L’arte che lo ha sempre contraddistinto è stata “il disegnare e il fare di rilievo”. Scrivere, annotare, disegnare furono i suoi strumenti di osservazione e indagine del reale. Che nel suo lascito ci fossero disegni ancora ignoti è un fatto straordinario, avvenuto nella Sala delle Asse del Castello Sforzesco di Milano. Un involucro di impalcature, scalpellini, stracci e solventi da lavoro avvolge chi entra. Quando scomparirà, il 2 maggio 2019, per l’apertura al pubblico, svelerà in tutta la sua grandezza il Monocromo, una composizione naturalistica-illusionistica di grande forza espressiva, attribuita a Leonardo: un insieme di radici di gelso che si insinuano in un terreno roccioso, irrompendo tra pietre squadrate.
Claudio Salsi, Soprintendente del Castello e dei suoi Musei, che mi accoglie, prima giornalista a entrare nella Sala con il restauro dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze in corso, indica che c’è di più. Il Monocromo era già stato oggetto di un intervento di recupero nel 2013. Inediti sono invece i disegni preparatori del pergolato di gelsi della volta, scoperti sotto infiniti strati di calce: qua un piccolo paesaggio a carboncino e pennello, là una composizione di foglie. «È presto per dire se siano di Leonardo o leonardeschi» afferma Salsi, «è certo che hanno punti di contatto evidenti negli schizzi, le rifiniture, le ombreggiature». Ritrovati alle pareti sotto 13 strati di intonaco indurito dalla presenza di liquami (la Sala era stata usata anche come scuderia di cavalli), i disegni sono un indizio, una pista che bisogna continuare a investigare: «Ogni piccola traccia policroma può nasconderne altri».
L’importanza dei ritrovamenti della Sala delle Asse di Milano è elevatissima: rappresentano l’unica testimonianza di disegno su muro di Leonardo mai interessata ad alcun intervento di restauro. Altrettanto straordinaria è la digitalizzazione e messa in Rete, sotto forma di immagini ad alta risoluzione, delle 7000 lastre fotografiche dei manoscritti di Leonardo, realizzate all’inizio del 1900 e conservate alla Biblioteca Nazionale di Roma e all’Archivio Storico di Milano. «Un progetto», ha commentato Paolo Galluzzi, direttore del Museo Galileo di Firenze e del Comitato Nazionale Leonardo500, «che produrrà molte novità: si potranno leggere elementi non più visibili sui manoscritti originali». Per gli studiosi, un’inattesa polvere di stelle.
Altra tappa obbligata dell’Anno Leonardiano a Milano, città fulcro delle celebrazioni, saranno le nuove Gallerie del Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci, il polo scientifico ed espositivo che si occupa dal ’52, anno di fondazione, dell’immenso lascito vinciano. Claudio Giorgione, curatore del dipartimento Leonardo Arte e Scienza, ci ha accolto tra invalicabili tendoni di plastica. Il cantiere delle Gallerie, che da fine 2019 ospiteranno i 140 modelli ricavati negli anni ’50 dalla trasposizione dei disegni di Leonardo, è off-limits. L’allestimento occuperà una parte della vecchia galleria dell’edificio monumentale per allargarsi a spazi attigui.
UN GENIO IMMERSO NELLA SUA EPOCA
La curatela è di Giorgione con Pietro Marani, massimo esperto italiano di studi leonardiani. «Lavoreremo sul contesto storico», svela Giorgione, «mettendo al centro il disegno» che Leonardo utilizzò per indagare il reale. «Leonardo non fu un genio isolato, ma una mente eccezionale in relazione con la sua epoca. La sua contemporaneità sta invece nella trasversalità, nel metodo, nella sete di infinito». Le nuove gallerie ospiteranno opere pittoriche di cerchia leonardesca concesse in deposito al Museo, nel 1952, dalla Pinacoteca di Brera, esposte fino al 13 ottobre con il titolo Leonardo da Vinci Parade. Era stata Fernanda Wittgens, direttrice della Pinacoteca, a concederle. E fu sempre lei, prima donna in Italia a capo di un prestigioso museo, in piena II Guerra Mondiale, ad affidare il restauro di quello che rimaneva dell’Ultima Cena per aprirlo al pubblico il 30 maggio 1954, per i 500 anni dalla nascita di Leonardo. Adesso, tutto torna.
E NELLA “SUA” VINCI, UN UOVO MUSEO
Nell’ottocentesca Villa Baronti Pezzantini, a Vinci, il 15 dicembre è stata inaugurata la sede espositiva della Fondazione Pedretti, tra le più ricche biblio-foto-videoteche di studi leonardiani. Con la corte all’entrata decorata da un mosaico di marmi ispirato al Pergolato di gelsi della Sala delle Asse, la Fondazione ha aperto con la mostra Leonardo disegnato da Hollar. Atteso nel borgo di Vinci, il 15 aprile, anche il Paesaggio di Leonardo 1473, il primo disegno autografato di solo paesaggio della storia dell’arte italiana, custodito agli Uffizi. Sarà esposto nel Castello dei Conti Guidi, ora Museo Leonardiano. Ai piedi della torre si estende Una piazza per Leonardo, la riconfigurazione che Mimmo Paladino progettò nel 2006 per valorizzare la facciata della più recente sezione del museo. Un agorà a livelli sfalsati, con inserti di tessere d’argento.
Dal web redazionale de il Popolo.