rischia di dare un colpo durissimo alla fragile situazione greca, costringendo a nuovi tagli alle pensioni nel prossimo futuro e un innalzamento dell’età pensionabile.
Per la Grecia, l’incubo non è quindi finito. Anzi, quella a cui va incontro è un baratro che nessuno è in grado di gestire e che rischia di non avere soluzioni. Il governo di Alexis Tsipras si sta affannando a dire che la crisi è finita e che il Paese è uscito dal tunnel. Ma questo non è un arco temporale breve. Non è un problema che si risolve con riforme a breve termine. È una vera e propria distruzione del tessuto social greco, quasi da manuale. Lo spopolamento è una realtà, l’impoverimento idem. E l’emigrazione dei giovani greci è oramai una realtà quasi irrefrenabile.
E l’Europa? L’Europa rischia, al pari della Grecia. Non solo perché la popolazione sta crollando in tutto il continente, ma perché questa bomba oscura che si agita ad Atene rischia di colpire di nuovo la Grecia fra qualche anno e di portare a una crisi sistemica che può mettere a repentaglio (e forse definitamente) la tenuta del Paese. E, come un effetto domino, può colpire tutta l’Europa. Del resto anche altri Stati dell’Ue hanno problemi simili. E se cade uno, possono cadere tutti.
Un segnale che però rischia di essere mal interpretato. Perché la Grecia è sì libera, formalmente, dalle catene imposte dai creditori internazionali con il piano di salvataggio. Ma il Paese è stato devastato dalle politiche di austerità imposte dalla Troika e a cui ha dovuto piegarsi il governo di Tsipras. E se anche quei vincoli stanno svanendo, l’incubo non è affatto finito. E sono proprio le banche il grande pericolo che minaccia non solo il popolo ellenico, ma anche tutta l’Europa.
Come ricorda la testata spagnola El Confidencial, le banche greche sono dei giganti con i piedi d’argilla. O forse anche qualcosa di meno duro dell’argilla. E il problema irrisolto per la Grecia risiede nel fatto che la maggior parte dei prestiti non vengono pagati. Secondo le stime più recenti, la Grecia “è di gran lunga il paese dell’UE con la più alta percentuale di questi prestiti non pagati, e il suo totale (stimato in 106 miliardi di euro) è circa la metà di quello che ha l’Italia ha, ma con un’economia molto più piccola”. La questione non è affatto semplice da risolvere. E per un Paese come la Grecia, con un’economia di per sé piccola e molto impoverita, significa una spada di Damocle pronta a cadere di nuovo sulla testa di Atene.
E adesso Goldman Sachs ha lanciato un’allarme sulle banche greche che non può essere presa alla leggera. L’agenzia di rating ha un peso enorme nella capacità di orientare il mercato. E quindi i suoi messaggi gettano ombre particolarmente oscure sul futuro ellenico.
Secondo Goldman Sachs, può bastare una piccolissima turbolenza nel mercato finanziario mondiale per far cadere, come un castello di carte, tutto il sistema bancario greco. I maggiori istituti greci soffrono una crisi di prestiti morosi senza precedenti. E il loro valore in borsa è crollato di circa il 50% soltanto nell’ultimo anno. Una situazione estremamente delicata e che per il governo Tsipras non è per nulla facile da risolvere.
Per ora, il salvataggio delle banche da parte del governo è escluso. Da una parte, significherebbe perdere consensi e condannare Syriza a una sconfitta alle elezioni successive. Dall’altra parte, la Grecia non ha affatto risolto il problema del debito (circa 180% del Pil) e quindi non può permettersi un ulteriore aumento. Inoltre, in un momento in cui Atene sta cercando, in tutti i modi, di evitare l’ennesimo taglio alle pensioni, sarebbe veramente difficile far accettare ai cittadini di vedere i propri soldi finire nelle mani delle banche.
Un circolo vizioso che però in qualunque caso, può costare caro. Non solo alla Grecia, ma anche all’Europa. Ed è questo che fa tremare le agenzie di rating. Perché da parte dell’Unione europea, in particolare dalla Banca centrale, non sembrano essere arrivati segnali incoraggianti riguardo alle possibili alternative presentate dall’esecutivo greco. E gli stessi investitori stranieri faticano a trovare motivi per scommettere sugli istituti ellenici. Le casse dello Stato non possono certo essere garanzia in caso di perdita di denaro.
dal web di Antonio Gentile