A cura di Mariateresa Monorchio (Camerino/prov. Macerata) * Segretario reg.le del Mov. Giovanile Democrazia Cristiana regione Marche * mariateresa.monorchio@dconline.info
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< LO DICO AL POPOLO: intervista all’On. Maurizio Paniz (Belluno) sulla “vexata quaestio” del taglio ai vitalizi parlamentari >.
Abbiamo avvicinato l’Avvocato On. Maurizio Paniz (Belluno) per poter approfondire assieme a lui, nella sua qualità di Ex-parlamentare ed attento conoscitore del diritto, la “vexata quaestio” dei vitalizi e del loro taglio, di cui si fa un gran parlare.
L‘On. Maurizio Paniz è stato eletto alla Camera dei Deputati per la prima volta nelle con le elezioni politiche del 2001, nella circoscrizione elettorale di Belluno, nelle fila di Forza Italia. E’ stato poi rieletto, sempre alla Camera dei Deputati, nel 2006 e nel 2008.
Ha anche ricoperto l’incarico di Capogruppo de < Il Popolo delle LIbertà > nella Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera dei Deputati.
Domanda: Le chiedo informazioni sulla questione dei vitalizi di cui tanto si parla , generando talvolta anche una certa qual disinformazione.
Risposta: Le delibere adottate dagli Uffici di Presidenza della Camera dei Deputati nel luglio 2018 e del Senato nel novembre 2018 concernono la tematica dei “VITALIZI”, cioè del trattamento economico goduto dagli ex parlamentari (in attualità al compimento del sessantacinquesimo anno di età). Di essi si parla spesso in modo improprio: per esempio, nelle trasmissioni televisive e nei giornali si riportano i trattamenti economici degli ex parlamentari al lordo, anziché al netto, ma quale cittadino italiano indica il suo mensile compenso mensile o il suo trattamento pensionistico al lordo? Certamente nessuno.
Domanda: Negli anni ’50 governava senza alcun dubbio la Democrazia Cristiana. Possibile che allora sia stato fatto un errore così madornale?
Risposta: Non è stato un errore, ma un importante segnale di democrazia.
Il vitalizio, voluto negli anni ’50 dal Partito Comunista per consentire anche a chi non era ricco di fare politica e diffuso in tutti i Paesi democratici, è assimilabile al trattamento pensionistico, essendo fondamentalmente uno strumento per l’esercizio libero del mandato parlamentare, secondo la previsione dell’art. 67 della Costituzione.
Domanda: Allora questo significa che si vanno a toccare e limitare dei diritti costituzionali?
Risposta: Si toccano, in senso palesemente ed enormemente peggiorativo (per la gran parte dal 30 al 60%, ma con punte fino al 86%), diritti acquisiti: ciò è palesemente incostituzionale e contrario ad un principio base (quello della irretroattività degli effetti) di ogni Stato di diritto, violando così il consolidato principio del legittimo affidamento (lo hanno confermato pressoché tutti i costituzionalisti assunti in audizione al Senato nel 2017): il principio di irretroattività si applica a tutte le leggi ed a tutti i provvedimenti afflittivi e restrittivi dei “diritti quesiti” (come hanno ripetutamente affermato sia la Corte Costituzionale italiana che la CEDU – Corte Europea dei diritti dell’uomo -).
Domanda: Questo significa che si vuole oggi abrogare quello che è stato proposto dalle forze di sinistra di allora ed approvato anche da tutte le altre forze politiche e che è stato mantenuto per 70 anni?
Risposta: la tematica dei vitalizi è già stata modificata dal Parlamento nel 1996 e nel 2012 per cui non si prende più il vitalizio se non dopo i 65 anni e dopo aver fatto almeno cinque anni di attività parlamentare. Diverso è il tema, toccato dalle delibere impugnate e di cui si parla in questi tempi, dei “diritti quesiti”: su questi si può intervenire, sempre secondo la Corte Costituzionale, solo richiedendo un cosiddetto “contributo di solidarietà”, nel rispetto però dei principi di “non ripetitività della richiesta” (agli ex deputati è stato richiesto ormai tre volte: nel 2011, nel 2014 e nel 2017), di “temporaneità” (cioè con una durata limitata nel tempo e ben definita in relazione alle specifiche ragioni di risparmio dello Stato), di “ragionevolezza” (non essendo consentite ingiustificate disparità di trattamento, ad esempio, tra deputati o senatori in carica e ex deputati o ex senatori e tra ex parlamentari ed ex consiglieri regionali), di “consentaneità” (dovendosi sapere in anticipo dove finirà il risparmio economico, che non può essere genericamente destinato al calderone dello Stato) e di “proporzionalità” (perché chiedere un sacrificio ai soli ex parlamentari e non anche ai parlamentari in carica, ai consiglieri regionali o ad altre alte espressioni di funzioni apicali – i magistrati, ad esempio – come altre categorie ….?).
Domanda: Possiamo forse affermare che i parlamentari non sono i soli ad aver ricevuto determinati benefici, sempre rimanendo in tema di previdenza pensionistica ?
Risposta: Ricordato che la materia dei vitalizi è già stata modificata e che il trattamento degli ex parlamentari non è più quello di cinquant’anni fa, va sottolineato che nessuna riforma pensionistica dello Stato italiano (dalla riforma “Dini” del 1995 alla riforma “Fornero” del 2011) ha mai messo in discussione retroattivamente diritti già maturati dai cittadini, ma solo “diritti futuri”, cioè “aspettative di diritti”: se dovesse passare il principio alla base delle delibere che tagliano i vitalizi, si aprirebbe la strada al taglio delle pensioni di tutti i cittadini italiani (18 milioni di cittadini) o almeno dei babypensionati (ben 9 milioni).
Domanda: Possiamo affermare che si deve intervenire nel merito non solo sui vitalizi ma anche su altre forme di trattamenti pensionistici che creano forte ingiustizia?
Risposta: Il risparmio conseguente al tagli dei vitalizi degli ex parlamentari è irrisorio (circa 40 milioni di euro), soprattutto se rapportato a quello che si potrebbe acquisire intervenendo sulle “baby pensioni”, circa 23 miliardi, cioè sui trattamenti pensionistici di circa nove milioni di italiani che spesso hanno lavorato pochissimo: ad esempio, sono 785.000 i beneficiari ancora in vita della “Legge Rumor” del dicembre 1970, che consentiva di andare in pensione dopo 14 anni, 6 mesi e 1 giorno di lavoro, ma addirittura riscattando gli anni delle gravidanze, degli studi universitari e del servizio militare, quindi dopo aver lavorato davvero per pochi anni.
Domanda: Ma allora la richiesta di eliminare i vitalizi è strumentale?
Risposta: Può essere. Oltretutto i criteri utilizzati “per il taglio dei vitalizi” non hanno alcun fondamento oggettivo e sono capziosamente inventati. Tra l’altro, quando fu introdotto il “regime contributivo” nel 1996, non si sono ricalcolate le antecedenti pensioni, ma si è rispettato il “principio retributivo” che già era stato maturato. Non è affatto vero che con queste delibere si è imposto agli ex parlamentari di adeguarsi al regime contributivo “come tutti i cittadini italiani”: l’affermazione è palesemente inesatta perché in attualità ancora l’86% delle pensioni è impostato sul “regime retributivo”, mentre solo il 4% è retto dal “regime contributivo” ed il 10% si basa su un “regime misto”.
Domanda: Questo significa cioè scoprire all’improvviso di essere passati dalla Democrazia alla Dittatura, negando diritti a classi sociali anche modeste?
Risposta: Intervenire ora, a distanza di molti anni dalla cessazione del mandato parlamentare, con una misura fortemente riduttiva dell’assegno, viola anche gli art. 3, 67 e 69 Cost.: molti ex parlamentari e molte vedove di ex parlamentari, per lo più anziani (la grandissima parte di essi ha oltre 75 anni di età!), che non hanno altre fonti di sostentamento, vengono improvvisamente privati dell’unico trattamento a contenuto pensionistico in un’età nella quale non possono ad evidenza reperire altre fonti di entrata ed hanno da tempo consolidato, orientandole nel tempo, le proprie scelte di vita personale e professionale.
Domanda: Risulta che gli ex deputati potevano chiedere la restituzione del “Contributo di solidarietà”, dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale, ma che non lo hanno mai richiesto ?
Risposta: E’ davvero ingiusto affermare che gli ex parlamentari devono intervenire, dando l’esempio, in un momento di difficoltà economica del Paese perché così si ignora che dal 2011 gli ex deputati versavano mensilmente un cd. “contributo di solidarietà”, pari a molte centinaia di euro; il “contributo”, disposto per tre anni, poi rinnovati di altri tre nel 2014 ed ancora di ulteriori tre nel 2017), fu dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale con riferimento al triennio 2014-2017, ma nessun ex deputato lo ha mai richiesto in restituzione.
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