Chi ama la pittura calda ed avvolgente che racconta di un tempo che fu e che profuma di nostalgia accompagnata dalle poesie di un autore siciliano che tocca le corde dell’animo umano e le mette nero su bianco. Si tratta di un importante artista siciliano che risponde al nome di Lorenzo Chinnici e del poeta milazzese Vincenzo Calì,autore delle raccolte poetiche Vincikalos e Intro.
Come recita la prefazione al libro: “La pittura è una poesia che si vede e non si sente, e la poesia è una pittura che si sente e non si vede”. “La pittura è una poesia muta, e la poesia è una pittura cieca”, come sosteneva Leonardo da Vinci, nel suo Trattato della pittura, e mai queste parole risultano tanto opportune per il libro scritto dal poeta siciliano Vincenzo Calì dal suggestivo titolo “Mediterranima”, che richiama la sua terra, comune all’artista Lorenzo Chinnici (intervistato dal poeta stesso), il quale ritrae paesaggi assolati e fulgenti e figure di lavoratori che ricordano il suo passato. Si tratta di un libro che racconta in versi l’essenza delle opere del maestro Chinnici: la sicilianità, la fatica, l’inquietudine, la forza, l’amore, il ritrarsi in se stesso, la paura di mostrarsi.
Le opere abbinate alle poesie sono raggruppate per tema e stile e precedute da brevi introduzioni a questo iter visivo ed intellettivo che ha il merito di far conoscere una Sicilia diversa e moti dell’animo, pensieri, sensazioni, che spesso ignoriamo. I versi essenziali e caricati di significato di Calì, le sue parole piene di senso, si amalgamano perfettamente con il proporzionato pittorico di Chinnici per merito dell’abilità del poeta di scrivere liriche adattandole alla cifra artistica e al pensiero di Chinnici, i quali, attraverso la sensibilità e l’acutezza dell’autore di Mediterranima, sembrano svelarsi chiaramente.
Vincenzo Calì mostra come parte tutto dall’individuo, dai suoi pensieri, visioni, idee, convinzioni, e come questi facciano parte in un certo senso anche della natura, come l’interiorità influenzi la visione che abbiamo di tutti gli esseri viventi e come facciamo nostri i colori della natura in virtù del nostro innato desiderio di immenso:
Blu di mare, blu d’amare,
di metilene abbaglia il cuore.
Blu ha chiarore,
d’alba incanta con candore.
Di profondo effonde il mare,
blu d’immenso è il mio colore.
L’infinito ha già parole,
blu di denso, ho nel cuore.
La descrizione del paesaggio siculo e del lavoro, della fatica della gente per portare ogni giorno a casa il pane passa, dal punto di vista metrico, attraverso versi liberi, rime incrociate, epifonemi, sineddoche, metafore, anafore. Senza cadere nella ridondanza e nella retorica, Calì narra la propria terra come luogo di travaglio da cui non ci si può distaccare:
Le vite affogate,
fatiche segnate,
i volti scavati dall’ore dell’alba,
da padri ai figli mestieri obbligati,
nei sogni negati,
intrise le menti ai riti soventi,
ignari a doveri legati da eventi,
ormai arresi perdenti,
il cuore alla gola, che radica in testa.
Mia terra non passa,
ma resta..
L’attaccamento alle proprie radici, la nostalgia, l’orgoglio per un mondo che va scomparendo: c’è sicuramente tutto questo nel libro di Vincenzo Calì, ma dalle sue parole, emerge qualcosa di profondamente sociologico e attuale: mentre il mondo globalizzato, la città industrializzata, annichiliscono i sentimenti e una certa purezza insita nell’uomo, svilendo lo scambio culturale, il folklore, la tradizione. La città globale appare variopinta ma è occultata da un mantello di finto, spietato e cinico umanitarismo che invece è l’essenza dell’universo contadino e dei lavoratori umili. Preserviamo questo mondo e partiamo da quel mondo che rispetta l’ambiente, dove il lavoro non è considerato merce e dove vi è una sana e vera cooperazione.
Senso, ricordo, sentimento, tradizione, attaccamento alla propria terra si amalgamano nelle poesie per esplodere in un tripudio di candore a tratti criptico, a tratti evocativo, ma sempre stilisticamente coerente e omogeneo, senza cadere nella facile retorica della natura incontaminata. All’autore infatti non interessa sferrare melensi fendenti alla società contemporanea consumistica, ma, muovendosi su un filo magico e su un amore per la natura che non è ecologismo alla “Ragazzo della Via Gluck”, nonché per la conoscenza stessa delle nostre emozioni e dei nostri sentimenti, ci fa conoscere la sua poesia essenziale, vivace, viva e viscerale, costituita da enumerazioni, ipotiposi, dialettismi siciliani, che è, come afferma egli stesso: spessore dell’anima ansante.
Un libro che consigliamo caldamente a tutti gli amanti della poesia, ma soprattutto ai siciliani che vogliono riscoprire loro stessi e la loro terra.
Un grazie per averci segnalato l’esistenza di questo grande autore va all’amica Anna Grasso, giornalista e blogger.
di Antonio Gentile Vice Direttore de IL Popolo della Dc.