Sono giorni che sentiamo parlare della situazione che sta per aggravare il sistema di equilibrio dell’America, parliamo dello Shutdawn, ma cosa è in definitiica, non è altro che il blocco delle attività amministrative è la particolare procedura del sistema politico statunitense che coinvolge il settore esecutivo ogni qual volta il Congresso non riesce ad approvare la legge di bilancio, recante il rifinanziamento delle attività amministrative.
Shutdown letteralmente è la traduzione di “spegnimento” o “arresto”. Nel lessico giornalistico questa espressione significa più propriamente il blocco delle attività amministrative negli Stati Uniti.
Si verifica quando nel Congresso non c’è accordo sull’approvazione dei finanziamenti ai vari dipartimenti (paragonabili ai nostri ministeri) e quindi si ha una mancanza di fondi per le spese del Governo federale. In particolare, lo shutdown è una procedura prevista dall’Antideficiency Act e prevede che, senza l’approvazione degli stanziamenti, le attività governative non essenziali debbano essere sottoposte a un blocco fino all’approvazione di un rifinanziamento da parte del Congresso.
Parchi e musei chiusi, centinaia di migliaia di dipendenti pubblici costretti a lavorare senza stipendio o a restare a casa. Paralizzata dallo shutdow più lungo della storia, l’America è ormai in stallo da 22 giorni. A farlo scattare lo stallo al Senato sulla legge di bilancio dovuto alla richiesta di 5,7 miliardi di dollari da parte del presidente Donald Trump per finanziare la costruzione del muro al confine con il Messico. I democratici sono categorici e si rifiutano di fare approvare dal Congresso il finanziamento chiesto da Trump, determinato a costruire il muro a ogni costo: “Riguarda la sicurezza per il nostro Paese. Non abbiamo scelta” ha ribadito il presidente statunitense.
Nella storia degli Stati Uniti questa “paralisi amministrativa” è scattata nel 1980, nel 1990, nel 1995, nel 1996, nel 2013 e nel 2018.
Negli anni di George Bush sr vi è stato un solo shutdown, e nessuno nei due mandati poi del figlio, ma i veri shutdown passati alla storia, il primo con 5 giorni di serrata nel novembre 1995 e il secondo con ben 22 a dicembre dello stesso anno, sono quelli della presidenza di Bill Clinton che si trovava a fare i conti con il Congresso controllato dai repubblicani.
Anche Barack Obama ha dovuto affrontare nell’ottobre del 2013 uno shutdown che ha semiparalizzato l’America senza però riuscire a bloccare l’entrata in vigore dell’Obamacare, vero obiettivo dell’offensiva repubblicana. In era Trump quello di oggi non è il primo stop. Lo scorso gennaio il braccio di ferro tra repubblicani e democratici sul destino dei ‘dreamers’ aveva infatti portato a uno shutdown delle attività del governo durato tre giorni.
Shutdown 2018 – Nel 2018 si sono verificati tre shutdown. Il primo è scattato tra il 20 e il 23 gennaio sul tema dell’immigrazione: in particolare sul Daca, provvedimento di Obama a tutela dei clandestini minorenni. Il secondo blocco è avvenuto a febbraio, a causa di un disaccordo sulle politiche di bilancio, ed è durato solo poche ore.
Il terzo shutdown dell’anno è scattato il 22 dicembre: il nodo, questa volta, sono state le divergenze interna al Congresso sui quasi 6 miliardi di dollari reclamati dal presidente Donald Trump nel bilancio per la costruzione del muro al confine con il Messico.
Alla mezzanotte di Washington sono venuti meno i finanziamenti per un quarto delle agenzie federali, comprese quelle che gestiscono la sicurezza interna, le forze dell’ordine, la raccolta delle tasse, i trasporti e i parchi nazionali che resteranno aperti durante le festività natalizie senza personale.
Gli altri dipartimenti, come il Pentagono, continueranno invece a funzionare regolarmente perché il loro bilancio è stato già approvato, spacchettando il provvedimento.
In un video pubblicato su Twitter il presidente ha annunciato lo stop: “Speriamo che non duri a lungo”, ha dichiarato Trump, accusando i democratici di non aver garantito i voti.
Secondo le stime di Standard & Poor’s, il congelamento delle attività di governo sarebbe già costata 3,6 miliardi, che potranno arrivare a 6 se si sommeranno altre due settimane.
Questa volta Trump è a un bivio, perseguire il suo cammino contro l’invasione e creare il muro ai confini con il Messico, oppure fare un dietro front che potrebbe minare la sua stabilità politica.
di Antonio Gentile