Era tanto tanto tempo fa, correva l’anno 1982, era un’altra epoca: il telefonino non esisteva, internet non esisteva, la globalizzazione era un discorso per iniziati; esisteva ancora la cortina di ferro, l’impero del male. Eravamo usciti dagli anni di piombo, e non ce la passavamo bene. Poi, arrivò quella sera di luglio.
In quell’urlo c’è tutta la passione di un popolo, quello italiano, per tradizione capace di compattarsi nei momenti più difficili. Ma non solo. Quell’urlo esprime alla perfezione la gioia di chi sa di aver cambiato per sempre la propria vita, mettendo una firma indelebile sulla storia. E poi c’è la consapevolezza di aver archiviato, grazie a quel gol, mesi di dicerie, cattiverie e polemiche.
Tutto questo e molto altro è rinchiuso nell’urlo liberatorio di Marco Tardelli a festeggiamento del 2-0 segnato, con un gol capolavoro, contro la Germania in finale di Coppa del Mondo. Un diagonale sinistro perfetto che, unito alla doppietta di Pablito, regalerà agli azzurri la terza affermazione mondiale della loro storia…
Come spesso ci capita, sembravamo un ranocchio e diventammo un principe: se ne accorse anche il Brasile, forse la squadra più forte che mi è capitato di veder giocare. Quella sera calda me la ricorderò sempre. Sarà che avevo più di venti anni, sarà che avevo voglia di diventare grande, sarà che boh. Ho visto rivincere un altro mondiale di calcio, che non è niente di che, perché le cose importanti sono altre, figuriamoci!
Ma non scorderò mai l’urlo di Tardelli dopo il grande goal e l’espressione esaltante del Presidente Sandro Pertini che alzandosi in piedi si guardava intorno per dire “Io sono Italiano, Io rappresento questi ragazzi Azzurri”.
Fu un urlo che fece uscire l’Italia dagli anni più brutti della nostra vita, che sembra incredibile ma quelli di oggi son quasi peggio di quelli. Ecco, adesso servirebbe quell’urlo. Per ricordare che non è mai finita, che non si è mai battuti in partenza, che tutto può sempre cambiare: una cosa stupida, come una partita di pallone, o una cosa seria, come la nostra vita.
Pochi mesi dopo, in un’Italia che sembrò improvvisamente risorgere, vedemmo il cambiamento del consumismo. Sarebbe bello che ci fossero in giro 60 milioni di Tardelli, in questi giorni e riportare un po di serenità e spensieratezza, sono passati 36 anni , ma lo spettacolo deve continuare. Auguro all’Italia e al suo popolo, di ripetere quella bella sensazione di ripresa sociale e morale, perché anche se i mondiali di Russia 2018 ci hanno voltato le spalle, noi tutti dovremmo provare ad alzare la testa e guardare all’orizzonte la nuova vita che ci può dare tante altre belle emozioni, quasi a rivivere l’urlo di Tardelli.
di Antonio Gentile