Dedico lo scritto a tutti i lettori e ai più piccoli.
Imprese e titoli fanno parte della mia vita ; una vita tra sacrifici e successi tra dolorose cadute e rivincite straordinarie.
Non sono mancate fanciulle tra il reale destinatarie di epoche.
Eroismi e cadute tra gesta leggendarie e intrepide conquiste tra sogni e desideri che il destinatario abbia visto dooo la mia bella moglie che periva di una versione della luna nera che rivelato da dei dell’Olimpo della mitologia greca ma un forme evangeliche .
Tra puledre alate e cruente battaglie con l’uomo della falce portava via la mia bella castellana e cercava me che evitavo la trappola mortale.
Il personaggio di Cervantes non sostiene il falso. I cavalieri erranti non furono meri personaggi di fantasia, ma esistevano ben prima della scrittura del capolavoro della letteratura spagnola. I guerrieri che si recavano a combattere contro gli infedeli nel sud dell’Italia, in Sicilia, in Terra Santa durante le crociate, oltre che nella Spagna della Reconquista, furono in un certo modo dei cavalieri erranti: anche il Cid Campeador, il leggendario condottiero che fu al servizio dei re spagnoli, combatté poi per gli emiri musulmani e infine conquistò Valencia.
Molti figli secondogeniti, senza eredità e restii a seguire la carriera ecclesiastica, peregrinavano per corti, regni e castelli per offrire i propri servizi militari, con la speranza di accasarsi un giorno con una nobildonna che portasse loro il patrimonio di cui erano privi. E dove non vi erano guerre da combattere, provavano a distinguersi nei tornei, sfide in cui si cercava di sconfiggere i nemici per poi esigere consistenti riscatti in cambio della loro libertà, tutto ciò in presenza di un pubblico nobile in cui non mancavano le fanciulle da marito.
Eroi da romanzo
In questo contesto si sviluppò il genere del romanzo cavalleresco, che avrebbe raggiunto la sua massima popolarità nei secoli XIV-XVI. I protagonisti di questi racconti ricchi di elementi mitologici, magici e meravigliosi erano giovani cavalieri che, lasciando il palazzo di qualche sovrano o potente signore, si mettevano in viaggio per compiere una qualche grande impresa. Con un soprannome evocativo (cavaliere della Fortuna, del Cigno, della Croce) intraprendevano lunghe peregrinazioni in cerca di un nemico. Questi, come accade in Palmerino di Inghilterra – un romanzo della metà del XVI secolo dedicato all’origine dei bretoni – poteva essere un gigante impadronitosi di un castello, che l’eroe sconfigge, liberando i prigionieri e conquistando così gloria perenne.Nonostante la fervida fantasia, questo tipo di racconti aveva un’influenza diretta sulla condotta dei cavalieri dell’epoca, che non solo li leggevano e ascoltavano con piacere, ma si mettevano in cammino per imitarne le avventure. I sovrani accoglievano con piacere i cavalieri erranti e si sono conservate lettere in cui essi raccomandano di omaggiarli. Alcuni li trattenevano a corte e li ingaggiavano come condottieri.
Autore Franco Capanna Editorialista redattore de il Popolo Roma.